(La versione inglese dell'home page del sito dell'Expo di Milano)
Alla fine li hanno corretti. Alcuni addirittura rimossi. Ma ha suscitato parecchio imbarazzo tra i vertici dell’Expo, la notizia riportata qualche giorno fa dal Corriere della Sera sui veri e propri strafalcioni grammaticali “scovati” all’interno del sito ufficiale della manifestazione milanese.
Il sito, oltre ad una versione italiana, prevede anche una versione in inglese e francese. Ebbene, tra le traduzioni, alcune riportavano consecutio temporum sballate, costruzioni di frasi arrovellate, accenti gravi invece che acuti (e viceversa), e poi italianismi, refusi, strafalcioni.
Lo hanno smentito, ma è chiaro che immediatamente è balenata l’ipotesi che all’Expo abbiano usato il famoso traduttore del motore di ricerca. Un click e via.
Ipotesi subito smentita. Ma leggendo gli strafalcioni qualche dubbio rimane. Come nella frase “Not only is it an exhibition but also a process”, letteralmente “Non solo è un’esibizione ma anche un processo” che si poteva leggere nella sezione “Learn more” ossia il “Cos’è” in italiano, la parte dove le persone cercano di approfondire il tema di Expo. Di questa frase non c’è più traccia sul sito.
Altro titolo, adesso modificato, è quello che riguarda il popolare comico Antonio Albanese. Prima si leggeva “Albanese looks backstage at the communication campaign of Expo Milano 2015”; il riferimento è alla campagna di comunicazione di Expo, la cui “voce” sarà l’attore Antonio Albanese, ma nessuno conosce l’espressione “looks backstage”, semplicemente “perché non esiste”.
Anche con la versione francese le cose non andavano molto bene. Tra i “refusi” eccellenti femminili che diventano maschili, plurali al singolare, traduzioni di parole inesistenti. I rendez-vous internationals (o internationaux se si vuole alla francese) diventano “internationales”, gli accenti cambiano verso. Anche lo sconto sul biglietto d’ingresso, “une remise”, diventa “un remise”, come fosse “la sconta”.
Da quattro giorni proviamo a rintracciare l’ufficio stampa dell’Expo, senza avere fortuna, nonostante le telefonate ai cellulari dei colleghi, al numero fisso e varie mail od sms. Ci siamo accorti, però, che le cose sono state modificate in fretta.
Con Patrizia Ardizzone, professore di lingua e traduzione inglese presso l’Università di Palermo e presidente del centro linguistico dell’ateneo palermitano, affrontiamo l’argomento.
(Patrizia Ardizzone)
“Possono capitare queste cose quando non ci si rivolge agli esperti”, dice.
Professoressa, ma lei si sarebbe mai immaginata che un sito che in questo periodo sarà tra i più cliccati al mondo, potesse incorrere in simili strafalcioni?
“Sinceramente no. Ho sorriso anch’io leggendo gli errori fatti. Probabilmente l’errore sta alla base, cioè nella scelta di affiancarsi a personale non adeguatamente qualificato e che, soprattutto, non possiede le capacità di traduzione di un linguaggio specialistico, come occorre per un sito così importante”.
Ma noi italiani, come siamo messi a conoscenza delle lingue straniere?
“Non molto bene, in realtà. C’è stata una sensibilizzazione delle lingue straniere portata avanti dalla Comunità europea nei primi anni del 2000, ma credo che ci sia qualcosa che non quadri nel sistema scuole”.
In che senso?
“Alle università si dovrebbe fare meno apprendimento letterario e più linguistico sulle lingue straniere. Ma dal liceo e dalle scuole medie, i ragazzi non ricevono una preparazione adeguata”.
Colpa delle scuole, allora?
“Non solo. I ragazzi, oggi, credono tutti di sapere l’inglese, per via dei loro cantanti preferiti o della tecnologia. Invece non è così. Oggi la conoscenza di due lingue appare scontata. Oltre l'italiano, conoscere una seconda lingua è quasi d’obbligo. Nel mondo del lavoro, ormai, un curriculum con sole due lingue, viene cestinato”.
Quali le lingue straniere da imparare oltre l’inglese?
“L’inglese ormai è lingua globale. Se dovessi scegliere, punterei su quelle classiche europee, come il tedesco, il francese o lo spagnolo. Ma farei un pensierino anche sulle lingue orientali, come il cinese o l’arabo, ed il russo”.
Giorgio Vaiana