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Il caso

Approvato decreto Terra dei fuochi, verranno individuate in 150 giorni le aree food

03 Dicembre 2013
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Antonio Lucisano direttore del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana Dop: “Un passo avanti, ma non basta”

Verranno distinte le aree food quelle non food per garantire il consumatore, e sedare così la psicosi che sta enormemente costando alle aziende campane.

 E' questa una delle disposizioni del decreto Terra dei Fuochi più importanti a tutela della salvaguardia dell'economia di un vastissimo territorio in cui nascono alcune delle eccellenze del Made in Italy. Il testo è stato approvato stamane dal Consiglio dei Ministri, alla riunione ha preso parte anche il presidente della Regione, Stefano Caldoro. Finalmente si avvierà l'indagine che servirà a selezionare le zone dove non c'è alcun rischio di contaminazione per gli alimenti lì coltivati e prodotti. I terreni verranno esaminati entro 150 giorni. “Una grande operazione di verità” l'ha definita il Ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo, ma per qualcuno, anzi per molti, non basta. Avrebbe voluto qualcosa in più, maggiore tutela delle produzioni tipiche, il direttore del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana Antonio Lucisano, facendosi portavoce dell'umore e della preoccupazione degli associati e di un intero territorio che vive anche grazie a questo formaggio conosciuto, e imitato, in tutto il mondo. “Tutte le iniziative prese sono condivisibili, non a caso le stiamo chiedendo da tempo – ha detto – ma non si è previsto un intervento di salvaguardia dell'immagine delle produzioni locali. Siamo la Fiat del Mezzogiorno e parliamo di un comparto che dà lavoro a 15mila addetti. La speranza era quella di trovare almeno qualche migliaia di euro. Non ci si vuole capacitare di un concetto semplice: la nostra è un'agricoltura fondata sulle eccellenze vere, autentiche che derivano da millenni di storia, tutto questo è sostenuto da piccolissime imprese che non hanno possibilità di affrontare questa tempesta mediatica''. Un ciclone che sta lasciando dietro di sè un calo drastico della domanda, che ha cominciato a diminuire fortemente subito dopo le dichiarazioni bomba sull'inquinamento dei suoli e il caso del post Pomì diffuso su facebook che valorizzava l'origine padana dei pomodori e che ha fatto indignare il popolo della rete (per leggere l'articolo cliccare qui). 

''Tra ottobre e novembre c'è stato un calo di richieste del mercato tra il 30 e il 40% per una perdita di 20 milioni di euro, solo per il nostro comparto -spiega il direttore del Consorzio -. Forse non ci si rende conto – sottolinea – che è indispensabile un supporto delle istituzioni sui reali requisiti di salubrità di questi prodotti e che è necessario un supporto economico per specifiche campagne di comunicazione. Nel nostro piccolo stiamo facendo delle cose ma è una goccia nel deserto e in un mare di diffamazione''.