“Troviamo bizzarra e dannosa per il settore del vino, per il made in Italy e l’enoturismo la proposta che circola a Bruxelles di autorizzare l’aggiunta di acqua ai fini dell’abbassamento del grado alcolico”.
Questo il commento del presidente di Città del Vino, Floriano Zambon alla notizia della proposta, contenuta in un documento della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea, in cui si parla della pratica della dealcolazione parziale e totale dei vini”. “Noi – prosegue Zambon- ci opporremo con forza a questa ipotesi che punta a snaturare un prodotto che vanta secoli di storia e di pratiche enologiche e che favorisce esclusivamente gli interessi di gruppi economici e multinazionali slegate dai nostri territori. Il vino è un prodotto fortemente identitario e culturale, prevederne l’aggiunta di acqua è un’idea da respingere senza esitazione”. La proposta che circola al Consiglio dei ministri agricoli e che prevede l’eliminazione totale o parziale dell’alcol con la possibilità di aggiungere acqua si scontra anche con le rigide norme dei disciplinari di produzione delle Doc e Docg. Qualche settimana fa aveva già fatto discutere la proposta dell’etichetta con gli alert negativi per scoraggiare il consumo di vino, presente nella comunicazione sul piano d’azione per migliorare la salute dei cittadini europei.
“Non si può chiamare vino un prodotto assai lontano da quello originale in cui è prevista l’aggiunta di acqua. Si tratta di un errore che andrebbe a snaturare completamente le caratteristiche di un prodotto dalla tradizione millenaria, oltre a costituire anche una mancanza di trasparenza nei confronti del consumatore – dice Luca Rigotti, Coordinatore del settore Vino di Alleanza Cooperative Agroalimentari – Siamo molto preoccupati dal nuovo approccio che sembra emergere nei testi che stanno circolando. Nella proposta iniziale della Commissione, vino dealcolizzato e parzialmente dealcolizzato dovevano andare a costituire due nuove categorie di vino. Nel nuovo testo, essi diventano invece il mero risultato di una pratica enologica che andrebbe ad applicarsi alle categorie di vino già esistenti (fermo, frizzante, spumante, eccetera). Pur concordando sulla opportunità che tali regole trovino spazio in Regolamenti del settore vitivinicolo e pur non essendo a priori contrari ai vini a bassa gradazione alcolica, considerando che essi rappresentino un’opportunità commerciale, specie in alcuni paesi, la nostra posizione è che essi debbano essere chiamati diversamente, ad esempio bevande a base di vino”.
Se la proposta di regolamento non verrà modificata, non ci sarà nemmeno bisogno di apportare alcuna modifica ai disciplinari per poter produrre un vino a denominazione parzialmente dealcolizzato. “E, cosa ancor più grave – spiega il Coordinatore Rigotti – i produttori di vino e i loro Consorzi non avranno più la possibilità di decidere autonomamente se accettare o meno tale pratica”. Tanto per fare un esempio, potremmo un domani trovare sul mercato (senza che la filiera produttiva abbia effettuato alcuna scelta in tal senso) un prodotto denominato “vino”, ad esempio un Montepulciano d’Abruzzo Doc, con una gradazione alcolica di 2% vol. È vero che per le Dop e le Igp nella bozza di testo si parla solo di dealcolizzazione parziale, ma secondo Rigotti, “ciò non è in alcun modo sufficiente per tutelare i vini di qualità”. Rigotti ritiene, infine, ancora più grave l’inserimento nel nuovo testo della possibilità di “consentire l’aggiunta di acqua dopo la dealcolizzazione ai prodotti vitivinicoli, pratica che è attualmente vietata in tutta l’Unione europea. In Italia il Testo unico del vino ha introdotto il divieto anche solo di detenere acqua in cantina, compresa quella ottenuta dai processi di concentrazione dei mosti e dei vini, riconosciuta a tutti gli effetti come sostanza idonea alla sofisticazione.
C.d.G.