Ma è un processo finto, messo in scena per puntare l'attenzione sulla tutela del Made in Italy e delle creazioni dei cuochi italiani
(Gualtiero Marchesi)
È un risotto l’oggetto del contendere che trascina due chef in Tribunale.
Uno è il maestro per eccellenza, Gualtiero Marchesi. L’altro è un suo ex allievo, Guido Rossi, con il quale i rapporti si erano incrinati. Rossi studia da Marchesi e il maestro gli insegna tutti i segreti. Compresi quelli di una ricetta che custodisce con gelosia: il risotto oro e zafferano. Rossi e Marchesi, come detto prendono strade diverse. Rossi apre un ristorante a Milano e, tra i piatti del menu, c’è il Risotto oro e zafferano, omaggio a Marchesi. Rossi lo prepara come il maestro gli ha insegnato, servendolo alla stessa maniera e vendendolo allo stesso prezzo. Ma nella ricetta originale viene usato il carnaroli. Rossi, invece usa il basmati. Marchesi, avendo ricevuto parecchie segnalazioni, e trovando il suo nome all’interno di un risotto che non rispecchiava certo il suo modo di intendere la cucina, si è quindi rivolto all’Autorità giudiziaria milanese per vedere tutelati i propri diritti.
Ecco lo scenario dipinto da Marchesi e dal suo staff alla Triennale di Milano: un processo finto che punta l'attenzione su un problema vero. La tutela del Made in Italy, soprattutto, ma anche la tutela del lavoro di ogni singolo chef, che crea ogni giorno piatti, accostamenti e impiattamenti vari.
Il Giudice istruttore dispone una consulenza tecnica per chiarire se esistano e quali siano le differenze fra il riso utilizzato da Marchesi e quello utilizzato da Rossi, anche sotto il profilo qualitativo.
É stata nominata quale Consulente Tecnico d’Ufficio Cinzia Simonelli del Centro di Ricerche dell’Ente Risi Italiano.
La consulente ha esposto al Collegio le differenze fra i vari tipi di riso, ponendo in evidenza quali varietà siano adatte per la preparazione del risotto e ha analizzato la qualità del riso utilizzato da Guido Rossi per la preparazione del proprio piatto, concludendo che la varietà di riso utilizzata non è adatta per la preparazione del risotto e che la qualità del riso utilizzato non rispetta gli standard
previsti dalle normative.
Il legale di Marchesi, l’avvocato Mario Franzosi ha fatto presente di come il risotto allo zafferano fosse stato registrato il 14 dicembre 2002.
Ma l’avvocato di Guido Rossi, Cristiano Bacchini riteneva che il design registrato non è valido
e che il piatto in sé, non sia comunque tutelabile sotto il profilo del diritto d’autore e che il marchio in esame non sia valido in quanto descrittivo.
Il Collegio, composto da Maina Tavassi, Roberto Magnaghi e Anna Maria Stein, l’ha pensata in maniera diversa, dando ragione a Marchesi. “Al piatto del Maestro Gualtiero Marchesi denominato riso, oro e zafferano può essere riconosciuta la validità della registrazione come marchio di forma non trattandosi di una forma imposta dalla natura del prodotto – si legge nella sentenza -, non trattandosi di una forma che dà valore sostanziale al prodotto stesso e non essendo certo una forma necessaria ad ottenere un risultato tecnico. Oltre ad essere tutelabile come marchio di forma, il prodotto è altresì tutelabile in forza della capacità distintiva che ha acquistato come è stato dimostrato dai testi assunti nel corso del procedimento, anche dalle dichiarazioni rese dai consumatori medi, e si deve anche dare atto che si tratta di un prodotto molto pubblicizzato su libri, su riviste in Italia, in Europa e in tutto il mondo e anche nel mondo più allargato non solo in quello riservato agli addetti alla ristorazione e della cucina”.
Il piatto del Maestro Marchesi è parso alla Corte degno di essere protetto anche con la tutela del diritto d’autore perché è dotato di creatività e di valore artistico. E per questo Rossi è stato condannato a togliere immediatamente il suo riso da menu.
Una sentenza che farà riflettere.
G.V.