Non so se avete tra i vostri amici qualcuno che professione fa l'albergatore. Se è così provateci a parlare nei giorni di febbraio. Sembrerà un'altra persona.
L'aria più pensierosa, lo sguardo talvolta distratto, l'umore grigio anche a dispetto di personalità solari e dinamiche. Una motivazione c'è. Ed è che febbraio ormai è diventato il mese peggiore dell'anno per tutti (con qualche eccezione) gli albergatori d'Italia. A febbraio c'è ancora freddo, gli arrivi stentano, c'è chi chiude i battenti. Chi rimane aperto lo fa con buona parte delle camere vuote. Tolte le eccezioni delle grandi città italiane (pensiamo a Milano con la Bit e le fiere che incombono) e degli alberghi delle località sciistiche (a patto che ci sia la neve, l'Alto Adige fa il colpaccio) febbraio è, per l'appunto, il mese più difficile dell'anno per il mestiere di albergatore.
Accentuato dalla crisi e dal calo degli spostamenti. Certo, a guardare altre realtà estere la situazione è ben diversa. L'altro giorno conversando con uno chef italiano che lavora a Marbela in Spagna è emerso che lì febbraio è pieno di russi e scandinavi che vanno a svernare nella penisola iberica. Una beffa. Perchè l'Italia, e tutto il Sud in particolare, potrebbero benissimo competere con l'appeal spagnolo. Anzi, senza offesa, noi forse avremmo qualche cosina in più da offrire agli stranieri. E invece tutto langue. Ci sono località turistiche con gli alberghi sbarrati. E di destagionalizzare (parola un po' bruttina ma che rende l'idea) neanche l'ombra.
“Un problema tendenzialmente in questo periodo c’è sempre stato – dice Nico Torrisi, presidente di federalberghi Sicilia -. Ma il calo si registra già a dicembre. La nostra è una regione stagionale e, direi, che la crisi ha dato il colpo di grazia, perché la Sicilia, il brand Sicilia, continua ad essere molto appetibile. Ma c’è stato un netto calo di quote di mercato interno e non siamo stati in grado di beneficiare di più delle quote del mercato russo, ora anche lui caduto in crisi, con flessioni che raggiungono punte del 50 per cento. Credo, però, che il problema in Sicilia sia di tipo infrastrutturale. I collegamenti sono quasi impossibili. Quelli via terra sono pietosi, per non parlare di quelli ferroviari. E poi è costoso arrivare in Sicilia. Provate oggi, da Milano o da Roma a prenotare un volo per Palermo o Catania e vedrete i costi. Ai limiti del proibitivo”.
Per Ornella Laneri, presidente di Confindustria turismo e alberghi il mese di gennaio è peggiore di febbraio. “In questo periodo tra Carnevale e San Valentino qualcosa si fa – dice -. Credo che il calo sia dovuto al fatto che ci sia un minor movimento internazionale indipendente, come mi piace definirlo, ossia di quei viaggiatori che si muovono senza agenzie o gruppi. Il vero problema della Sicilia è, secondo me, il taglio dei voli. Molte compagnie aeree, vedi British, iniziano a mettere voli per e dalla Sicilia sono da aprile e fino ad ottobre. Noi stiamo cercando di creare sinergia fra gli scali per puntare sulla destagionalizzazione o come dice l’assessore Cleo Li Calzi, alla nuova stagione od ad un allungamento della stagione. Ma per fare questo, occorre che in Sicilia si crei un’offerta turistica adeguata fatta di grandi eventi. Oggi le cose si riescono a fare. Ci sono le tasse di soggiorno che, per i comuni, sono diventati introiti importanti, A Catania, per esempio, in un anno il Comune ha incassato quasi 1 milione di euro”.
Luca Libardi è il presidente dell’associazione ed albergatori imprese turistiche della provincia di Trento. Loro, in questo periodo non se la passano poi così male, anzi: “Abbiamo un elemento che differenzia l’offerta siciliana dalla nostra che è la neve. Febbraio è il mese degli sciatori, e noi proponiamo un’offerta qualificata e robusta. Un trend positivo quest’anno? Si e no. A dicembre, inizio stagione non proprio bene per poca neve. Festività alla grande, gennaio qualche difficoltà, dovuta soprattutto all’assenza di turisti russi, che con il deprezzamento del rublo hanno preferito rimanere a casa. I mesi morti nostri? Ottobre, novembre e da metà aprile fino ad inizio giugno”.
Per Pierluigi Masini, direttore di Federlaberghi Toscana, le stime delle presenze del 2014 si chiudono in sostanziale parità. Il calo delle presenze estere dell’1 per cento, è stato compensato da un aumento di presenza degli italiani dell’1,5 per cento. “Ma il problema vero non sono le presenze, ma i fatturati. Qui siamo tornati indietro ai prezzi del 2009”.
Masini, infatti, spiega che gli albergatori per mantenere le presenze, hanno diminuito i prezzi. E questo, se da un lato ha lasciato invariati i numeri dei turisti, ha fatto calare i fatturati del 20 per cento.
“Questo calo – spiega Masini – è avvenuto principalmente nelle località costiere. Le città d’arte, come Firenze, Siena e Lucca resistono. In grandissima crisi, invece, le due località termali, Montecatini e Chianciano. Qui, secondo me, bisognerebbe differenziare l’offerta turistica”.
Poi Masini snocciola i dati: “Nelle città d’arte si soffre dalla seconda metà di novembre alla prima di febbriaio. Sono ottimi i mesi della primavera e del primo autunno. Anche se ritengo che le nostre destinazioni hanno perso un po’ di competitività a favore di quei mercati emergenti come l’Adriatico non italiano e la Corsica, ormai luogo scelto da chi possiede delle barche, visto le grandi limitazioni alla nautica che sono state imposte dalla Regione”.
C.d.G.