“Il fatto non sussiste”.
Così il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trento ha emesso una sentenza di non doversi procedere in relazione al procedimento penale concernente l’ipotizzata realizzazione di una condotta di riciclaggio riguardante l’acquisto dell’azienda siciliana Feudo Arancio negli anni 2000/2003 del Gruppo stesso (leggi qui>) dopo il seuqestro per opera della Guardia di Finanza avvenuto nel marzo del 2020. Subito il Gruppo Mezzacorona si era professato innocente (leggi qui>). Oggia rriva la conferma che l’azienda aveva ragione. “Di tale pronuncia il Gruppo Mezzacorona prende atto con piena soddisfazione, convinto, come è sempre stato, della assoluta trasparenza, della correttezza nonché regolarità del proprio operato”, si legge in una nota. Nel marzo del 2020 gli uomini delle Fiamme gialle avevano sequestrato vigneti e fabbricati, del valore di oltre 70 milioni di euro, alla cantina siciliana Feudo Arancio, ipotizzando a carico dei rappresentanti legali del gruppo vitivinicolo trentino Mezzacorona il reato di riciclaggio. Il sequestro preventivo venne emesso dal gip al termine di una inchiesta su presunti tentativi di infiltrazione mafiosa nell’economia trentina. I sigilli vennero apposti a un complesso aziendale che si estende nelle province di Agrigento e Ragusa con oltre 900 ettari di vigneti e numerosi fabbricati. Le indagini – sviluppatesi attraverso ricostruzioni societarie, esami documentali, accertamenti bancari e testimonianze di numerosi collaboratori di giustizia – ipotizzarono che tra il 2000 e il 2005 fosse stata effettuata un’operazione commerciale attraverso la quale sarebbero state acquisite da parte del gruppo vitivinicolo trentino Mezzacorona le due tenute siciliane di proprietà degli esattori mafiosi Salvo. I beni, di proprietà della famiglia mafiosa di Salemi in provincia di Trapani sarebbero stati ceduti in gestione a prestanome, pur rimanendo all’allora capo mandamento di Sambuca di Sicilia. Il sequestro venne poi annullato dal Tribunale del Riesame.
C.d.G.