di Clara Minissale
Ho deciso che voglio farmi un regalo. Sono reduce da due mesi di dieta forzata, una sorta di messa a punto dell’organismo, come si fa periodicamente con le automobili e oggi, finalmente, voglio regalarmi un pranzo di quelli speciali.
Decido di affidarmi al delivery, grande scoperta dei mesi del lockdown e naturalmente non ne scelgo uno qualsiasi, ma il migliore, quello di Franceschetta, la sorella minore di Osteria Francescana, il regno di Massimo Bottura, chef tre stelle Michelin. Il sito mi guida al delivery: “Scegli i tuoi piatti, componi il tuo menu e ricevilo a casa!” recita il banner. Bene, penso, ci siamo, scelgo ed è fatta. Leggo come fare e alla voce “Come funziona”, i miei sogni di gustare tortellini in crema di parmigiano, cavolfiore, miso, cavolo rapa marinato e capperi fritti, costoletta di maiale con pure di patate al tartufo, cappuccio marinato, salsa al balsamico e, infine, zuppa inglese, si infrangono contro un asterisco. Sta lì, piccolo che quasi mi sfuggiva e dice che le spedizioni sono disponibili in tutta Italia ma “*sono escluse le isole (Sicilia e Sardegna), Calabria e la provincia di Potenza non riuscendo a garantire la consegna in 72 ore”.
Ancora? Di nuovo? Per sempre? Mi chiedo per quanti anni ancora noi isolani dovremo stare attenti a questi asterischi, fare i conti con strade inadeguate, collegamenti lenti, politiche miopi che ci negano la possibilità di stare al passo col resto del Paese. Il delivery stellato per molti è poca cosa, mi rendo conto, ma è la cartina al tornasole di come (non) funzionino le cose ancora oggi, nell’anno in cui, più di tutti, trasporto merci e consegne a domicilio sono diventati per molti esercenti e privati cittadini, l’unica possibilità di avere a disposizione beni che altrimenti sarebbero irraggiungibili. Il delivery di Bottura arriva da Modena in tutta Italia in massimo 72 ore. Queste stesse ore non sono sufficienti ad arrivare in Sicilia. Perché? Di chi è la responsabilità? Lo chef non riesce a garantire la qualità dei suoi prodotti se si sfora questo arco temporale e noi dobbiamo rinunciare in partenza, adattandoci, come storicamente siamo stati costretti ad imparare a fare, a questa irraggiungibilità.
E invece no, dovremmo protestare, soprattutto oggi che si abbattono le barriere, si colmano distanze, si fa tutto (o moltissimo) online. Oggi che anche chef e produttori siciliani hanno parecchio da dire al resto d’Italia e, immagino, abbiano lo stesso problema ma al contrario: spedire qualcosa ed essere certi che arrivi a destinazione in poco tempo per garantire la qualità. Quanto a me, per farmi un regalo dovrò pensare ad altro. Magari mi concentrerò su un delivery isolano. Ma non è detto che ciò che sceglierò effettui consegne in tutta la Sicilia… E un pensiero va agli amici calabresi, irraggiungibili senza nemmeno il beneficio di essere un’isola.