Assegnati anche i dieci premi speciali
di Michele Pizzillo
Il Best italian wine awards (Biwa) archivia la quarta edizione con il Barolo Monprivato di Giuseppe Mascarello e figlio al primo posto, seguito da un altro Barolo, il Brunate di Giuseppe Rinaldi e da un vino toscano ottenuto da Cabernet franc in purezza, il Duemani di Luca D’Attoma ed Elena Celli.
Questo è quanto ha deciso la giuria guidata a Luca Gardini e composta da esperti come il londinese Tim Atkin,wine writer tra i più premiati al mondo e Master of wine con 25 anni di esperienza; il parigini Raoul Salama, docente presso la facoltà di Enologia di Bordeaux, giornalista specializzato e degustatore professionale; Christy Canterbury giornalista di New York, giudice, formatrice e Master of Wine degli Stati Uniti; Daniele Cernilli conosciuto da tutti come Doctor Wine, decano della degustazione e giornalista enogastronomico fra gli artefici del Gambero Rosso fin dagli esordi; Antonio Paolini, critico enogastronomico e degustatore; Pier Bergonzi, vice direttore de La Gazzetta dello Sport, sommelier e appassionato di enogastronomia, fondatore della rubrica “Gazza Golosa” e l’altro ideatore di questa classifica, Andrea Grignaffini. Questo gruppo di esperti, durante l’estate hanno degustato oltre 300 referenze, scegliendone poi 50.
Spulciando la classifica dei 50 migliori vini d’Italia si scopre che al quarto posto c’è un altro Barolo, il Parafada docg 2011 di Palladino. Mentre il Vecchio Samperi Ventennale di Marco De Bartoli, con il quinto posto è il primo a guidare la pattuglia delle cantine del Sud che sono presenti in cinque. I bianchi sono guidati da Furore bianco Fiorduva Costa d’Amalfi doc 2013 di Marina Cuomo (nono posto) e le bollicine da Giulio Ferrari riserva del Fondatore Trento doc 2004 dei Fratelli Lunelli. Infine, fra i 50 migliori vini d’Italia non c’è nessun rosato. Altre curiosità sono che il Piemonte batte la Toscana con 16 cantine contro 12 e il Barolo con 11 etichette supera il Brunello di Montalcino che si ferma a quota 6.
Dieci gli awards2015 consegnati nel corso della serata di presentazione del Biwa a Milano, al centro congressi della Cariplo. E, cioè, per “azienda e tradizione” a Barberani perché ha saputo preservare e rilanciare le tradizioni enologiche del proprio territorio. Per il “vino promessa” al Vigna dell’Impero 1935 Valdarno di Sopra doc della Tenuta Sette Ponti che si prepara ad entrare nel pantheon dei grandi vini. Per il “vino da uve autoctone rosso”, il Mamuthone Cannonau di Sardegna doc rosso 2011 di Giuseppe Sedilesu perché continua a portare avanti il messaggio enologico del proprio territorio; mentre per il “bianco” è stato scelto il Trebbiano d’Abruzzo Vigneto di Popoli 2013 di Valle Reale. Il Fior d’arancio moscato giallo spumante docg 2013 di Maeli è stato scelto come “vino pop”. Il “miglior sommelier” è Sokol Ndreko del ristorante Lux Lucis a Forte dei Marmi per la sua classe, eleganza e professionalità. “Alfiere del territorio” è il Castello del Terriccio perché riesce ad andare oltre la vite. Per la “viticoltura eroica” è stato premiato Rosset Terroir perché non si ferma davanti a nessuna difficoltà. Per “vino e tavola” c’è il Dolcetto d’Alba doc Barturot Ca’ Viola. E per “comunicazione e social media”, Umberto Cesari per l’uso dei più contemporanei metodi di comunicazione.
Se alla premiazione fosse intervenuto qualche incursore di “Striscia la notizia”, il tapiro probabilmente l’avrebbe consegnato chi ha permesso che i nomi degli awards fossero dati in anteprima solo a Pier Bergonzi: è stato l’unico a pubblicarli lunedì mattina, sulla Gazzetta dello Sport. Gli altri media hanno appreso i nomi dei premiati o dal quotidiano sportivo oppure nel corso della serata di premiazione.
E’ ottimo giornalismo anticipare la notizia, quando ti capita l’occasione. Non è una gara corretta quando ti viene lasciato un po’ di vantaggio. La “rosa” probabilmente di vantaggio ne ha avuto parecchio visto che il suo vice direttore, Bergonzi, fa parte della giuria del Biwa.
Eppure uno dei giurati, Daniele Cernilli, ha evidenziato “che adesso il vino non è di moda visto che nessuno ne parla mentre sullo schermo televisivo dilagano i cuochi. Perciò, il vino non sa più comunicare”. E poi ti capita che una interessante, oltre che valida classifica come è stato sottolineato da più parti, può essere sminuita da un quello che pare essere un evidente conflitto d’interessi.