Lo chef tristellato parla con i giornalisti e racconta di come Papa Francesco abbia fatto cambiare il suo progetto iniziale dei refettori: “La bellezza – dice – restituisce dignità alle persone. Importante il valore della condivisione di un pasto”
(Massimo Bottura)
Lo chef tristellato Massimo Bottura dell'Osteria Francescana di Modena è stato il grande protagonista della cena di gala organizzata al BBWO, il Barolo Barbaresco World Opening in corso a New York.
E Bottura, da grande “show chef”, non si è sottratto ai microfoni dei giornalisti presenti. “Lo sapete tutti che l'Emilia è la mia regione preferita – dice lo chef – Non perché ci sono nato. Ma l'aceto balsamico scorre nelle mie vene e il Parmigiano Reggiano è nei miei muscoli. Ma sapete tanto quanto io adori Piemonte e Sicilia, gli estremi del nostro paese, ma che sono serbatoi di idee e materie prime pazzesche”. E lui ha fatto tesoro degli ingredienti di queste regioni: “Nei miei menu trovate tantissime referenze sia del Piemonte che della Sicilia – dice lo chef – Pensate solo al croccantino di foie gras, un mio piatto storico che mangi con lo stecco. E' il mio omaggio allo chef Georges Cogny, al suo piatto icona, la terrina di foie gras, ma lo faccio con la gioia di un bambino. Inietto aceto balsamico di 50 anni, lo ricopro di nocciole del Piemonte e mandorle di Noto. E si mangia in uno stecco. Ecco tutta la spina dorsale italiana nella terrina di foie gras, ho fatto l'Italia”.
Bottura ha un rapporto d'amore incredibile con la città di New York: “E' la mia casa lontana da casa – dice – La città dive ho conosciuto mia moglie, in cui sono stato incoronato per la prima volta miglior chef del mondo. Mi sento newyorkese, ma vivo la città da turista. Conosco ogni singolo angolo di questa città, ma quando sono qui non ho quello stress e quell'ansia magari provati da chi ci abita. A Settembre apriremo qui il refettorio e saranno 4 le città in cui mi sentirò davvero a casa, Milano, Parigi, Londra e New York, in cui ho investito solo buone idee. Quindi potrò andare in questi posti e sentirmi bene, avere questo tipo di energie positive. Cosa dovete vedere per forza a New York? Il Whitney Museum of American Art di Renzo Piano, poi passeggiare sulla High Line per comprendere cosa vuol dire visione, il recupero intelligente degli spazi che crea la magia”.
Poi Bottura racconta l'emozione di aver incontrato Papa Francesco e rivela di come lui, le sue parole, siano state determinanti per cambiare l'iniziale progetto dei refettori ambrosiani: “Io da piccolo ho fatto il chierichetto – rivela lo chef – Sono cresciuto in una famiglia molto religiosa, poi mi sono perso. Mi sono ritrovato con don Giuliano a Milano, una persona che mi ha fatto riavvicinare e capire un certo tipo di valori. Papa Francesco è una persona carismatica. Ti guarda e fai fatica a sostenere questo sguardo. Il nostro incontro è durato quasi tre ore e abbiamo parlato di tutto. Io gli ho ricordato la parole che lui disse attraverso il cardinale Scola, ossia “spostare le attenzioni dal centro delle città alle periferie” e di come il nostro progetto di fare il refettorio sotto la stazione di Milano sia improvvisamente cambiato. Perché c'è bisogno di portare luce nella periferie. Papa Francesco, inconsapevolmente, ha cambiato tutta la prospettiva del nostro piano. Oggi il quartiere Greco di Milano è esploso in tutto e per tutto. E' stato qualcosa di incredibile per me. Siamo arrivati nelle periferie di tanti posti. A Rio de Janeiro, per esempio, siamo nel quartiere Rua Lapa, vicino le Favelas, e dopo 4 anni mi fa impressione vedere tutto ristrutturato, tutto bello. E la gente percepisce questa bellezza, anche i poveri, gli ultimi del mondo. Io lo vedo, me ne accorgo. Con la bellezza ricostruisci la dignità dele persone”.
E poi si parla del valore della condivisione: “Nell'ultimo progetto che ho fatto a Modena, Casa Maria Luigia – dice lo chef – ho creato uno spazio aperto. Cuciniamo di fronte alle persone che condividono un tavolo come nel refettorio. Gli ospiti lasciano il cellulare, si siedono, cominciano a parlare e comunicare gli uni con gli altri. Si crea un'energia incredibile, e lo abbiamo capito con i refettori: lì abbiamo imparato il valore della condivisione di un pasto”. Poi rivela un numero: “In osteria lavoriamo in 80 persone per servirne 30 – dice Bottura – ma ci sono 332 mila persone in attesa di essere chiamate per mangiare da noi. In questo momento forse abbiamo il menu più importante della nostra storia. Un ritorno alla tradizione e al mangiare semplice? Credo che ci sia sempre stato. Vi parlo del mio menu, “Il viaggio lungo il Po”, ispirato a Mario Soldati e alle Teche Rai. Lui spiegava agli italiani il valore del Po. Lo faccio anche io, con i ricordi. La parte croccante della lasagna mi riporta indietro alla mia giovinezza, quando litigavo con i miei fratelli per chi doveva mangiare la parte croccante della lasagna che cucinava mia nonna. Alta gastronomia è alta gastronomia, ma lo sgurdo ad un certo tipo di cucina più semplice c'è sempre stato e ci sarà sempre”.
Tra i piatti “must” della serata, un hamburger di Chianina, con tartufo spezzettato, gelatina di cotechino, salsa verde, bagna cauda, cipolla dolce glassata con barolo.
C.d.G.