di Fabio Cimmino
Si è svolta lo scorso sabato 20 gennaio l’annuale rassegna, riservata alla stampa, per la presentazione della nuova annata di Taurasi.
Ancora un’edizione sotto l’egida della società privata, Miriade and Partners, che ha raccolto da qualche anno, con immutato entusiasmo, anche se con non poche difficoltà, l’eredità della storica “Anteprima Taurasi”. Un’ azienda giovane come la sua anima che si identifica con quattro ragazzi molto preparati ed intraprendenti i cui nomi mi fa piacere ancora una volta ricordare: Paolo De Cristofaro, Raffaele Del Franco, Diana Cataldo e Massimo Iannaccone.
Quest’anno la manifestazione si è svolta nella splendida cornice del Castello della Leonessa di Montemiletto a 20 kilometri, circa, ad est dalla
città di Avellino.
Non intendo dilungarmi sull’impeccabile macchina organizzativa che ancora una volta ha contraddistinto lo svolgimento della manifestazione. Voglio solo complimentarmi e ringraziare ancora una volta questi ragazzi il cui sforzo è davvero encomiabile. Ho apprezzato, in particolar modo, quest’anno la pubblicazione di un piccola guida che oltre a riportare i dati delle aziende partecipanti e quelli relativi ai parametri climatici e metereologici vendemmiali, pur sempre fondamentali per decifrare l’annata ed individuarne i suoi interpreti, ha previsto un’innovativa ed interessantissima sezione dedicata alla macro aree del Taurasi. Quest’unico elemento descrittivo ha accompagnato, insieme con l’indicazione delle tipologie e delle annate, la degustazione rigorosamente alla cieca dei campioni, rivelandosi, per il sottoscritto almeno, un utilissimo strumento di lettura per poter cogliere meglio le diverse sfumature, talvolta, inaspettatamente, non tanto sfumature, tra i diversi areali di produzione.
Non intendo proporre note di degustazione per ciascuno dei 60 campioni degustati (la parte più rappresentativa riservata, naturalmente, ai Taurasi 2008 ma con incursioni significative tra le riserve di annate precedenti ed altri Aglianico più o meno giovani realizzati in diversi millesimi). Sarebbe impensabile nelle poche ore che ho potuto dedicare all’assaggio ricavare un giudizio sicuro e definitivo su ogni singola etichetta. E’ possibile, invece, farsi innanzitutto un’idea della vendemmia dall’andamento climatico particolarmente favorevole, sulla carta, poi confermato, puntualmente, nel bicchiere da una media di punteggi davvero molto buona con punte di ottimo e qualche più rara eccellenza.
Una considerazione generale, emersa dalla degustazione e che mi permetto di fare, è quella, piuttosto, di un rischio sempre più evidente di appiattimento, verso l’alto sì, ma pur sempre di appiattimento, dell’intera denominazione. Mi spiego. E’ ormai sempre più difficile imbattersi in vini palesemente difettosi ma anche, fortunatamente, in liquidi mediocri o anonimi privi di qualsiasi intersse. Quelli che un tempo erano, infatti, il fanalino di coda qualitativo della Docg, anno dopo anno, hanno fatto registrare progressi impressionanti con relativi notevoli balzi in avanti nelle valutazioni. Sul fronte opposto, però, i produttori e le etichette già affermate sembrano continuare sulla loro strada incapaci di osare, incapaci di offrire quell’imprevedibilità e mostrare quel cambio di passo in grado di fare una reale differenza, quel fattore X necessario a regalare l’unicità del grande vino. Il risultato è un accorciarsi sempre più evidente della forbice tra i primi della classe e quelli fino a qualche tempo fa considerati loro, spesso improbabili, talvolta solo occasionali, rincalzi.
Una seconda notazione che scaturisce spontanea da quanto sopra esposto è l’urgente necessità di un confronto e di una riflessione, non più procastinabile, sul fattore prezzo. Se il Taurasi vuole avere una sua vendibilità e conseguente maggiore diffusione deve assolutamente rivedere la sua politica di prezzi. Un buon Taurasi non può costare, a mio parere, più di una decina euro, un ottimo Taurasi dovrebbe fermarsi a 15, le eccellenze non superare i 20. Un Aglianico lavorare da gregario e viaggiare tra i 5 e i 10 euro. Tutto questo lo dico sicuro di suscitare più di qualche malumore tra i produttori ma se la denominazione vuole continuare ad avere una sua ragione d’esistere deve fare i conti anche con il suo “reale” valore qualitativo confrontandosi con quello che offre il mercato, italiano ed estero.
