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Il caso

Il boom della Vastedda del Belice

07 Febbraio 2014
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Il Pecorino Siciliano e la Vastedda del Belice, due dei quattro formaggi Dop siciliani, vivono un bel momento di crescita e di affermazione sui mercati. In quest'intervista pubblicata sul Giornale di Sicilia, Massimo Todaro, il presidente dei consorzi di tutela di questi due formaggi descrive le criticità e soprattutto le prospettive.

La qualità paga. Sempre. Anche per i formaggi. E a guardare i numeri di due tra i formaggi siciliani certificati col marchio Dop, la Denominazione di origine protetta (molto simile alle doc del vino) c'è da rallegrarsi. Non solo perché sono numeri che manifestano una crescita costante. Ma anche perchè ci sono potenzialità ancora inespresse. Prendete per esempio il Pecorino Siciliano Dop, dove il marchio dell'Unione Europea fa la differenza. 

Bene: la produzione di questo fornaggio antichissimo e che è possibile fare su tutto il territorio siciliano è cresciuto dell'11 per cento ogni anno dal 2005 ad oggi e la quantità in tonnellate è passata da 13 a 24. Più clamoroso il caso della Vastedda del Belice Dop, unico formaggio a pasta filata con latte ovino che si conosca in Europa. La prima forma marchiata di Vastedda del Belice è arrivata nel 2008. In quell'anno la produzione complessiva fu di otto tonnellate e mezzo. Dopo cinque anni, quindi nel 2013, la produzione è arrivata a quasi venti tonnellate facendo registrare una crescita annuale del 27 per cento. Non male per due formaggi che caratterizzano moltissimo la Sicilia. 

A parlare di cifre Massimo Todaro che in questo momento è il presidente dei due consorzi di tutela che raggruppano i produttori di questi formaggi Dop. Todaro, docente universitario e produttore anch'esso, non nasconde le piccole soddisfazioni ma traccia anche le criticità e soprattutto le prospettive.

Come mai questi numeri positivi in un momento in cui l'agricoltura boccheggia?
“Principalmente per due motivi. Il primo è che fare formaggi a marchio Dop vuol dire non solo certificare l'origine ma anche una certa procedura di produzione a vantaggio della qualità. E di tutto questo i consumatori finali se ne accorgono e sono disposti a spendere qualcosa in più pur di mangiare bene. La seconda è che questi formaggi sono ancora poco conosciuti. Sì, è vero, sono formaggi storici, ma solo ora c'è una certa consapevolezza nel comprendere la diversità del sapore e del profumo rispetto ai formaggi che spesso si trovano in commercio. Poi il caso della Vastedda del Belice è sorprendente”.

In che senso?
“Nel senso che è un formaggio antico, che si produce solo in alcuni comuni – per tradizione nell'area di Sambuca, Menfi, Castelvetrano, Salemi, Contessa Entellina e dintorni – e che non conosceva nessuno. Sino ad alcuni anni fa si produceva solo d'estate perchè in fondo fare la Vastedda era il modo migliore per non buttare il latte delle pecore che d'estate, senza frigoriferi o cose simili, non si poteva conservare e utilizzare per fare pecorini. Poi una dozzina di anni fa arrivò Slow Food che scoprì questo formaggio dalle caratteristiche uniche. Ne fecero un presidio e cominciò un tam tam che ha sdoganato questo formaggio. Tanto da farlo diventare famoso in tutta Italia. E tanto che oggi i casari lo fanno tutto l'anno. E moltissima gente ha cominciato a conoscerlo e ad apprezzarlo. E così la domanda è cresciuta tantissimo. L'arrivo del marchio Dop sei anni fa ha consacrato il successo commerciale di questo formaggio”.

E col Pecorino Siciliano?
“Lì è diverso. Non c'è stato l'effetto novità. Ma se ne fa poco e bisogna migliorare anche gli aspetti commerciali. Anche in questo caso se si facesse conoscere di più sono certo che le prospettive sarebbero enormi”.

Quanti produttori sono iscritti ai consorzi e mirano a questi formaggi Dop?
“Ventisei e molti di questi fanno entrambi i due formaggi”.

Un po' pochi per la verità…
“È vero ma in Sicilia l'idea di consorziarsi non è tra le più richieste. E il mondo dei casari non è molto aperto alle novità, al fare sistema. Ma stiamo cercando di allargare la base associativa, soprattutto del Pecorino Siciliano Dop che è possibile produrre su tutto il territorio dell'Isola”.

