Il vice presidente dell'Unione Italiana Vini a cronachedigusto.it sulla vicenda delle 20 aziende che hanno lasciato l'organizzazione. “Perché è accaduto? Chi lo sa, forse qualcuno voleva più visibilità”
(Lamberto Frescobaldi)
“Lo sa che se io e lei ci mettiamo insieme facciamo il nostro bello sindacato? Magari un momento prima ci siamo lamentati del fatto che in Italia gli organismi di rappresentanza sono troppi. Ma certo non rinunceremo a farne uno nostro. Siamo fatti così. Questa è l’Italia. E non ci possiamo fare niente”.
Lamberto Frescobaldi, tenute in Toscana, un marchio luccicante nell’olimpo dei vini italiani, vice di Antonio Rallo all’Unione italiana vini, utilizza il giro largo per commentare la fronda con successiva rottura e fuoriuscita dall’Uiv di venti aziende che contano. Un piccolo terremoto che però non sembra scuotere l’associazione che in questo momento coagula attorno a sè 550 imprese che complessivamente raggiungono un fatturato di quasi 6 miliardi di euro, la metà di quanto vale l’intero mondo dei bianchi e dei rossi nel Belpaese.
Piero Mastroberardino, produttore campano e a capo anche dell'Istituto Grandi Marchi, si è fatto portavoce dell’opposizione che ha tentato di dare una spallata all’Uiv a trazione Rallo. E in un’intervista a un quotidiano finanziario ha messo in chiaro il sentimento che lo ha mosso: “La rottura nasce perché secondo noi l’Uiv non dà quel valore che ci saremmo aspettati. Stiamo in una specie di terra si mezzo – ha spiegato Mastroberardino – per cui una filiera che da sempre esprime un grande potenziale che però non si riesce a tradurre in atto in modo da remunerare tutti gli investimenti effettuati”.
Frescobaldi è un signore cui l’accento toscano affiora man mano che la discussione si fa più puntuta e polemica. Non rinuncia a quella punta di divertita ironia con cui intesse i ragionamenti: “Guardi, io non ho ancora ben capito il motivo per cui è successo tutto questo. Forse qualcuno voleva più visibilità. E quindi è accaduto come D’Alema con Renzi: tu non dài una cosa a me e io mi vendico. Beh, non mi faccia parlare oltre però”.
Secondo il produttore toscano il valore dell’Unione “è rappresentato dai nostri associati dalle Alpi all’Etna. Siamo una casa comune dove vige la regola del confronto: ci si guarda e ci si misura sui problemi. Cerchiamo di analizzare le difficoltà cercando soluzioni. Siamo seduti ai tavoli dove si decide il futuro del vino. Questo facciamo”. Come a dire che stando insieme qualcosa si riesce a fare.
“Se i nostri padri – continua Frescobaldi – non si fossero messi d’accordo le denominazioni di origine non sarebbero nate. Mentre invece è sotto gli occhi di tutti che hanno rappresentato una occasione straordinaria per i territori con la emulazione a catena anche di altri settori agricoli”.
Secondo Frescobaldi, avere a disposizione una struttura che garantisce l’apporto di diverse professionalità è fondamentale. “Rivendico che ognuno debba mantenere le proprie qualità e specificità – spiega -, ma se ho bisogno di utilizzare la competenza di qualcuno la mia sicurezza è Uiv. Guardi, io sono un produttore con un certo nome, ho una società agricola, oltre mille ettari di vigneto a conduzione diretta, la mia associazione di categoria è Confagricoltura che si appoggia a Uiv per il settore vinicolo. L’Unione è la mia corazza se ho bisogno di aprirmi a mercati e a esperienze nuove. Da soli, siamo niente”.
Frescobaldi ha un’esitazione, quasi un inciampo. Poi conclude: “Ma dico io: in Uiv siamo stati eletti la scorsa primavera. Da allora a oggi non credo che abbiamo fatto cose tali da avere potuto scatenare tutto sto' casino”.
C.d.G.