Duro attacco dell'azienda con inserzioni a pagamento per difendere la possibilità di usare nelle etichette il nome Nero d'Avola con l'Igt Terre Siciliane
(La pubblicità incriminata firmata da Duca di Salaparuta)
Una cosa del genere nella Sicilia del vino non si era mai vista. Duca di Salaparuta a testa bassa contro la Doc Sicilia. Inserzioni pubblicitarie per affermare che “la Doc Sicilia è una denominazione geografica fittizia, un'operazione di marketing spacciata per tecnica”.
Ed ancora: “Non vogliamo associare il nostro Nero d'Avola ad una Doc che di purezza ne ha davvero poca: perché uniformerebbe e appiattirebbe le nostre eterogeneità, vere e preziose ricchezze enologiche”. Le inserzioni a pagamento sono state pubblicate oggi da alcuni quotidiani. Un lungo testo e una grande foto di una bottiglia di Duca Enrico, una delle etichette che hanno firmato il rinascimento enologico della Sicilia a metà degli anni '80. L'attacco alla più importante denominazione dell'Isola non ha precedenti. L'azienda di Casteldaccia, oggi di proprietà della Illva di Saronno, una delle più importanti aziende siciliane, ce l'ha contro il paletto voluto dalla maggioranza dei produttori (che fanno parte della Doc) di consentire l'uso dei nomi Nero d'Avola e e Grillo in etichetta solo ai vini Doc Sicilia e non più alla semplice Igt Terre Siciliane. Una mossa che mira ad impedire la possibilità di imbottigliare fuori dall'Isola.
Una strategia, bisogna dire, che ha un obiettivo: quello di dare valore ai vitigni più rappresentativi della Sicilia. Ma che non piace a Duca di Salaparuta. Tanto che nei mesi scorsi ha ottenuto dal Tar Lazio (leggi qui) un provvedimento che gli consente con la vendemmia 2017 di poter imbottigliare ancora con una semplice Igt e indicare in etichetta i vitigni Nero d'Avola e Grillo. Tutto questo in attesa che l'Unione Europea decida se in effetti la richiesta della maggioranza dei produttori, cioè la possibilità di indicare in etichetta i due vitigni in questione solo nei vini Doc Sicilia, vada accolta oppure no. Sembra una banale questione burocratica ma dietro a questa contrapposizione c'è in ballo il futuro del vino siciliano e interessi significativi. Il finale del publiredazionale annuncia battaglia: “Altre cantine siciliane di qualità hanno dato voce al loro dissenso contro questa coercizione enologica vincendo il ricorso al Tar e sposando la nostra battaglia, che ha prima di tutto l'obiettivo di tutelare i consumatori”.
Il consorzio Doc Sicilia non replica.
C.d.G.