A Lissone, in provincia di Monza Brianza, in una normale serata di servizio al Dù Cesari, il noto ristorante dello chef Danilo Pelliccia, va in scena “pane, olio e fantasia” il format di Gianluigi Paragone. Il tema è quello della “modernità”: quante cose abbiamo perso della nostra identità per rincorrere ad ogni costo la modernità? È un po’ questa la domanda pretestuosa che fa da cornice a tutta la riflessione. E le nonne? Quelle che ci vedevano sciupati, sempre, pronte a consegnarci un surplus di cibo da portarci a casa, chi se le dimentica. Ecco così che nel corso della cena inizia il monologo. Una riflessione che ha coinvolto e appassionato tutti i commensali, una carrellata di ricordi, “ma la modernità avrà mai il sapore del nostro tempo?”. Mentre in tavola venivano serviti: una bruschetta con porchetta, cicoria e parmigiano – pane rigorosamente fatto in casa dallo chef Pelliccia -, una carbonara opulenta. E dulcis in fundo, mentre si discuteva sulla dizione dell’arancino o arancina, omaggio alle origini siciliane del nostro Gianluigi, ecco che lo chef Pelliccia porta in tavola la variante romana “magnate ‘sto supplí”. Immancabili, come sempre ai Dù Cesari – che sia Lissone o Torino – i vini della Tognazza. Tra gli ospiti Luciana delle Donne Ceo del Social Brand Made in Carcere che sottolinea: ”L’ innovazione parte dal buon senso e in questo monologo si riscopre il buon senso. Un viaggio a ritroso tra i ricordi d’infanzia, una riscoperta e un’attenzione per la cura delle relazioni e delle tradizioni. Gianluigi riesce a far rivivere questi ricordi suscitando grande emozione.” Un “teatro diffuso”, connesso con il mondo, un progetto coraggioso. Del resto il coraggio è la cifra identitaria di Gianluigi Paragone.
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