Non solo campioni sulle due ruote, paesaggi e borghi, architetture naturali o urbane: protagoniste del Giro d’Italia sono state anche la carbonara e la pizza alla diavola, piatti amati dal vincitore assoluto, lo sloveno Tadej Pogačar (maglia rosa, Uae Team Emirates, e da Antonio Tiberi (nella top 5 con la maglia bianca, Bahrain Victorious). Quella che era solo una domanda sui piatti preferiti, rivolta loro nel corso dell’incontro romano ospitato da Eataly, top sponsor della maglia bianca, si è tramutata in un gustoso intermezzo quando il Group Ceo Andrea Cipolloni ha fatto preparare pasta e pizza da offrire ai campioni, in una delle poche giornate nelle quali è consentito chiudere un occhio sul cibo. Eataly infatti ha accompagnato il Giro d’Italia, in questa 107esima edizione particolarmente dedicata al Made in Italy, con un racconto dei territori e della cultura del cibo, tematica che ci fa amare e, ammettiamolo, anche un po’ invidiare in tutto il mondo. E sulla maglia bianca, destinata al miglior ciclista under 26, oltre al logo Eataly campeggia la candidatura della cucina italiana a patrimonio Unesco.
Il Giro d’Italia è infatti anche giro enogastronomico, racconto dei territori percorsi e delle eccellenze tipiche: inevitabile quindi legare il brand Eataly a concetti quali sport, importanza dell’alimentazione, bellezza dei territori – spettacolare l’arrivo sulla passeggiata archeologica del Colosseo – in un evento che è il “grande evento” ciclistico, seguito in tutto il mondo. 21 le tappe, 21 le video-ricette consultabili online, preparate e spiegate dagli chef di Eataly, per un percorso attraverso la cucina italiana, fattore di attrazione duraturo e mai deludente. Carboidrati esaltati nella giusta misura e non demonizzati (lo slogan “no carbs” per ciclisti e nei corridoi di Eataly non trova molto seguito) anzi, negli Stati Uniti, durante le Icons of Eataly – un programma di piatti, lezioni ed eventi – i piatti più richiesti sono i primi della tradizione italiana, in particolar modo romana, racconta Andrea Cipolloni: “La cacio e pepe è la pasta più famosa nei nostri punti vendita, come anche la carbonara. Rilevante quindi riscoprire la territorialità portandola ovunque, perché nel passato si aveva la territorialità, ma solo sul territorio, mentre oggi i piatti tipici sono replicati nella ricetta originale in tutti gli Stati Uniti”.
Con il 70% del fatturato proveniente dall’estero, non è un segreto l’importanza di quel mercato per il Gruppo. L’espansione va avanti, guardando ad est, con l’intenzione di sviluppare ulteriormente Stati Uniti e Middle East, guardando anche alla Cina. Nord America è obiettivo principale quindi con Philadelphia, Miami, due store nel New Jersey; in Asia invece (Eataly è già presente in Giappone e Corea del Sud), il prossimo traguardo è il ristorante del Padiglione Italia all’Expo 2025 Osaka in attesa di ulteriori progetti a compimento nel 2026. Ma se il futuro di Eataly passa per l’internazionalizzazione, in Italia la serata di fine Giro ritrova le tradizioni locali, con la netta predominanza dei prodotti laziali, a omaggiare la città di Roma e l’origine ciociara di Tiberi, unite sotto il cappello regionale con una proposta che spazia dai fritti tipici (i supplì cacio e pepe la quintessenza della romanità), alla porchetta di Ariccia igp di Egidio Cioli realizzata con una ricetta tipica del territorio dei Castelli Romani, ai prodotti lattiero-caseari di Bufaly, provenienti dagli allevamenti di bufala nelle campagne romane, insieme ad una selezione di salumi e i formaggi tra cui la corallina romana artigianale e il pecorino romano dop, fino ai dolci di giovani laboratori di pasticceria, come i maritozzi di Ioli e Matteucci che nell’innovazione, da un punto di partenza classico, scardinano un po’ anche le ricette tipiche romane (al pistacchio il maritozzo più amato dagli stranieri).
Tra le specialità fuori regione, le “fusillaie” del Premiato Pastificio Afeltra di Gragnano (anche produttori private label Eataly) hanno realizzato in diretta i fusilli freschi presentati nella versione corta, con tartufo nero. Il prosciutto toscano dop di Falaschi tagliato al momento, il salame al Montepulciano d’Abruzzo, la ventricina, le patate di Avezzano cotte a vapore con la buccia, spezzate a mano e poi fritte hanno completato l’offerta. Molti di essi sono presenti con un punto vendita ad Eataly Ostiense che, nella filosofia aziendale, nella selezione dei corner racconta non solo un prodotto ma anche ingredienti e filiera, anche ai 400 mila alunni all’anno nelle scuole Eataly che, pur varcando i confini nazionali, prepara le stesse ricette con gli stessi ingredienti per l’80% dei prodotti dovunque nel mondo, secondo una filosofia “quasi anti-economica: converrebbe adeguarsi a quello che si trova, invece c’è massima enfasi sul nostro dna”, specifica l’amministratore delegato, che a proposito dei negozi italiani parla invece della necessaria esigenza di rinnovo: “Abbiamo ristrutturato Genova e ora Milano Smeraldo e Roma; le aperture a Roma Termini, Orio al Serio, Dorno (autostrada A7 Milano Genova) sono stati un successo; più che altro adesso sugli storici dobbiamo ristrutturare, come tutti i brand c’è bisogno di una continua innovazione”.
Un giro d’Italia che, dalla nascita a Monticello d’Alba nei primi anni Duemila, è divenuto un giro del mondo, per arrivare a un traguardo come la sponsorizzazione della maglia bianca – poco più di 20 giorni di corsa, in volata e verso lo sprint finale, giusto il tempo di ammirare bravura e semplicità di Antonio Tiberi che dichiara che il piatto preferito della sua terra sono i cannelloni al ragù della nonna, e poi via per nuovi progetti.