Nel Trentino orientale, attraversata dal torrente Avisio, si trova la Val di Cembra, confinante con l’Alto Adige e con la Val di Fiemme. Una Valle ricca di biodiversità e di luoghi di interesse naturalistico, dove il porfido e il concetto di verticalità sono parole caratterizzanti di questi luoghi.
Ed è proprio dal tema della Montagna e della Verticalità, che prende vita la prima edizione di “Dolo-Vini-Miti, il festival dei vini verticali”, la rassegna enogastronomica dedicata ai vini d’alta quota e ai prodotti di montagna attraverso dieci giorni di attività e di incontri che hanno fatto conoscere da vicino diversi aspetti di queste valli. Una manifestazione che nasce dalla volontà comune di creare un prodotto legato al mondo della verticalità, da intendersi come concetto che riesce a raccontare al meglio non solo il territorio cembrano, ma anche i suoi vini e le vicine Dolomiti.
Elementi che sicuramente definiscono il tratto espressivo dei vini sono le caratteristiche paesaggistiche che troviamo nella Valle di Cembra, con vigneti che vanno dai 235 metri sul livello del mare fino ai quasi mille della parte più alta, circondati da boschi, torrenti e caratterizzati dalle ripide piattaforme porfiriche che disegnano il territorio; non trascurabile la matrice vulcanica di età Paleozoica su cui si sviluppano i terrazzamenti coltivati. Un’occasione che – come ha ricordato più volte Vera Rossi, Presidente dell’Associazione Turistica Val di Cembra, che ha organizzato la manifestazione in collaborazione con ApT Fiemme-Cembra – ha voluto mettere in luce la Val di Cembra e la Val di Fiemme, raccontandole da diverse angolazioni e sfumature, valorizzando le qualità e le caratteristiche dei rispettivi prodotti enogastronomici, creando sinergie sempre più importanti anche tra gli stessi operatori.
La “verticalità” come parola chiave, è stata non solo protagonista di questa esperienza, ma anche dell’affascinante Wine Trekking Gourmet e della tavola rotonda di apertura, dal titolo “Dalla montagna al vino, dal vino alla montagna”, condotta da Massimo Zanichelli. Un incontro che ha visto il coinvolgimento di alcuni produttori del territorio, Nicola Zanotelli di cantina Zanotelli e Moreno Nardin di cantina Corvéee, ma anche di figure legate alla montagna per motivi diversi, come Mauro Leveghi, presidente del Trento Film Festival, Walter Webber, ambasciatore Cervim, e non da ultimo Maurizio Zanolla, conosciuto come Manolo, arrampicatore, alpinista e guida alpina italiana. Tra i diversi interventi è emersa non solo l’importanza della viticoltura di montagna e del suo impatto sul territorio come strumento per la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità, ma anche il forte legame Uomo-Montagna-Vite, oltre al concetto di “Limite”, da vedersi con un occhio positivo, ossia come “limite” che deve essere rispettato e non necessariamente superato.
Nicola Zanotelli di cantina Zanotelli ha portato la sua esperienza di produttore di vino, parlando delle sfide e delle opportunità della viticoltura in montagna e in cosa il lavoro del vignaiolo di montagna è verticale. “Abbiamo finalmente preso coscienza, dopo aver sperimentato tanto, che anche qui si può produrre una viticoltura importante di qualità, soprattutto andando sempre più nella direzione del metodo classico, visto il potenziale di questi luoghi. Quello che noi produttori dobbiamo fare è credere sempre di più nella bellezza di questo territorio e riuscire in tal senso a comunicarlo”. Del resto, verticale è il territorio di produzione della Val di Cembra, fatto di ripidi declivi, suggestivi vigneti secolari coltivati su terrazzamenti di muretti a secco. Da qui Nicola ha sottolineato come oggi il vignaiolo ha uno status sociale molto più importante e ha raccontato come, per almeno due mesi all’anno, assume il duplice ruolo non solo di vignaiolo, ma anche di muratore; un ruolo fondamentale per preservare il paesaggio attraverso la manutenzione dei suoi 708 chilometri di muretti a secco.
E ancora, come ha ricordato Moreno Nardin partendo dal racconto della realtà di Corvèe: “Si tratta di un progetto vitivinicolo nato da alcuni amici poi diventati soci che si radica in Val di Cembra. Il nome lo si prende dalla storia di questo territorio, dai muretti a secco, dalla fatica. La mia idea nel fare un vino è proprio quella di dare espressione a un territorio, quello di Cembra appunto. Per realizzare tutto questo servono degli uomini, ma la melodia è già scritta in quel terroir; la Val di Cembra è unica soprattutto per la sua verticalità, per quei 400 metri di dislivello su cui lavorare. Hai un gradiente di sfumature climatiche e geologiche molto ampie, passando dal porfido a suoli molto più profondi; non basta un vitigno per raccontare il territorio di montagna. Noi abbiamo acquisito la consapevolezza di dover lavorare secondo natura, ossia verificando quale è la natura che ci circonda, cercando di realizzare il nostro racconto della montagna, dal fondovalle all’altezza in cui in ciascuna fascia altimetrica troviamo un capitolo diverso”.
In conclusione, come ha sottolineato Manolo: “La montagna è limite, ma se vogliamo dar futuro dobbiamo porci dei limiti. In montagna a volte per fare un passo avanti ne devi fare due indietro. Capita di aspettare un anno per progredire di qualche centimetro. Parlare di arrampicata in un mondo così frenetico è quasi anacronistico. Il limite lo superi quando non diventa ossessione, diventa qualcosa di cui non ti rendi conto. La montagna del Trentino può essere un laboratorio e può trovare nuovi percorsi di sostenibilità, può insegnarci il senso del limite. Nella cultura alpina il senso del limite è profondamente radicato, non come elemento da superare necessariamente ma da rispettare ed accettare”. Riprendendo ancora le parole di Manolo: “Il vino è quindi poesia, comunicazione socialità e verticale è la possibilità di degustare la longevità di un vino che evolve e si modifica nel tempo esaltando rinnovate sensazioni”. Parole che trovano concretezza nei vini assaggiati durante la manifestazione, in cui si riconosce quel senso di freschezza assimilabile ad una sensazione di slancio verticale.
Piacevole e originale il percorso organizzato per l’occasione, il Wine Trekking Gourmet, un insolito trekking, un modo diverso di vivere e conoscere il territorio; un’idea nata dallo Chef stellato Alessandro Gilmozzi e con la partecipazione dei ristoratori della Val di Fiemme, che vuole valorizzare i prodotti della terra e naturalmente dei vini cembrani. Un percorso ad anello di 5 chilometri fra i vigneti della Val di Cembra, organizzato in tappe enogastronomiche definite, pensate proprio per vivere in prima persona i terrazzamenti coltivati a vite e attraversare i muretti a secco che li sorreggono. In ogni tappa una preparazione e una selezione dei vini delle aziende partecipanti, dalle bollicine di Montagna ai Muller Thurgau, dalla Schiava al Pinot Nero. Su quest’ultimo si è svolto anche un approfondimento presso la cantina Barone a Prato, con tre mini-verticali a confronto, condotte da Raffaele Fischetti. Protagonisti le aziende Cantina Pelz (con le annate 2020, 2018 e 2016), Corvée (con le annate 2018, 2017 e 2016), e Barone a Prato, (con le annate 2017, 2016 e 2004 in magnum).