Viverlo, probabilmente, è il modo più giusto e bello di comprendere il territorio. È con l’esperienza che gli organizzatori del padiglione dell’Emilia Romagna hanno deciso di trasmettere il loro territorio. Un racconto di tradizioni, certo, ma anche di contraddizioni che ha fatto e fa parlare di sé. Siamo stati inviati al privé del ristorante Al Massimo, sede temporanea della celeberrima Osteria Francescana di Massimo Bottura, 3 stelle Michelin, che quest’anno celebra i suoi primi 30 anni di attività, per partecipare a un light lunch. Forse un po’ troppo breve, ma intenso. Elegante e pacata l’accoglienza che non risultava per nulla influenzata dalla frenesia della fiera. Una volta lì siamo entrati in un’atmosfera serena e fuori dal tempo.
Subito ci sono stati dei grissini alle erbe aromatiche dai quali emergeva un leggerissimo ed elegantissimo umami (probabilmente nell’impasto era presente una percentuale di Parmigiano) e del Parmigiano Reggiano a lunga maturazione condito con un aceto balsamico di Modena. Immaginabile il risultato, gusto elegante ma esplosivo, confortevole e infinito. Abbiamo proseguito con un sorprendente primo: la “Rosetta della Domenica” (un omaggio alla convivialità del pranzo della domenica). Una sfoglia verde (omaggio alla tradizione della pasta fresca emiliana-romagnola) che avvolgeva un ripieno di spinaci, bietole e tosone con un’emulsione di erbe selvatiche. La presentazione risultava semplice, ma sconvolgente. In buona sostanza verdure e formaggio stuzzicanti, dal grande gusto e persistenza. Probabilmente è questo il vero modo in cui utilizzare il quinto sapore, l’umami, che tanto ci conforta ma talvolta infastidisce per la sua standardizzazione del gusto; qui è stato sublimato alla sua massima espressività di eleganza e raffinatezza. Azzeccatissimo l’abbinamento con il Lambrusco di Sorbara che “sgrassando” ti rimandava immediatamente al successivo boccone.
La seconda portata era un’esplosione visiva. Non sarebbe sfigurata come copertina di un album dei Pink Floyd. “Psichedelico” è stato da loro definito il cotechino di Modena Igp. Un omaggio alle opere di “spin-painting” dell’artista inglese Damien Hirst: un cotechino ricoperto di carbone vegetale con crema di patate, riduzione di barbabietola rossa, clorofilla, purea di peperone giallo e arancione e aceto balsamico. All’assaggio il cotechino è perfetto, insieme alle riduzioni di verdure. Il piatto è esaltante e stuzzicante, irresistibile. Eccellente l’abbinamento con Concerto di Medici Ermete, un Lambrusco corposo che ha ben retto l’importanza di questa proposta.
In chiusura un’altra icona della tradizione modenese, la zuppa inglese. Interessante l’uso dell’Alchermes per nulla invadente, irresistibile la crema all’uovo, perfettamente bilanciata la spuma di cacao. Esperienza, come detto, breve, ma intensa. Ma che ci fa portare a casa un po’ di Emilia Romagna. E tanta ma tanta voglia di tornare.