Ama il cibo, è curioso, è un punto di riferimento del giornalismo enogastronomico in Italia. Eppure Luigi Cremona, 68 anni, si mantiene come un figurino.
Merito delle celeberrime “porzioni Cremona”, versioni striminzite dei piatti che deve recensire. “Perché chi mangia tanto – dice lui – assaggia con la pancia mentre il critico deve assaggiare con la testa”.
Un personaggio Luigi Cremona che deve proprio al suo modo particolare di degustare uno degli incontri più importanti della sua vita. “Era la fine degli anni settanta, viaggiavo sempre lungo l’Italia e l’Inghilterra per il mio lavoro da ingegnere. Rimasi affascinato dagli articoli di Veronelli e dalla guida de L’Espresso. Un giorno ero a tavola in un ristorante storico di Roma che adesso non c’è più, mi arrivavano i piatti, assaggiavo e mandavo indietro. Allora i gourmet erano coloro che mangiavano tanto, la persona accanto a me pensava fossi pazzo: era Umberto D’Amato, curatore della Guida de L’Espresso. Da quel giorno diventai il suo principale collaboratore”.
Cremona ha una sua filosofia e il ragionamento non sembra fare una piega. “Quando assaggi il vino cosa fai? Lo sputi no? Ecco, siccome il cibo non si può sputare, allora ne mangi pochissimo”. Ha girato il mondo in lungo e in largo, Cremona. “La passione per il cibo – continua – è scattata visitando i mercati orientali, in Cina e in India. Eppure sempre in Oriente, in Corea, ho trovato la cucina che meno mi piace, piena di roba fermentata che non riesco a digerire”. Sul piatto più buono, però, non si esprime. “Ho tantissimi bei ricordi, in Sicilia per esempio, la prima fermata era Nunnari, rosticceria di Messina”. Negozio di un tempo che non c’è più, soppiantato da chef e critici che proliferano in tv. “Da un lato è stato un bene – commenta Cremona – perché ha attirato molta gente sul cibo. Quando ho iniziato io ero un alieno, adesso invece siamo tantissimi, ma è difficile trovare critici preparati. È questo è il versante negativo della cosa”.
Francesco Sicilia