Entrando più nel dettaglio dei vini degustati mi sono voluto divertire a segnale quei vini che hanno, comunque, catturato la mia attenzione per i motivi più disparati. Ho deciso di procedere per l’occasione creando una serie di categorie immediatamente comprensibili al lettore e proporre per ognuna le mie personalissime nomination. Tutto ciò in attesa di leggere i miei colleghi, certo che non mi troverranno d’accordo su tutto e con la probabile certezza che avrò preso più di qualche cantonata. Anche questo fa parte del gioco.
I Migliori Taurasi 2008:
Le conferme (in ordine di mio gradimento): Nero Ne’ Il Cancelliere/ Radici Mastroberardino / Pietracupa / Polyphemo Luigi Tecce
Gli outsider: Di Prisco / Alta Valle Castelfranci / Antico Castello
Promossi con riserva: Quattro Confini Benito Ferrara / Primum Guastaferro/ Principe Lagonessa Amarano/ San Paolo/ Santavara La Molara
Altre annate alla riscossa: Terzo Tratto 2007 I Favati / Taurasi 2007 Perillo/ Taurasi 2007 Montesole/ Bosco Faiano 2006 I Capitani/ Riserva 2006
Di Meo.
Cru e selezioni: Piano di Montevergine 2006 Feudi di San Gregorio/ Fatica Contadina 2007 Terredora.
Il Fuoriclasse: Vigne d’Alto Taurasi Riserva 2007 Contrade di Taurasi.
Un naso entusiasmante per complessità, mineralità, finezza ed eleganza. L’altro cru “Coste” sembra, invece, avere una marcia in più al palato. Ed allora quasi mi verrebbe voglia di chiedere perchè seguire la strada della vinificazione separata e non ricorrere al solito collaudato blend?! Ai posteri l’ardua sentenza.
Non solo Taurasi: i migliori Aglianico (2010/2009/2008/2007)
Re di More 2010 Mastroberardino: ecco come dovrebbe essere un’interpretazione “disincantata” dell’aglianico. Qualcuno mi obbietterà sostituendo al termine da me utilizzato quello di una versione più “addomesticata”. Ma se si vuole uscire con un aglianico ad un anno e mezzo dalla vendemmi questa è, secondo me, l’unica strada. Smussare i tannini, contenere l’acidità e puntare tutto sulla maturità e piacevolezza del frutto. Un’altra scommessa vinta da Piero Mastroberardino.
Le Fole 2009 & Clow Enologue di Cantina Giardino /Satyricon 2009 Luigi Tecce. Questi tre aglianico al di là del diverso millesimo d’appartenenza sono sicuramente una spanna sopra tutti gli altri degustati. Più importanti e strutturati potrebbero, tranquillamente, competere e spuntarla a mani basse con molti Taurasi.
Alla severità della Docg contrappongono, pur conservandneo serietà di impostazione, la piacevolezza istintiva della beva. Sono anche tra i pochi “Vins di Vigneron” della denominazione, cioà tra le poche cantine in cui proprietà ed enologo coincidono. In zona, ma a dirla tutta, sono pochi enologi ad operare in molte cantine ed è questo che potrebbe essere tra gli indizi più accreditabili per spiegare l’esecuzione meticolosa ma la mancanza di personalità e carattere di molte etichette.
Irpinia Campi Taurasini: Di Prisco 2009/ Carazita’09 Tenuta Ponte/ Rasott’08 Boccella/ Guaglione’09 I Capitani/ Pezze de’Preti’07 Vigna Villae
Questi quattro aglianico rappresentano le seconde linee. Tra questi potete trovare vini più pronti e talvolta dal prezzo interessante. Insomma più accessibili sia al palato che al portafoglio.
Infine diamo i numeri…
Punteggio più alto: 91/100 Vigne d’Alto Contrade di Taurasi.
Media punteggio degustazione: 87/100
Media punteggio Taurasi 2008: 85/100