Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Il caso

Tutela made in Italy: “Le leggi non bastano”

28 Gennaio 2014
oil oil

Esperti e addetti ai lavori non sono sorpresi più di tanto dalla notizia riportata, sotto forma di animazione, dal New York Times che, sulla sua versione on line, prende di mira l’olio d’oliva italiano e denuncia frodi e adulterazioni.

“L’olio è l’immagine del made in Italy nel mondo – dice Stefano Masini, responsabile ambiente e consumi di Coldiretti – , oggi questa immagine viene sbeffeggiata nel mondo. C’è però un fondo di verità,  da tempo è un tema che abbiamo affrontato e denunciato e in parte affrontato con la legge approvata lo scorso anno. Purtroppo la legge non basta, serve attivare tutti gli strumenti da essa previsti per difendersi dalle sofisticazioni”. I dati di Coldiretti  confermano che parte dell’olio venduto all’estero possa non essere italiano fino in fondo. “L’Italia è un Paese che importa – spiega Masini – : importiamo ogni anno 400 mila tonnellate di olio, ne produciamo 500 mila. È chiaro che sul mercato finisce una percentuale di olio importato. Tutto ciò vanifica gli sforzi fatti dalla filiera per promuovere la qualità e la sicurezza”.

Diego Soracco, curatore della Guida agli extravergini di Slow Food, ricorda: “Mueller (il blogger americano sui cui testi si è basato il NYTimes, ndr) ha scritto un libro, ripercorrendo episodi specifici, ma tutti ben datati, bisogna stare molto attenti. Sono vecchi trucchi, qualcuno usato ancora oggi. Perché che si siano i banditi è vero, che ci siano i banditi legalizzati è altrettanto vero. Oggi non ci facciamo una bella figura ma purtroppo ci sono leggi che favoriscono tutto ciò”. Secondo Soracco la valorizzazione dovrebbe passare attraverso le peculiarità territoriali perché “l’Italia ha olii straordinari, oltre 300 cultive, nessuno ha un patrimonio simile”. Difficile difendersi dalle frodi. “Per legge dovrebbe essere indicato sull’etichetta cosa c’è dentro, spesso è scritto talmente piccolo che si fa fatica a leggerlo. Il cittadino qualunque che spesso non conosce nemmeno il procedimento di produzione, difficilmente sa come difendersi. I laboratori non sono spesso attrezzati, basterebbe magari affidarsi al gusto. Serve sicuramente più informazione, magari nelle scuole, e più attenzione su questo fronte da parte dello Stato. Se nel vino c’è stata questa evoluzione, perché non può esserci anche nell’olio?”.

Stefania Giuffrè