di Titti Casiello e Fosca Tortorelli
Nel 2013 in edicola usciva il numero 3.000 di Topolino che sembrerebbe una di quelle poche, rassicuranti costanti che anche dopo dieci anni non generano, mai dubbi. E nel vino, invece, simili certezze è sempre possibile ritrovarle? Che la vite sia più longeva dell’uomo questo lo si sa, ma il suo prodotto ultimo non può sempre essere considerato una variabile costantemente controllabile. Eppure le lancette che scorrono, continuano a far scalpitare gli animi umani. E basta la sola vista in etichetta di un 199… che d’impeto si genera una fervida narrazione, mentre un’aurea di venerabile rispetto inizia ad aleggiare su quella vecchia bottiglia. A volte succede che la fantasia ha solo la meglio sulla realtà. Altre, invece, il vino mostra di saper invecchiare molto meglio degli umani. In quelle volte il calice sa diventare un baule pieno di ricordi e di immagini di un anno di vendemmia e di istantanee degli anni a venire che l’hanno visto – lì fermo, ma mai immobile nei suoi millilitri di spazio vitale. Così a Taormina Gourmet – in una degustazione alla cieca – Salvo Foti patron de I Vigneri– insieme con il giornalista Federico Latteri – ci mostrano, tra sapori e odori di un decennio passato, ciò che hanno visto quelle bottiglie di vetro lungo le pendici etnee.
“L’Etna è la disomogeneità . Io ho la vite a Milo. Si, ma a Milo unni?” (trad: dove?)” – osserva Foti. Così ricordandoci che è il luogo, la posizione delle vigne, le sue altitudini ed esposizioni, a determinare la tipologia di vino. “Il vino dell’Etna è un vino di luogo. Non basta dire Etna. Dovremo iniziare a parlare di Etna di Milo sopra la chiesa o sotto la Chiesa, di Etna di Trecastagni e così via…”. E dalle memorie di quella vendemmia, di un anno piovoso e freddo, dove si è riuscito comunque a portare uve salubri in cantina, ancora una volta emerge, come quelle viti della “Muntagna” stupiscono per la loro capacità di rappresentare, sempre e comunque, un patrimonio da custodire e raccontare con fervida narrazione.