Il tema fa discutere e divide, tra apocalittici e integrati, per citare Umberto Eco. Tra chi non li utilizzerebbe mai e chi ha una visione ottimistica sull’argomento. Eppure, per il gruppo degli Svitati non ci sono dubbi: il tappo a vite è il futuro. Il gruppo di produttori di vino, che ha creato il club dal nome goliardico, è stato protagonista all’apertura del Vinitaly di una masterclass organizzata in collaborazione con Cronache di Gusto e con Guala Closurers, azienda leader della produzione di tappi a vite e che da qualche tempo sta dedicando grande attenzione al mondo del vino. Al momento sono sei le cantine sparse per l’Italia che credono molto in questa chiusura che strizza l’occhio ai nuovi trend di consumo. “Ed è solo l’inizio”, dicono gli Svitati.
“Il mondo sta evolvendo e sta ragionando col tappo a vite e lo accetta. Perché l’uomo no? Non abbiamo più tempo da perdere – dice Walter Massa – Oggi chi va a cavallo? Il cavallo sta al sughero come la macchina sta al tappo a vite. Il mondo del vino ci sta credendo. Ed ora è arrivata anche la Borgogna. Il vino poi crea amicizia, lega. Siamo tutti ragazzi degli anni ’50 e siamo obbligati a rimanere giovani”. Decisivo anche Graziano Prà: “Ho fatto una scelta radicale in cantina. Non circolano più cavatappi. Ero stufo di assaggiare vini da buttare dopo qualche anno. La chiusura a vite l’ho scoperta per la prima volta negli Stati Uniti negli anni Duemila. Un produttore neozelandese aveva sdoganato i vini di qualità col tappo a vite. La leggerissima ossidazione, presente nel tappo a vite, ti permette di assaporarlo in tutte le sue fasi, nel tempo, senza incorrere in rischi”. “Abbiamo 33 stabilimenti e produciamo 18 miliardi di chiusure, questo ci rende autorevoli per affiancare il mondo del vino – dice Emanuele Sansone, direttore generale Business Unit Italia di Guala Closures -. Siamo un’azienda sostenibile da ancor prima che il concetto divenisse di moda. Il tappo a vite è l’elisir di lunga vita per i vini e abbiamo l’obbligo di scardinare l’idea polverosa secondo cui non possa andar bene per vini da lungo affinamento. Il tappo a vite non è cheap. Costa poco sì, ma ciò non determina il suo valore. Ed è sostenibile”.
La masterclass è condotta dal giornalista Daniele Cernilli. “Interi Paesi stanno utilizzando esclusivamente i tappi a vite. In Nuova Zelanda e anche in Australia si va in questa direzione”. Precisa Massa, anticipando futuri attacchi: “I vini col tappo a vite non sono vini imbalsamati. Ma il vino deve essere pulito, sapere di buono”. Chiude Cernilli prima di passare alla degustazione: “Sperimentiamo. Non demonizziamo per partito preso”