di Alessia Zuppelli
“Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia”.
Così racconta Alberto Moravia nella sua opera di esordio “Gli indifferenti”. Anche quella di Serena Urzì, quasi un secolo dopo, è una storia di esordio e di cambiamento che si inserisce nel movimento degli esistenzialisti dell’enogastronomia. Di tutti quelli che nel pieno fiorire della propria attività professionale scelgono di cambiare totalmente mestiere e di conseguenza anche vita, sposando il cibo, il vino, il buon vivere in tutte le sue sfumature. Dagli uffici alle campagne, dalle scrivanie ai laboratori il trend di chi riscrive la propria identità è sempre in aumento. Serena è una di loro. Catanese, under 40, è praticamente nata nel noto bar etneo sul lungomare della città dell’elefante. Si tratta di “Ernesto”, nome legato al fondatore Ernesto Risita il quale nel 1974 iniziò l’attività. Dieci anni più tardi la sua famiglia ne rileva le redini, in un crescendo che quasi due anni fa l’ha spinta ad appendere la toga di avvocato al chiodo per dedicarsi con ambizione a coltivare la passione per il gelato indossando la giacca da cucina: “Oggi il gelato viene visto come qualcosa di fresco da relegare e gustare esclusivamente nel periodo estivo. È un prodotto sottovalutato, anche per gli addetti ai lavori. Ho intenzione di valorizzarlo partendo dalla sua destagionalizzazione e insegnare a degustarlo cogliendone le varie sfumature anche all’interno di uno stesso gusto. Con la versione gelato Rame di Napoli e Rame di Napoli al pistacchio inizia ufficialmente, sulle note dell’autunno, questo mio progetto, dal momento anche che il clima del nostro territorio si presta nel proporne il consumo tutto l’anno”.
Dal pistacchio al pistacchio salato, dal gusto liquirizia alla più tradizionale stracciatella la vetrina dei gelati è un variegato di gusto dove ogni dettaglio è frutto di un meticoloso lavoro. Mantenere uno standard qualitativo così alto, afferma la Chef Glacier, non è semplice per un nome – quello di Ernesto – che è parte integrante del tessuto culturale cittadino. La preparazione del gelato, vista come un qualcosa di semplice, in realtà è un gioco di equilibrio, precisione, tecnica. “Anche la gelateria è matematica” afferma Serena. Ogni giorno è un’addizione di idee e moltiplicazione di stimoli seguendo sempre la stagionalità dei prodotti e la sicilianità lavorando con l’obiettivo di conferire al gelato le stesse note che si ritrovano nelle materie prime. “Ci sono gusti che funzionano molto bene come il caramello al burro salato, altri un po’ meno. Solitamente noto che non si va mai fuori dalla zona di comfort e si preferiscono sapori ai quali siamo già abituati. Quest’anno con le granite, che produco tutto l’anno, è andata molto bene per la melagrana dell’Etna, ma pure pere, i fichi e fichi d’india, anche se i gelsi non li batte nessuno. Scelgo sempre, sia per le granite che per i gelati solo prodotti locali a ‘km 0′”.
Le giornate dell’estate di San Martino riscaldano il mese di Novembre, periodo di castagne e vino, sì, ma anche di profonde tradizioni, come quelle dei biscottini morbidi e neri come la lava a base di cioccolato, chiodi di garofano, cannella, miele d’arancio, meglio conosciuti come “Rame di Napoli”, la cui storia affonda le radici nel periodo borbonico e il cui nome deriverebbe dalle monete di scarsa levatura introdotte nel Regno delle due Sicilie da Carlo di Borbone nel 1735 circa.
L’idea si inserisce non solo nella destagionalizzazione del gelato e della stagionalità dei prodotti, ma in quella di valorizzarlo spogliandolo dalle vesti di merenda per i bambini con lo scopo di fare assaporare gli stessi sapori che si ritrovano nei dolci, come appunto nel caso delle Rame. Quelle autentiche, però: “Anche le rame stanno virando verso quello che su Instagram è noto come food porn. Ne vedo di sempre più complesse. Così si perde la tipicità, anche perché le rame sono un dolce di riciclo, come quasi tutte le ricette dolci e salate di un tempo. In merito al gelato, nello specifico, tra uno strato e l’altro, al suo interno, inseriamo il vero e proprio biscotto, perché la masticazione scopra un’altra gradevole sensazione in diverse consistenze: gelato, biscotto, ancora gelato ed infine glassa, per un vero, originale ed al tempo stesso tradizionale piacere gastronomico”.
A Natale, svela la “Chef Glacier” si sta già pensando a un gusto che richiami le suggestioni di quel periodo. Panettone? Chissà. Ed essendo anche sommelier, Serena conclude con un auspicio dal sapore provocatorio riguardo gli abbinamenti: “Sui libri c’è scritto che l’abbinamento vino gelato non è possibile. Ma secondo me sì, si può fare. Possiamo sperimentare senza pregiudizio”.