La replica non si è fatta attendere. Oscar Farinetti, il patron di Eataly ha scritto un lungo post proprio sulla Gazzetta Gastronomica per difendersi dalle critiche dell'articolo di Tokyo Cervigni pubblicato sul webmagazine di Stefano Bonilli.
Farinetti parla di cattiveria contro di lui, spiega le sue ragioni e invita l'autore dell'articolo a un confronto. La polemica, insomma, si infiamma. Ecco la risposta al post (http://www.gazzettagastronomica.it/2013/logiche-di-distruzione-del-made-in-eataly/):
[95] Oscar Farinetti
Scrivo per la stima che porto a Bonilli. Secondo me è giusto quanto lui sostiene in difesa di chi ha scritto. Ognuno ha il diritto di esprimere la sua opinione. Perfino forse di insultare, come fa chi ha scritto il post.
Naturalmente non ho mai detto né pensato quel virgolettàto sul fatto che mi senta un messia. Il fatto che me lo si appioppi è una cattiveria più che un insulto. Chi mi conosce sa bene che non potrebbe passarmi dall’anticamera del cervello. Dico altre cose che mi stanno a cuore. In questi anni ho scoperto che la produzione di ottima artigianalità italiana è molto elevata (chi dice che manca il prodotto non conosce, non ha studiato). E ha potenzialità di crescere ancora in modo esponenziale. Eataly intende dare mercato a questa italica realtà. È vero che chiediamo una mano ai fornitori. Un aiuto iniziale, la somma di questi contributi è circa un ventesimo dell’investimento che facciamo per creare un mercato stabile. Può essere che qualcuno lo abbia trovato sbagliato e non abbia aderito. Rispetto l’idea, ma non trovo questo un motivo per attaccare in modo così violento. A cinquant’anni ho preso praticamente tutto ciò che possedevo e l’ho investito in Eataly. Non mi do stipendio, non distribuisco utili, che sono sempre reinvestiti. Eataly ha pagato fin dal primo anno la quindicesima ai lavoratori. Chi guadagna di più non supera i 3mila euro. È vero, siamo entrati in società con 19 artigiani di qualità su oltre 1500 fornitori. Basta parlare con loro per capire come ci comportiamo. Loro possono portare fatti, non parole. Può essere che i nostri colloqui per le nuove assunzioni siano non completi. Dovremo migliorare. Certo è che questi giudizi se li becca chi intraprende e assume. Chi non lo fa ne è indenne. Ma non provo nessuna forma di disprezzo verso chi non intraprende. Non è obbligatorio farlo. E poi molti non sono nelle condizioni di poterlo fare. E poi questo Paese non facilita l’intrapresa. Capisco anche chi non intraprende e giudica chi lo fa. Perfino chi insulta chi lo merita. Tuttavia lascio alla considerazione di chi mi può capire le persone che insultano a vanvera. Non so se è invidia come qualche commento indica. Di sicuro è cattiveria. Una brutta cosa. A Eataly di Ny c’è Barilla e altri prodotti dell’industria di buona qualità italiana. A Chicago inseriremo anche la Ferrero e ne siamo orgogliosi. Insieme naturalmente ai molti artigiani ad impresa familiare con cui collaboriamo. Penso che l’immagine della bella Italia nel mondo debba essere un mix tra la grande industria di buona qualità che produce buoni cibi a prezzi accessibili (creando tanti posti di lavoro per chi legittimamente non se la sente o non può fare impresa da sé) e la moltitudine di piccoli artigiani che fanno altissima qualità e cercano sbocchi nel mondo. Eataly ha creato 3mila posti di lavoro. Avremmo potuto restare unici a Torino. Non aprirne altri. Non vi nascondo che la tentazione c’era. Meno investimenti, meno preoccupazioni e di sicuro meno critiche, meno insulti dai fondamentalisti. Soprattutto meno responsabilità. Ecco, la responsabilità, un valore in estinzione, la cui mancanza sta uccidendo il nostro Paese. Molto più facile giudicare che non assumersi responsabilità. Invece il motivo principale che ci ha spinto a espandere Eataly è stato proprio l’assunzione della responsabilità di creare un mercato mondiale ai tanti artigiani del cibo italiano. L’Italia non ha catene distributive che si siano espanse all’estero, a differenza di Francia e Germania. Ma l’Italia ha poche multinazionali del cibo e moltissimi artigiani. Serve un modo di espandersi in linea con la mostra identità. Chi intraprende sbaglia e viene giudicato. Anche Eataly naturalmente sbaglia. Ma, mi creda, gli errori non superano i meriti. Tuttavia prenderò lezione anche dalle sue invettive. E miglioreremo ancora. Chiudo ricordando che un’altro piccolo merito di Eataly è stato di spendersi molto per l’Università nella quale lei si è laureato. Molti ragazzi e molte ragazze che, come lei, si sono laureate a Pollenzo lavorano in Eataly. Chieda loro che ne pensano. Sicuramente troveranno che esistono aeree di miglioramento, ma sono sicuro che, con la conoscenza di chi ci lavora dal di dentro, rifiuteranno i suoi insulti. Chiudo invitandola, quando vuole, ad un confronto diretto, guardandoci negli occhi. Mi piacerebbe aiutarla ad essere meno iracondo. Convinto come sono che i toni come i suoi sono purtroppo diventati una caratteristica suicida di questo Paese, che chiacchiera, giudica, insulta, bisticcia e non fa niente di concreto per cambiare.
Ma chissà se lei è disposto a cambiare idea. Io sono pronto a farlo, ogni giorno.
Oscar Farinetti