Partono dalla Franciacorta le celebrazioni del centenario dell’Oiv – Organizzazione internazionale della vigna e del vino che, dopo la tappa bresciana del 12 aprile e veronese al Vinitaly il 13, si concluderanno a ottobre a Digione con il 45° congresso mondiale della vigna e del vino, il “congresso del centenario”. Per la prima volta si tiene in Italia un “wine ministerial meeting”, nel quale i 31 partecipanti (30 Paesi più l’Oiv) dall’11 al 13 aprile faranno il punto sulle prospettive del vino a livello mondiale. Ricerca, cambiamenti climatici, tecnologie evolute avanzate per colture più resistenti ma anche sostenibilità economica, reddito degli agricoltori, manutenzione dell’ambiente, valorizzazione della qualità più che quantità: sono solo alcuni dei temi che verranno trattati, essendo l’Oiv un’organizzazione basata sulla scienza, fondata cento anni fa da Italia, Francia, Spagna, Grecia e Portogallo.
Franciacorta terra esemplare di come, in pochi anni, siano stati capaci di unire produzione, promozione e cura del territorio, scenario di un evento che è momento di bilancio di un secolo occasione di una visione, in questo 2024 anno internazionale della vite e del vino. All’orizzonte e sempre più vicine le preoccupazioni riguardo all’evoluzione di un nuovo modello che mette in discussione il vino a causa dei cambiamenti della percezione che se ne ha: “Il mondo ha bisogno di essere rassicurato – osserva il presidente Oiv Luigi Moio, in 100 anni terzo italiano alla guida – e lo spazio culturale che questa bevanda occupa da millenni va trasmesso alle nuove generazioni, che ne stanno smarrendo il valore. Il vino è inoltre il risultato di un atto agricolo la cui importanza è ora evidente negli sconvolgimenti climatici”.
È una “lotta ideologica”, come la definisce Giorgio Calabrese, quella in corso: “Quando parliamo di alimenti – e il vino è un alimento liquido come il latte o l’olio – non ci preoccupiamo di quante volte li mangiamo: riguardo al vino siamo addirittura arrivati a definire non la minima ma la massima quantità consentita. Si è tutto spostato sull’elemento alcolico”. E solo su quello, senza considerare i modelli virtuosi. Le indicazioni Oms sono dirette ai Paesi che non producono vino ma superalcolici, o bevono birra al posto dell’acqua, ma “il vino è un traino che porta in metabolizzazione e fa scattare gli antiossidanti, grazie a 4 gruppi di enzimi. In un fisico sano con un fegato maturo – un processo che si completa tra i 16 e i 18 anni – arreca benessere”. Non solo apportatore di benessere e presidio di biodiversità ma anche settore apripista di business: diversi studi affermano che, quando il vino entra in un nuovo mercato, nei due anni successivi segue tutto l’agroalimentare. Il ruolo centrale del Belpaese nel comparto mondiale si gioca in termini sì di volumi, ma soprattutto di valore. L’Italia si identifica infatti – e viene riconosciuta tale – nei prodotti non di massa ma in quelli di valore, il Made in Italy è per tutti l’alto di gamma. “Ovviamente anche vini di diversa fascia, che hanno il merito di andare all’estero. Il fatturato export (8 miliardi) ha ceduto meno rispetto ai nostri concorrenti: la prima destinazione per le nostre esportazioni, gli Stati Uniti, mostra segnali di crisi ma il volume precedente tiene pur con una composizione variata. Germania e Balcani tengono e l’Africa risulta importante”: è il commento di Matteo Zoppas, che presiede Ice Agenzia, per cui l’iniziativa particolarmente a valore aggiunto è Vinitaly Usa, ospitata a Chicago, e la creazione di un polo fieristico.
I road show di Veronafiere nei mesi passati hanno coinvolto 15 Paesi, per promuovere Vinitaly e i vini tricolori e ora con Ice Agenzia si portano i buyer direttamente nel quartiere fieristico: 1.200 da 65 Paesi – il 20% di operatori in più rispetto al 2023 – sono quelli che visiteranno la fiera, sempre più orientata al business e all’internazionalizzazione. Federico Bricolo, presidente di Veronafiere, riconosce anche l’importanza di portare al Vinitaly, in occasione di Opera Wine di Wine Spectator, i 14 ministri, i sottosegretari e gli ambasciatori che rappresentano le 28 nazioni produttrici. Quest’anno Veronafiere si impegna inoltre ad “accendere un faro sul vino per far comprendere il valore economico ma anche sociale del vino. Il Papa stesso lo scorso gennaio, quando ci ha ricevuto, ha sottolineato come il vino sia un dono di Dio che porta gioia e che sta a noi gestire nel migliore dei modi. Avvertiamo più che mai questa responsabilità”. E il ministro Francesco Lollobrigida avverte il dovere istituzionale di raccontare le realtà italiane, secondo una “diplomazia del vino” che si aggancia al diritto dei cittadini di scegliere cosa mangiare e, all’estero, l’ingresso in nuovi mercati smettendo di guardare alla concorrenza interna. L’Italia è all’avanguardia in quanto a salvaguardia della natura e a produzione sicura per arginare i fenomeni di abuso: “Il vino è anche alcol, non solo alcol. Siamo la nazione più sicura, con più controlli, che genera la sensazione di qualità nel mondo. Non raccogliamo sfide sul piano quantitativo ma su quello qualitativo le vinciamo tutte”. È la prima volta che un numero così elevato di Paesi andrà al Vinitaly, e il padiglione ministeriale sarà sdoppiato: uno stand sarà utilizzato per il dibattito e uno sarà interamente dedicato alla cultura del vino, con focus su storia e innovazione, come avvenuto lo scorso anno con i capolavori esposti di Guido Reni e Caravaggio. Stavolta, alcune opere provengono dal museo del vino di Torgiano, della famiglia Lungarotti, che racconta questo prodotto dall’antico Egitto a oggi. E in una camera multimediale si potrà esplorare il vino secondo le tre prospettive di natura, con i suoi disegni d’artista; geologia, senza la quale oggi non avremmo terreni così generosi; degustazione, con i sentori olfattivi e di gusto ma anche emotivi.