Mercato del Vino in Italia fa spesso rima con export.
Per le più nobili denominazioni del nostro paese e per alcuni dei grandi eno-marchi commerciali, il mercato interno rappresenta in alcuni casi percentuali che difficilmente superano il 20% dell’intero fatturato. Ma c’è invece chi con vino e bollicine in Italia costruisce ogni giorno il suo successo, grazie alla commercializzazione e importazione dei migliori marchi enologici del mondo. Così lo scorso anno nomi del trade vinicolo del calibro di Heres, Sagna, Pellegrini, Balan, Cuzziol Meregalli e Sarzi Amadè si sono uniti per creare il Club dei Distributori e importatori Nazionali di vini e spirits di eccellenza (Club Excellence).
Ne parliamo con il Presidente del Club Excellence, Massimo Sagna (nella foto).
Presidente, com’è nato e perché questo club?
In Italia abbiamo purtroppo la caratteristica di fare ognuno la sua strada senza accorgersi di chi accanto a noi segue lo stesso percorso. Noi importatori e distributori condividiamo gli stessi problemi e le stesse difficoltà, unendo le forze riusciamo a fronteggiare meglio le criticità, quando ci siamo conosciuti poi è stato chiaro che siamo persone con cui si può collaborare.
Il nostro obiettivo è promuovere la cultura della distribuzione dei vini di eccellenza e il nostro sforzo ora è volto ad una operazione di informazione al consumatore e allo stesso tempo noi dobbiamo essere un garanzia per chi acquista. Dobbiamo essere capaci di spiegare perché le nostre bottiglie costano di più. Altre hanno prezzi inferiori solo per un gioco di valute, altre invece perché non rispecchiano le caratteristiche di qualità che hanno i nostri prodotti.
Il mercato complessivo dei sette soci del Club muove numeri davvero straordinari per un volume di affari di oltre 100 milioni di euro in un mercato come quello italiano che non si può dire proprio in salute.
È la dimostrazione che le eccellenze resistono in qualunque periodo storico?
Attualmente resistono i prodotti che hanno caratteristiche di unicità: un buon chablis non è duplicabile in Italia dove si fanno eccellenti chardonnay pur provenendo entrambi dallo stesso vitigno, così come i pinot nero della Borgogna non hanno eguali in tutto il mondo. Il trend per i superalcolici è di una maggiore ricerca della qualità, nel passato si bevevano più bicchieri di grappa di media qualità ora si preferisce bere un ottimo distillato, meno quantità lascia il passo ad una maggiore qualità , minore quantità dovuta anche al divieto di fumo e alla intensificazione dei controlli alcolimetrici.
In questi anni si è parlato molto di bollicine italiane e di come queste stiano conquistando fette di mercato importanti a discapito soprattutto dello champagne. Quanto è reale questo trend?
Il calo è dovuto alla crisi e non alla competizione degli champagne con la produzione italiana :i prodotti Italiani sono diversi da quelli francesi. Come detto il mercato è in una fase difficile , ma gli italiani hanno il vino nel sangue e sono certo che risaliremo la china. Nel nostro settore ci sono sempre stati alti e bassi basti pensare che nel 1980 il volume di affari era di + 10 milioni e che nel 1983 era crollato a 3,5 milioni con un calo del 65% ma poi è di nuovo risalito e molti altri casi simili si sono ripetuti negli anni successivi fino a oggi. Il volume d’affari dello champagne in Italia nel 2012 era di € 119.380.638, sceso del 15,7 % rispetto al 2011
Qual è la bottiglia che porterebbe su un’isola deserta?
Probabilmente degli champagne…non uno solo ma ne vorrei una selezione….magari quelli del Club Excellence (Roederer, Paillard,Jacquesson, Bollinger, Pol Roger, Thienot e…. Legras & Haas)