Quanto esportiamo di questi formaggi Dop?
“Modeste quantità di Pecorino Siciliano, circa il 15 per cento, sono vendute negli Usa e in Germania, con la Vastedda inizieremo a marzo con la Polonia avendo avuto già un piccolo ordine di 15 quintali”.

Quindi è tutto un successo interno?
“Praticamente sì. In Sicilia soprattutto e poi nel resto d'Italia. A dispetto di chi vede nell'agroalimentare un crollo dei consumi. Per noi è accaduto esattamente il contrario”.

Quali le ragioni del successo?
“Tanta promozione a 360 gradi. Grazie ai co-finanziamenti regionali e nazionali cerchiamo di essere in tutte le principali fiere di settore, lavoriamo con la ristorazione, la grande distribuzione organizzata, i piccoli negozi di qualità, cercando di far conoscere le caratteristiche qualitative dei nostri formaggi. Chi ci scopre i nostri formaggi poi torna a comprarlo. E l'export potrà essere una nuova grande opportunità. Ma nin dobbiamo cercare scorciatoie. Semmai lavorare per fare formaggi sempre più buoni”.

Possiamo avere un'idea di quanta occupazione ha creato, grazie alla crescite, la produzione dei formaggi siciliani e le due Dop in particolare?
“Sebbene i risultati ottenuti sono molto lusinghieri, parliamo ancora di produzioni di nicchia che però crescono con regolarità, diciamo un 10 per cento in più all'anno. E forse anche di più”.

Ma i siciliani fanno ancora i casari? O piuttosto come accade in Emilia i casari sono macedoni, albanesi, romeni, indiani…
“No, il casaro, almeno per le produzioni tradizionali, è ancora tipicamente un siciliano, spesso è la moglie o il figlio di un allevatore, mentre al pascolo con gli animali frequentemente troviamo i romeni”.

Questi formaggi stanno registrando un successo forse perché sono prodotti con latte crudo. Cosa vuol dire latte crudo? E i formaggi Dop Pecorino e Vastedda lo sono?
“Certo che lo sono. Latte crudo, cioè non pastorizzato, è sinonimo di qualità perché utilizza tutta la microflora autoctona, miliardi e miliardi di batteri lattici diversi che conferiscono aroma e gusto particolari ai formaggi. In pratica il latte raggiunge temperature inferiori a 40 gradi e questo consente di preservare i profumi. Se si pastorizza le temperature sono più alte e addio aromi e gusto. Ma usare il latte crudo significa essere certi di allevamentin salute e ben foraggiati. E qui torna il concetto di qualità”.

È vero che i siciliani mangiano tanto formaggio ma lo conoscono poco?
“Sulle quantità di formaggio consumate dai siciliani non ho dati certi, ma di sicuro pochi sono quelli che sanno riconoscere un Pecorino da un Piacentinu ennese o che sanno parlare correttamente di Vastedda della valle del Belìce Dop”.

E gli altri formaggi siciliani come stanno?
Se parliamo di quelli che è possibile produrre col marchio Dop in Sicilia ne abbiamo ancora due, il Ragusano e il Piacentinu Ennese, il primo ha assunto una posizione preminente sul mercato dei formaggi Dop grazie all’ottimo lavoro fatto dal Corfilac di Ragusa, il Consorzio di ricerca per la filiera lattiero casearia. Poi c'è il Piacentinu Ennese: è una giovane Dop che ancora deve farsi conoscere. Ma è anche un formaggio unico al mondo. È di latte ovino ed è prevista l'aggiunta di zafferano che tra l'altro deve essere coltivato obbligatoriamente nell'ennese”.

Ci sono altri formaggi Dop in arrivo?
“Si parla da oltre 10 anni del Caciocavallo Palermitano, ma ancora si discute intorno ad un tavolo se il latte deve essere di sola vacca Cinisara o meno”.

Quale il ruolo della ristorazione per promuovere questi due formaggi?
“La ristorazione è un tassello importante per il rilancio e lo sviluppo di tutte le nostre produzioni agroalimentari tipiche siciliane, formaggi compresi, ma ancora…quanta ignoranza!”.

Il modo migliore per mangiarli, secondo il presidente Todaro?
“Gustateli così come sono e poi, solo dopo averli attentamente conosciuti e compresi nelle loro diversità divertitevi come volete con gli abbinamenti da gourmet. Certo, i francesi li mangiano a fine pasto. E forse per quelli stagionati, come il Pecorino Siciliano o il Ragusano, sarebbe meglio”.

Fabrizio Carrera