Dalle borse ai Bordeaux, i cinesi sono arrivati a contraffare anche le perle dell’enologia mondiale.
La notizia è stata recentemente pubblicata su Wine Spectator a firma di Suzanne Mustacich.
La frode è dilagata, per fortuna, solo in Cina. Così è capitato che sugli scaffali Chateaux simil francesi facessero bella mostra di sé con tanto di dicitura Aoc eludendo i controlli degli ispettori. Proprio la difficoltà di intercettare i falsi fa pensare che un numero consistente di questi possa essere ancora in circolazione.
Qualcosa che ricorda il Parmesan, caso di agropirateria che investì la denominazione Parmiggiano Raggiano Dop sul quale si pronunciò la Corte di Giustizia Europea. In questo caso vittime dell’imitazione sono stati i vini e i territori più prestigiosi di Bordeaux: usurpato il nome di Lafite-Rothschild; “Graves Pomerol” al posto di “La Grave A Pomerol”; “Château Margot” al posto di “Château Margaux”; “Chatreal Latour, Bordeaux” al posto di “Château Latour”. Dietro al misfatto un cavillo che getta in uno stato di profondo allarme il Conseil Interprofessionnel du Vin de Bordeaux, l’associazione di riferimento di produttori, viticoltori e commercianti. In Cina la denominazione Bordeaux non è riconosciuta come indicazione geografica protetta proprio a causa di una mancanza di accordi tra l’Unione Europea e il Paese sulla protezione dei nomi delle denominazioni. Da aprile il CIVB sta portando avanti una trattativa con i cinesi per arginare una minaccia che ha visto il mercato francese l’anno scorso esportate nel Sol Levante solo 42 milioni di bottiglie di Bordeaux. La pressione esercitata dall’associazione non è però priva di contropartita.
Secondo quanto riferisce Christophe Chateau, membro del Conseil, all’autrice dell’articolo i cinesi vorrebbero infatti qualcosa in cambio: “Hanno risposto che ci riconosceranno la nostra denominazione se noi ne riconosciamo nel nostro paese una delle loro”. A quanto pare la Francia si assumerebbe l’impegno e probabilmente nel 2012 il nome Bordeaux verrà riconosciuto come indicazione geografica tipica. Traguardo che non rincuora. Il CIVB rimane preoccupato sul fenomeno della contraffazione a causa della poca conoscenza che gli ispettori hanno dei vini francesi nonostante l’iniziativa, lanciata pochi mesi fa, di dotarli di un’applicazione chiamata SmartBordeaux, per aiutarli a riconoscere i vini durante i controlli.
A marzo una delegazione di questi erano stati anche accolti in Francia per un training sul vino. Un’operazione giocata quindi su più fronti per tentare di proteggere il nome Bordeaux, tra i quali è stato preso in considerazione anche quello del copyright. L’associazione sta chiedendo ai viticultori di proteggere in extremis il loro brand con un operazione che richiede uno esborso non indifferente, sforzo esoso per i piccoli vigneron: una registrazione che costa dagli 800 ai 1.100 dollari.