La sentenza sarà storica. Perché è raro vedere che il tribunale cinese si pronunci a favore di una società straniera. Meglio, italiana.
Da un lato, sul tavolo dei giudici, c’è la Fabbri 1905, la celebre azienda italiana impegnata nel settore dolciario. Una holding che esporta oltre 1.300 prodotti in più di 100 nazioni, per un fatturato vicino ai 90 milioni di euro nel 2019. Da noi è famosa per l’Amarena Fabbri, imbottigliata negli speciali vasi di ceramica di Faenza decorati di blu e bianco. E qui viene il nocciolo della questione cinese. Un’azienda di Tianjin aveva pensato bene di copiare la confezione. Scrive il Corriere: “Nicola Fabbri, profondo conoscitore del mercato cinese dove la ditta di famiglia è sbarcata nel 1999, ha deciso di dare battaglia citando in giudizio i ladri di proprietà intellettuale. L’avvocato Lara Gualdi del Foro di Bologna e lo studio cinese HFG Law Firm hanno esposto il caso di concorrenza sleale nel 2019 alla Corte del Popolo del Distretto di Shanghai Yangpu. Ora la sentenza che dà ragione all’azienda italiana e le riconosce l’alta reputazione del nome e del packaging”.
Insomma, un successo importante. Per Nicola Fabbri è non solo la conclusione di una vicenda giudiziaria, ma anche una soddisfazione morale. Dice al Corriere: “Per me Shanghai è una seconda patria, abbiamo lavorato con umiltà per entrare nel mercato cinese, arrivando più di venti anni fa. Ci siamo aperti uno spazio di nicchia a piccoli passi, investendo molto senza guardare ai risultati immediati, perché le aziende familiari non debbono pensare solo al risultato delle singole trimestrali ma al lungo periodo. Noi abbiamo dietro cinque generazioni familiari a partire dal 1905. Non è stato facile: ricordo bene le prime analisi di mercato, quando i consumatori cinesi ci dicevano che il gusto dell’amarena ricordava quello del loro sciroppo per la tosse. Li abbiamo convinti con pazienza, abbiamo anche costituito una scuola per pasticceri e baristi cinesi, per imporre i nostri prodotti sviluppati con senso della tradizione a artigianalità”.
C.d.G.