Teranga, nella lingua dei Wolof del Senegal, definisce ciò che si offre all’ospite e che, con un gesto di reciprocità, impegna quest’ultimo a ricambiare. È ispirandosi a questo principio che, mercoledì 30 agosto, Giardini del Massimo, ristorante all’interno del teatro lirico di Palermo, sarà il palcoscenico speciale di una cena a quattro mani firmata dallo chef di casa Gianvito Gaglio insieme a Mareme Cissé, collega senegalese del ristorante Ginger di Agrigento – gestito dalla cooperativa sociale Al Kharub – che nei giorni scorsi è stata sfortunata protagonista di un episodio di razzismo. In un viaggio attorno al Mediterraneo, gli chef propongono ai sessanta fortunati commensali un percorso che parte dal cocktail di benvenuto, il Bissap Mediterraneo (bevanda tipica del Senegal), per proseguire con le entrées a base di Tartellettes di fichi, caprino erborinato di girgentana e miele della Valle dei Templi proposto da chef Cissé e Arancina di Mafè di chef Gaglio. L’antipasto è Alalunga, tenerumi, arachidi e zenzero del resident dei Giardini del Massimo, mentre i primi sono il Mariste, un couscous con gambero rosso di Mazara del Vallo marinato e lime su crema di kiwi e rucola, elaborato da Mareme Cissé e lo Gnocco di Thieboudienne di Gianvito Gaglio. Chiudono il menù due piatti della chef senegalese: Filetto di sgombro marinato e cotto in sottovuoto con verdure al vapore e cipolla Paglina di Castrofilippo caramellata e lo Sherbet di pera e Nero d’Avola.
A sottolineare ulteriormente il legame con il territorio e le sue primizie, l’impiego di ingredienti provenienti da presidi Slow Food. Il ricavato della serata, con offerta libera a partire da 80 euro, sarà interamente devoluto alla Missione Speranza e Carità di Palermo, dedicata alla memoria di Biagio Conte. Fra i partecipanti il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, quello di Agrigento, Francesco Micciché e il sovrintendente del Teatro Massimo, Marco Betta.
“Ogni persona che lascia il proprio Paese – dice la chef Mareme Cissé – che sia la Sicilia, il Senegal o qualsiasi altro, porta con sé la propria cultura, saperi e storie che finiscono inevitabilmente per arricchire la nazione ospitante. È sempre stato così. Far parte di una comunità significa per me questo: condivisione, scambio e rispetto reciproco, per costruire insieme progetti e idee nuove e di valore. In sintesi, per creare bellezza”. “Il cibo rappresenta un ponte tra noi e l’altro – aggiunge Gianvito Gaglio – poiché la condivisione del cibo mette in comunicazione le persone e le rende membri della stessa comunità, parti di una stessa cultura. Ed è così che l’alimentazione diventa linguaggio utile per abbattere barriere ideologiche, etniche, politiche e sociali; uno dei mezzi più utilizzati per entrare in contatto e conoscere altre realtà, per mescolare civiltà, per tentare la via dell’interculturalismo”.