In un mondo in cui le preoccupazioni per la salute pubblica sono sempre più presenti, il dibattito sul consumo di alcol e, in particolare, di vino, si fa sempre più acceso. Il crescente livello di consapevolezza riguardo ai rischi associati al consumo eccessivo di alcol sembra aver portato a ciò che potrebbe essere considerato un fenomeno contemporaneo di “proibizionismo”, mettendo così in discussione le pratiche standard del mondo del vino e facendo riflettere i produttori sulle loro strategie di marketing e comunicazione, come risposta alle limitazioni.
Questo il focus della conferenza tenutosi al Vinitaly dal titolo “Neo-proibizionismo e cosa l’industria del vino può fare al riguardo”, che ha coinvolto esperti del settore, tra cui Felicity Carter, giornalista e ricercatrice, che ha moderato la conferenza; Amy Gross, presidente di Women Wine Sense; Susan Kostrzewa, fondatrice di Resplendent Ink Content Consulting; Gino Colangelo, fondatore di Colangelo & Partners, tra le più importanti agenzie di comunicazione sul vino di New York – i quali hanno analizzato i cambiamenti in corso e le possibili risposte dell’industria.
La giornalista e ricercatrice Felicity Carter ha evidenziato l’incremento del neo-proibizionismo attraverso una serie di studi e ricerche effettuate, tra cui le segnalazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Who) e del Jama Network, che sottolineano i rischi per la salute derivanti dal consumo di alcol. E ancora Gino Colangelo – che insieme alla società di ricerche Wine Opinion ha lanciato un sondaggio che indaga i sentimenti e le nuove prospettive dei consumatori di alcol (ne abbiamo parlato qui>) – che ha delineato alcune delle misure pratiche proposte dai sostenitori del neo-proibizionismo nel settore, come la separazione strutturale, all’interno dei punti vendita, delle aree dedicate agli alcolici, e l’apposizione di specifiche etichette sugli effetti nocivi della bevanda sulla salute. Anche se queste misure non sono ancora state adottate su larga scala, rappresentano comunque una potenziale e concreta evoluzione normativa nel settore e una minaccia per il mercato del vino. La conferenza ha evidenziato infatti alcuni sviluppi recenti a livello internazionale che riflettono l’incremento delle restrizioni sul consumo di alcol. Il Canada, per citare un esempio, ha recentemente ridotto le sue linee guida alimentari limitando il consumo di alcol a due bicchieri a settimana, e anche gli Stati Uniti, le cui linee guida prevedono attualmente due bicchieri al giorno per gli uomini e di uno per le donne, stanno valutando modifiche simili che dovrebbero entrare in vigore nel 2025, su decisione dell’Usda (Dipartimento Federale dell’Agricoltura). In Europa, l’Irlanda ha introdotto requisiti di etichettatura che equiparano il vino al tabacco, e il consumo complessivo di vino risulta essere di conseguenza in calo.
In questo scenario, risulta fondamentale per contrastare tale fenomeno, partire dagli atteggiamenti dei giovani, in particolare della Gen Z e dei Millennials, nei confronti del vino, dell’alcol e della salute, nonché puntare su corrette strategie di comunicazione. Uno dei punti centrali emersi dalla discussione, infatti, è stato il ruolo cruciale che la comunicazione può avere nel contrastare il neo-proibizionismo e nel promuovere una visione corretta ed equilibrata del consumo di vino. “Dobbiamo pensare a ciò che i consumatori vogliono e il modo in cui noi possiamo darglielo – ribadisce Amy Gross – Bisogna cambiare la narrativa, parlare delle sensazioni che il vino ci regala, dei territori, dell’abbinamento vino-cibo, delle storie reali dei produttori che hanno a cuore il pianeta, tralasciando qualsiasi riferimento agli effetti sulla salute, non di nostra competenza e che rischierebbero di acutizzare le discussioni sull’argomento”. Linguaggio accessibile e inclusivo e attenzione al legame tra il vino e la cultura, la tradizione e la sostenibilità sono quindi le parole chiave per attirare l’attenzione delle nuove generazioni. Il neo-proibizionismo rappresenta una sfida significativa per l’industria vitivinicola, ma offre anche opportunità per l’innovazione e il cambiamento. “Dobbiamo essere intrepidi – sostiene Susan Kostrzewa – trovare nuove personalità da mettere in risalto nella comunicazione, a differenti livelli, che non corrispondono soltanto con il produttore o il proprietario, ma possono anche essere l’operaio che lavora in vigna o un impiegato appena entrato in azienda che ha una storia interessante e prospettive sul comparto vinicolo”.
Cosa può, infine, fare la differenza? La collaborazione tra le aziende del settore nel comunicare e promuovere il vino e le esperienze ad esso collegate.