Friuli Colli Orientali Doc “Myò” 2019 – ZorzettiG
“La missione di questo vino è trasmettere la sua carta di identità” precisa Gorelli, con quella volontà e velleità del produttore di non far perdere nella memoria dell’oblio un vitigno autoctono così raro come il Refosco del Peduncolo. E allora senza vedere né sentire è un tannino vibrante e pungente che prende il sopravvento imponendosi in un palato che nel mentre si pervade di freschezza e energia.
Tintilia del Molise Doc “Tintilia in Anfora” 2021 – Catabbo
“Un vitigno in via di estinzione a causa della sua bassa produttività”, era un destino triste quasi segnato, allora, quello della Tintilia del Molise. Eppure, aziende come Catabbo si sono dimostrate più forti della sopravvivenza della specie producendo ancora vini autentici e tipicamente territoriali. Ed è allora proprio di questa terra la ruvidità di un tannino ricco di polifenoli, ma la cui aggressività è ben stemperata da un fare attento e delicato in vinificazione.
Cannonau di Sardegna Doc “Ghirada Fittiloghe” – Vikevike 2021
“Simone Sedilesu, insieme a tutti gli altri produttori della Barbagia riuniti nell’associazione Mamojà, sono stati pionieri per un nuovo stile del Cannonau”, e non un caso che quel carattere scostante tipico del vitigno sardo nel calice invece, oggi assume una tessitura vibrante ed energica, che gratta la lingua lasciando spazio a frutto e sapidità sul finale. Gorelli ricorda anche l’importanza dell’età dei vigneti oltre che la sensibilità dei produttori di Mamojada con il loro lavoro.
Taurasi Docg Riserva “Stilema” 2017 – Mastroberardino
“Dici Aglianico e dici tannico” e se gli stereotipi sono lunghi a morire Gorelli rovescia i dogmi tannici con un calice connotato di “untuosità, cioè di quella sua capacità di rivestire completamente il palato senza essere però abrasivo”. Il tannino si mostra, infatti, energico e fine al pari. “un calice di montagna piuttosto che di mare. E’ il futuro dell’Irpinia è in vini come questo che dimostrano quanto l’aglianico possa essere educato, offrendo eleganza e potenza all’unisono”.
Brunello di Montalcino Docg 2019- Biondi Santi
“Sono nato con l’idea che Biondi Santi fosse il tempio dell’enologia italiana” gioca in casa Gorelli, nativo di Montalcino, e proponendo di inclinare un po’ la testa durante la degustazione offre la possibilità di avvertire una struttura fatta di tannini delicati, fini e numerosi in un palato che non smette di salivare. “Un ricamo squisito”.
Valtellina Superiore Docg Riserva “Rocce Rosse” 2016 – Ar.pe.pe
Il nebbiolo lombardo, la chiavennasca, dove tutto è un “minus” rispetto al suo cugino piemontese: meno polifenoli, meno antociani, meno struttura. “Delizia” vale una parola per Gorelli per esprimere quell’insieme ben integrato tra la dolcezza del frutto e una matrice tannica iper-definita che raggiunge picchi di eleganza nel suo finale. “E’ soprattutto la macerazione prolungata a conferire questi tannini più morbidi”.
Etna Rosso Doc “Arcuria” 2021 – Graci
Un’annata perfetta sulla Muntagna che sa esprimere anche la tenacia e la potenza impressa in maniera quasi indelebile in una contrada come Arcuria. “Un Nerello Mascalese molto rugoso, si sente quasi la cenere del vulcano” con il carattere del vino che incorpora anche quello della sua terra. “Questa è una tipica degustazione geo-sensoriale dove il senso di mineralità si esprime in maniera quasi semantica”.
Nizza Docg Riserva “Bauda” 2016 – Tenuta Olim Bauda
“Qui è il territorio che supera il vitigno”, ricordando come la Barbera del Nizza Monferrato assuma connotazioni proprie ed identitarie per uno dei vitigni che in Italia fino a un ventennio fa era stato impiantato praticamente in quasi tutte le Regioni. Eppure, qui, in questa zona del Piemonte “è da considerarsi come un ossimoro: potenza e delicatezza in uno” con un’acidità notevole mentre una trama tannica quasi perfora il palato. “Un tannino adesivo”.
Conero Rossini 2019 – Piantate Lunghe
“Untuosità” questo l’aggettivo che Gorelli utilizza prendendo in prestito le parole descritte de “La dégustation géo-sensorielle” scritto da Jacky Rigaux che, come Gorelli oggi, così ricordava lei nelle sue pagine il ruolo primario da attribuire a “le toucher de bouche” in una degustazione. E così in questa zona delle Marche, a poca distanza dal mare, la fermezza del tannino del Montepulciano esprime appieno la sua territorialità in un carattere minerale e salato tale da generare “una tensione quasi elettrica nel palato”.
Montefalco Sagrantino Docg “Campo alla Cerqua” 2020 – Tabarrini
Se esiste una punteggiatura nella grammatica del Tannino, il Sagrantino di Montefalco sicuramente mantiene l’intera ritmica. Vitigno da sempre considerato ostico per quella sua struttura tannica quasi aggrappante e che Gorelli descrive nel calice di uno dei produttori più rappresentativi del territorio, come Giampaolo Tabarrini, “in una forma ad imbuto che dapprima si amplifica nel palato per poi asciugarsi. Abrasivo, ma non adesivo” con un’intensità quasi stratificata che nei vari livelli sa parlare anche della densità del suolo di quella terra.
Amarone della Valpolicella Classico Docg 2019 – Zenato
“Polposo, con un calice che dà la possibilità di capire quanto questo vino sia masticabile” dovuto, forse, principalmente alla maggiore presenta della Corvina responsabile di struttura e anche della longevità del vino. Il tutto in una dinamicità di beva grazie a “tannini dolciastri che sanno arrivare anche a un carattere salato”.
Salento Igt “Primitivo Old Vines” 2020 – Morella
“Naturalmente è un primitivo” ricordando, in questo modo il carattere anticipatorio di questo vitigno nella sua maturazione. Spesso, allora, ostile, a volte “heavy” nelle sue bevute giovanili, ma in grado di assumere vesti diametralmente opposte “quando si tratta di vecchie viti, quelle più consolidate al suolo, in grado da subito di esprimere la qualità poi nei vini”. La capacità sta, allora nell’assecondare, affidandosi al giusto tempo per arrivare poi a un calice di perfetto equilibrio che sa esprimere la sua vera personalità tannica fatta di “persistenza, risonanza e riverbero“.