Il pomodoro Siccagno di Valledolmo, in provincia di Palermo, ha bisogno di giovani coltivatori.
La domanda del prodotto cresce del 20 per cento di anno in anno, ma manca un cambio generazionale: il 70 per cento dei 20 soci conferitori ha una media di 60 anni (solo 5 dei 20 soci hanno meno di 30 anni) e si coltivano ad oggi solo 50 ettari nei terreni dei comuni dell’entroterra siciliano e specificatamente a Valledolmo, Sclafani Bagni, Alia Vallelunga, Villalba. Vincenzo Pisa, presidente della Cooperativa La Rinascita, che opera dalla fine degli anni ’70 a Valledolmo, nel territorio delle basse Madonie, lancia un appello ai giovani: “Ritornate a coltivare le nostre terre, possono dare sviluppo al territorio. Non c’è in gioco solo la semplice coltivazione di un prodotto di eccellenza, ma lo sviluppo sociale, economico ed etico del nostro territorio. Questa è un’opportunità per ripartire dalle nostre radici, con orgoglio. Insieme possiamo crescere. Ad oggi abbiamo maggiori richieste dal mercato, che non possiamo soddisfare da soli”.
(Pomodoro siccagno nelle cassette)
Un comparto agricolo che chiede attenzione e che sviluppa possibilità reali di crescita. Ma partiamo dalle caratteristiche del prodotto, così tanto richiesto. Si chiama “Siccagno” per la particolare coltivazione all’asciutto, ovvero senza acqua. Non essendo irrigata, la pianta si presenta rustica con pochi frutti, relativamente piccoli, ma in essi gli elementi organolettici e nutritivi sono altamente concentrati (vitamine, zuccheri e antiossidanti). Queste varietà coltivate all’asciutto, secondo una tecnica oramai consolidata, propria del territorio, unitamente all’esposizione solare, restituiscono un pomodoro dal basso apporto calorico e ricco di sostanze antiossidanti, come il licopene, il beta carotene (vitamina A) e la vitamina C. Le varietà che si possono coltivare col metodo Siccagno, spiega Pisa, sono diverse: “In primo luogo coltiviamo il locale Pizzutello, ma si prestano anche il Supermatch, il Brigade, il Missouri, il Frassino, che è un datterino molto resistente all’aridocultura e alle malattie fungine”.
(Un momento della raccolta)
Oggi la Cooperativa ha un fatturato di circa 900 mila euro annui. Il pomodoro viene acquistato dai conferitori al costo di 30 centesimi al chilogrammo, se in convenzionale, e di 40 centesimi al chilogrammo se in biologico. Sul mercato viene immesso il prodotto trasformato. “Annualmente produciamo circa 5 mila quintali di prodotto e tutto viene trasformato per essere immesso sul mercato come passata, pelati, concentrati, salse pronte e pomodoro secco – afferma Pisa – Nel 2003 la cooperativa ha costruito infatti uno stabilimento con un impianto di trasformazione, a Sclafani Bagni. Oggi vi lavorano 20 risorse, stagionali”. Il prodotto finito e trasformato sul mercato ha un valore di 1 euro e cinquanta per la passata di pomodoro da 700 grammi e di 2 euro per la confezione di pelati da 700 grammi. Il 60 per cento della produzione arriva alle catene di distribuzione del Nord Italia, in negozi specializzati bio in Francia, Germania e Italia, mentre la restante parte viene venduta a livello regionale. Tra i canali di vendita più rappresentativi, anche Libera Terra, società consortile contro le mafie. “Da un anno circa, con Antonio D’Agostino, responsabile commerciale, abbiamo lanciato il marchio Rosso Siculo e abbiamo iniziato ad inserirci nel canale dell’alta ristorazione – prosegue Pisa -. Siamo presenti all’interno dello shop del Molino Quaglia delle farine Petra, tra le migliori pizzerie di Sicilia e nelle cucine di alcuni ristoranti stellati. Ma ci siamo dovuti fermare. Oltre 50 le pizzerie che ci chiedono il prodotto in Sicilia e che attendono. La domanda cresce del 20 per cento ogni anno ma non possiamo, al momento, soddisfarla. Servono giovani che tornino alle terre ereditate dai nonni e che inizino a coltivare, facendo rete per crescere insieme, con fiducia. Possiamo crescere, abbiamo un potenziale enorme”.
(Il pomodoro messo nelle tradizionali ceste di vimini)
E spiega le principali fasi di lavorazione del Siccagno. “Le piantine di pomodoro vengono trapiantate tra la fine di aprile e i primi giorni di maggio e, in questa fase, ricevono circa 300 grammi di acqua, per favorire l’attecchimento delle stesse. Questa, normalmente, è l’unica acqua che riceve la pianta. Dopo circa 15 giorni si richiede una zappatura del terreno, seguono le fasi di rincalzatura, per evitare la traspirazione del terreno. Si procede nel tempo con trattamenti in zolfo, all’occorrenza, perché la coltivazione non subisce trattamenti chimici. Il sole, il clima e la natura dei terreni favoriscono la crescita della pianta e la maturazione di frutti, altamente qualitativi. La prima raccolta a mano avviene già a fine luglio e si protrae per almeno due mesi. La pianta, coltivata in asciutto, matura in maniera scalare, quindi anche il raccolto, a mano, avviene in maniera scalare. Il terreno sta a riposo fino al successivo periodo di aprile – maggio. Il pomodoro una volta raccolto viene trasportato all’impianto di trasformazione e lavorato entro le 24 ore dalla raccolta”. L’annata 2020, al momento, a causa della scarsa o pressoché inesistente presenza di pioggia, potrebbe subire un calo quantitativo, ma “ancora è tutto da vedere”, conclude Pisa. E aggiunge: “Confidiamo nei giovani”.
Francesca Landolina