Fabrizio Bindocci, Enrico Rossi
“Dovremmo tornare ai piccoli campi a maglia fitta, alternati ai pascoli, che ci hanno dato miseria e disperazione? Il PIT non blocca solo le vigne, con motivazioni del tutto soggettive e non condivisibili, dichiara criticità da non permettere anche i nuovi agriturismi, i termalismi, ogni opificio agricolo, i frutteti e gli oliveti specializzati e anche i grandi campi di grano”.
Il Consorzio del Brunello di Montalcino non ci sta al Pit, al Piano di Indirizzo Territoriale deciso dal governo regionale qualche settimana fa. Lo scrive nero su bianco in una lettera indirizzata al governatore Rossi, a pochi giorni dalle consultazioni previste per il 29 settembre. Avevamo sentito la Fivi, la presidente Matilde Poggi e alcuni produttori, portavoce del malcontento del settore vitivinicolo riguardo alla firma che di fatto mette un freno alla viticoltura a favore di pascoli e altre attività agricole (per leggere l'articolo cliccare qui). Adesso alle loro proteste si aggiunge quella di un Consorzio che ha un peso specifico importante nel panorama enologico nazionale, che rappresenta un territorio con mille attività economiche su cinquemila abitanti. Di seguito la lettera integrale.
“Gentile Presidente Rossi,
Noi agricoltori di Montalcino abbiamo letto con amarezza il ritratto del nostro territorio che emerge dalla Scheda d’Ambito 17 del PIT che lei ha firmato. Il paesaggio in cui lavoriamo è bellissimo, ed è stato modificato fino ad essere ciò che è per una necessità a cui non si poteva sfuggire. Nel dopoguerra arrivò la meccanizzazione agraria, e il tessuto a maglia fitta di piccoli campi, filari promiscui e pascoli che esisteva da secoli, divenne obsoleto, riducendo alla fame la nostra comunità. Settemila abitanti su dodicimila se ne dovettero andare in poco più di un decennio, cacciati dalla miseria. Quell’ agricoltura antica, faticosa e sorpassata, avrà anche reso bello il paesaggio, ma non dava più da mangiare. Ci siamo rialzati solo grazie ad una nuova agricoltura fatta di molte cose, che è moderna ma è tutto tranne che una monocoltura. Certo, i nuovi impianti estensivi di vigneto sono importanti, ma coprono solo il 15% della superficie del Comune: 3.600 ettari su quasi 25.000. Ci sono vasti boschi, grandi campi di grano, ampi oliveti e frutteti, agriturismi, miele, termalismi, pascoli e tutte le strutture che permettono la produzione e la vendita dei nostri prodotti ai tanti visitatori che vengono qui attratti da ciò che abbiamo saputo produrre nei nostri campi, ma anche da un paesaggio diverso da prima: straordinario e assolutamente Toscano. Questo paesaggio è così tipico e così bello che nel 2004, quando era già come ora, l’Unesco l’ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità.
Questa nuova agricoltura non ha solo modificato il paesaggio, ha cambiato anche la nostra comunità. Abbiamo creato un modello sociale sano, con un benessere molto distribuito, dove non c’è disoccupazione e i giovani hanno un futuro. Montalcino è aperto a lavoratori e imprenditori di ogni parte del mondo; abbiamo quasi mille attività economiche su cinquemila abitanti e più dei due terzi della produzione è in mano a piccole e piccolissime aziende sane e vitali.
Abbiamo fatto tutto nel rispetto dell’ambiente: l’acqua che scola dalle nostre vigne risulta, alle analisi, dieci volte più pura di quella, bevibile, dei fiumi e la quantità di selvaggina di ogni tipo è la più alta che si sia mai vista. Anche il paesaggio è stato rispettato: gli insediamenti produttivi non agricoli sono raggruppati in zone dove non disturbano la vista, così come le espansioni dei centri urbani.
Ma il PIT che lei ha firmato, il Piano di Indirizzo Territoriale toscano, stabilisce che l’enorme lavoro che è stato fatto per permettere alla nostra comunità di esistere, è sbagliato e va rimosso. Dovremmo tornare ai piccoli campi a maglia fitta, alternati ai pascoli, che ci hanno dato miseria e disperazione? Il PIT non blocca solo le vigne, con motivazioni del tutto soggettive e non condivisibili, dichiara criticità da non permettere anche i nuovi agriturismi, i termalismi, ogni opificio agricolo, i frutteti e gli oliveti specializzati e anche i grandi campi di grano.
Non ha senso trasformare un intero Comune nel museo immutabile di un’agricoltura morta per obsolescenza, soprattutto se, per farlo, si impone il blocco integrale di una delle economie agrarie più dinamiche e innovative del mondo. Il Brunello non è una monocoltura che devasta l’ambiente e che va rimossa; è un vino che ha dato lustro alla Toscana e ha aiutato lo sviluppo dell’intera agricoltura Toscana. È uno dei simboli dell’Italia nel mondo, da mostrare con orgoglio. Gli scempi ambientali e urbanistici esistono e vanno repressi duramente, ma qui non siamo nella “Terra dei Fuochi” e l’integrità di tutto ciò che ci circonda dimostra che le Amministrazioni Comunali che si sono succedute, hanno lavorato bene e per questo le lasci continuare.
Governatore Rossi, noi agricoltori montalcinesi non siamo nemici dell'ambiente; siamo gente che ha lavorato duramente, che ha dato lustro alla Toscana e all’Italia. Abbandoni questo PIT concettualmente errato, scritto da intellettuali alieni alla nostra cultura che non capiscono lo spirito della nostra terra. Ne scriva uno nuovo insieme a noi agricoltori per fare più grande la Toscana, e non per bloccarla; non è troppo tardi!”.