di Marcella Croce
Feste del Mare a Mazara del Vallo, a Porto Empedocle, a Siracusa, Giornate del Mare a Trapani e Favignana: a quelle religiose si sono aggiunte da qualche decennio le feste profane del mare, alla cui lunga lista sembra che tutte le 31 marinerie siciliane facciano a gara per partecipare con un nuovo evento.
Al pesce azzurro siciliano, oggi pienamente rivalutato nei suoi vantaggi nutritivi e commerciali, sono dedicate le sagre di Donnalucata, Termini Imerese, Trappeto, e l’Azzurro Fest di Sciacca. I prodotti della piccola pesca del mare di Sicilia, dalla lampuga al lanzardo, dalla palamita al sugherello, sono stati oggetto di seminari, degustazioni e lezioni di cucina nell’ambito della manifestazione “Sicilian Fish on the Road”, che in sei tappe in Italia ed in Europa (l’ultima è in programma a Parma in settembre) ha portato oltre lo Stretto specie sconosciute ai più, definite “eccedentarie” perché vivono in abbondanza nei mari italiani e siciliani e non sono adeguatamente sfruttate a livello commerciale, ma che grazie ad iniziative come questa possono sperare in una più degna valorizzazione.Numerosi altri eventi hanno avuto il mare come protagonista, come la suggestiva pesca notturna del masculinu da magghia organizzata in luglio dalla Condotta Slow Food di Catania. Avere entrambe le branchie leggermente spezzate, si dice a Catania, è sicuro segno che i masculini, detti anche anciuvazzu dai pescatori locali, siano stati pescati con la rete menaide (o tratta), la tecnica è quella che veniva praticata in tutto il Mediterraneo già al tempo di Omero. L’imprigionamento nelle maglie della rete della testa dell’alice (che per questo motivo si chiama masculina da magghia) provoca un dissanguamento naturale che rende il pesce più gustoso e pregiato. Tempu ‘ri capuna è in programma a San Vito Lo Capo in ottobre, mentre il tonno è il grande protagonista del Tuna Folk Festival previsto a Marzamemi in agosto e della manifestazione Sulla rotta del tonno rosso che ha avuto luogo a Bonagia in luglio. Ad Acitrezza sacro e profano si sono incontrati nella Sagra del Pesce Spada che ha avuto luogo in concomitanza con la festa di San Giovanni Battista il 24 giugno e con la tradizionale pantomima ‘U pisci a mari nel pittoresco porticciolo del paese.Tutte queste occasioni sono anche un modo di rilanciare il mercato ittico. Il pesce, che nei poemi omerici viene menzionato solo come disperata alternativa alla carne, era un piatto prelibato già per Archestrato di Gela, autore del poema Gastronomia quasi interamente dedicato ai pesci. Dal suo sapore, questa sorta di ispettore Michelin del IV secolo a.C., diceva di saper distinguere in quale stagione era stato pescato, e suggeriva di cucinare con formaggio e aceto il pesce di inferiore qualità, ma che solo olio e sale era sufficiente per il pesce migliore perché «contiene già in sé la ricompensa della gioia». È proverbiale la propensione dei siciliani per pesci, crostacei, molluschi e frutti di mare, che vengono generalmente cucinati in modo molto semplice e il cui sapore, se sono freschi, non deve essere oscurato da salse o intingoli di alcun altro tipo. I siciliani ne sanno potenziare il sapore con il semplice salmoriglio (cioè un pinzimonio di olio di oliva, succo di limone e origano), che è ritenuto più che sufficiente per il pesce arrosto. Al contrario gli anglosassoni in genere fanno di tutto per mascherare odore e sapore del pesce con salse complicate. In ogni caso per i siciliani fish is beautiful, avrebbe detto Charlie Brown, e sognare pesci in Sicilia porta fortuna. La lingua è sempre sicura fonte di informazioni sulla cultura di un popolo: è significativo che in italiano non esista un aggettivo che corrisponda a fishy, che in inglese ha connotazioni totalmente negative, e che si usa per descrivere qualcosa che “puzza come un pesce”.