Torno su questo argomento così importante per raccontare quello che ho constatato durante quest’ultimo periodo.
Infatti, dopo il salame “siciliano” di produzione marchigiana, qualche giorno fa ho la mia attenzione l’ho rivolta al banco frutta di un noto supermercato palermitano. Le sorprese sono state veramente sconvolgenti.
L’occhio è andato subito sui carciofi. Il cartello indicava “provenienza Italia”, leggo l’etichetta sulla confezione e scopro che erano prodotti in Francia. Ho chiesto all’addetta come mai quella discrepanza e subito il cartello è magicamente sparito.
A quel punto ho dato uno sguardo a quei cartelli segna prezzo, che con grande evidenza segnalano offerte e prezzi al kg o alla confezione e poi con dei segni di penna quasi invisibili dichiaravano le seguenti provenienze: aglio tunisino, patate e cipolle francesi verdure lavate ed impacchettate in Campania, lenticchie canadesi. Mi sono ritrovato a fare un giro del mondo virtuale leggendo attentamente ciò che consumatori distratti mettevano frettolosamente nei loro carrelli.
E i nostri prodotti? Le nostre eccellenze? Troppo spesso sottopagate o mandate al macero? Da semplice consumatore, da socio Slow Food. da Siciliano, dico, guardiamo bene ciò che ci propinano, difendiamo i nostri produttori, salvaguardiamo la nostra salute! Un tir di carciofi francesi (ma saranno proprio francesi?) quanto inquina per portare i prodotti a due passi da Cerda dove si produce il violetto con qualità organolettiche veramente ineguagliabili?
Per non parlare dell’aglio di Nubia, a pochi km da Trapani, talmente profumato da diventare presidio Slow Food? E noi consumatori siamo nelle mani di chi, senza troppi scrupoli e guardando solo al profitto mette, sui banchi vendita prodotti di dubbia provenienza e qualità.
E allora c’è un sol modo per difendersi: leggere le etichette, obbligare a scrivere chiaramente ciò che ci viene proposto e cercare i prodotti locali.
Mario Indovina
Coordinatore di Slow Food Palermo