di Andrea Camaschella
Macondo è un luogo non luogo, a tratti reale, a tratti fantasioso, dai contorni netti quanto sfuocati; è il paese immaginato da Marquez, in cui si svolge praticamente tutta la trama di Cent’anni di solitudine, dove tutto è possibile.
Il circo stabile Fratelli Macondo non fa eccezione al suo nome (o forse fa solo eccezione, punti di vista letterari). E’ un pub ed è un ristorante, è un posto dalla struttura antica, elegante; è caldo e accogliente ed è anche un posto moderno e lineare. E’ un posto dalla luce soffusa, che si protende in una affascinante cantina dai soffitti a botte, in mattoni, è un luogo luminoso con travi a vista all’ingresso ed è anche un luogo aperto e arioso quando la stagione lo permette con un ampio e grazioso dehors. Tanti luoghi in uno, tante anime in una così come l’offerta: è pub, con lungo e comodo bancone all’ingresso, è birreria e ristorante. La cucina è attenta e ha una proposta completa, per stuzzicare o per cenare dall’aperitivo al dolce, con materie prime ricercate e di alto livello. La scelta di birre, che sgorgano dalle 15 spine, è attenta e dedicata praticamente sempre a birrifici artigianali italiani. Molte le proposte locali che si affiancano a proposte nazionali, per una linea completa in grado di soddisfare ogni palato.
Nel periodo invernale, una volta al mese, una serata è dedicata a un birraio per una cena con abbinamento birre e piatti della cucina: da qui sono passati i principali attori della scena birraria nazionale.
Dietro al bancone non si trova nessuno della famiglia Buendía, si trovano altri personaggi, Giorgio Ferrari e Fabio D’Souza, che hanno plasmato attorno a loro luogo e persone, creando un circo stabile, senza animali e soprattutto senza molestare gli animali. La satira, intelligente e arguta, è alla base della loro comunicazione: non è per tutti, alcuni si offendono ma chi l’apprezza, l’apprezza per sempre. Perché il Macondo è il Macondo: è casa, è famiglia, è un porto sicuro per chiunque, per gli avventori abituali, diventati nel tempo un gruppo di amici, così come per chi ci capita per caso o per la prima volta. In soli 5 anni hanno fatto cultura, stregato persone, stimolato birrai, creato un mercato, hanno costruito quello che in alcuni casi non si ottiene nemmeno dopo decenni: Giorgio e Fabio non concedono nemmeno un minuto di solitudine e lo staff, preparato, sorridente, scanzonato e professionale in quel giusto mix che è raro da trovare li rappresenta alla perfezione. Al bancone del Macondo non sarai mai solo ma mentre ti allontani dal Macondo già senti un po’ di nostalgia e sai che la solitudine non è al Macondo ma ovunque lontano da lì!
Se non si è capito mi mancano e in questi giorni sento spesso Giorgio e oggi ho chiesto anche a lui le 5 birre che suggerisce di bere in questi giorni, che berrebbe con me al bancone (in realtà lui al bancone beve poco e raramente: fa bere gli altri). Le regole sono le solite, birre italiane, reperibili direttamente dal birrificio e, quanto prima, direttamente da loro per un take away di gran classe. Quando sarà possibile, vi consiglio un salto al Macondo che si trova in via Novara al civico 14 a Oleggio in provincia di Novara.
Canediguerra, Vienna lager
(Vienna, 5,4% Vol. Alc.)
Stile desueto (come direbbe il correttore automatico di Word) per una birra sospesa nel tempo di rara piacevolezza: leggera in alcol, facile e semplice da bere quanto piacevole e rinfrescante. Un “evergreen”.
Elvo, Alterelvo
(Alt, 4,8% Vol. Alc.)
Nata da una collaborazione con Birra Mastino questa è la versione di Josif Vezzoli: ricetta comune ma impianto, acqua e mano del birraio si discostano e caratterizzano. Birra centrata in pieno, che ricrea la suggestione di bere a Dusseldorf una delle loro tipiche birre, senza porsi il problema di quante ne bevi finché non conti le tacche che il cameriere ha segnato sul sottobicchiere a ogni bicchiere servito (e mai ordinato a dire il vero).
Birra 100venti, Roger bitter
(Extra Special Bitter, 4,5% Vol. Alc.)
Birrificio locale, a pochi chilometri dal pub, che ha da poco iniziato la produzione in propio con pregevoli risultati. La Roger Bitter, a ogni sorso, racconta la tradizione anglosassone e la vita sociale nei pub inglesi. Immancabile nel proprio frigo!
Beer In, Hop hop
(English Ipa, 6,5% Vol. Alc.)
Oro a Birra dell’anno 2020 la Hop Hop riprende un filone spesso dimenticato di birre tradizionali inglesi, dai sentori terrosi che ricordano grandi miscele di te, con la marcia in più del birrificio che ci mette la propria mano.
Croce di Malto, Magnus
(Dubbel, 7,3%% Vol. Alc.)
Il grande Belgio in chiave Croce di Malto, riprende e riscrive i canoni di una birra tipica dei birrifici trappisti belgi aggiungendo profondità gustativa e olfattiva ed eleganza al gusto.