Sì è vero, il tappo è andato in briciole. E quando accade non è un bel segno. Non ha retto al tempo.
Oppure è stata la mia imperizia nel tirarlo fuori dal collo della bottiglia. Il vino alla fine lo abbiamo salvato. E che vino, ragazzi. Stre-pi-to-so. Granato 2001 di Elisabetta Foradori. Oltre 10 anni dopo. Rosso profondo, cupo che più cupo non si può. Naso complesso, molto complesso, di terra, di muschio, di caffè. Lo assaggi e non ti sembra vero.
Poi resti sorpreso dalla vena acida, dalla morbidezza mai stucchevole anzi con qualche spigolosità che nasce dalla terra. Energia pura. Come una galoppata sulla piana Rotaliana, lì dove nasce questo rosso da uve Teroldego. Poi il vino si distende, ti affranca, ti chiede di continuare. E tu continui, riprendi il bicchiere e trovi ancora nuove sensazioni, terziari evoluti, determinati, lunghi. Sì, Granato. Sì, Teroldego, varietà tra le più snobbate del pianeta che Elisabetta Foradori ha avuto la fortuna – per noi – di studiare, di rivalutare e di proiettare verso traguardi impensabili.
Interno della cantina
Conosco Elisabetta da vari anni. Personalmente ritengo sia una delle donne italiane del vino più intriganti che ci siano. L’abbiamo invitata a un De Natura Vini nel gennaio 2010 a Palermo. Ascoltarla è sempre un piacere. Non va sottovalutata la sua svolta verso la biodinamica, il rispetto dell’ambiente, le anfore, tutte cose di cui oggi si sente molto parlare ma che lei ormai segue da anni. Conosco altri suoi vini, ma un Granato così buono non lo ricordavo. Forse è uno dei migliori millesimi che abbia prodotto. L’ho comprato a meno di 40 euro da Giuseppe Lisciandrello, il patron di Vino Veritas a Palermo. Il suggerimento è suo e gliene va dato merito. Andrò a comprarne le altre bottiglie.
Ora resta da colmare la lacuna di conoscere i vigneti di Elisabetta. Dopo il Granato 2001 urge una visita. Non è più rinviabile. Bisogna andare in cantina a Mezzolombardo, in provincia di Trento, paesino che conosco per ragioni lontane dal vino adagiato su una parete di una montagna che anticipa i tramonti. È lì che nasce il Granato. È lì che bisogna andare. Per un omaggio al territorio.
F. C.
FORADORI
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