L’apertura di Tondo, a Palermo, in un angolo di piazza Ignazio Florio, è recente.
È bastato qualche mese per far partire il veloce passaparola per quella pizza di qualità affidata al pizzaiolo Dario Genova. La pizzeria, con forno a legna, cucina e caffetteria è una meta golosa, accogliente, moderna e chic nel cuore della città. Essenzialità, buon gusto, rosso predominante nei colori e nelle forme tondeggianti delle grandi lampade al soffitto sono le caratteristiche predominanti.
Gentile e professionale il servizio, ma è soprattutto della pizza che vogliamo parlare. Facciamo quindi quattro chiacchiere con il pizzaiolo. Quali segreti si nascondono in un tale consenso? Le ragioni sono semplici. Per Dario occorre tornare all’essenziale, alla passione e all’amore per un lavoro che sempre più spesso si è trasformato in una routine, in cui dominano meccanicità e disinteresse, ma soprattutto disamore. “C’è una differenza tra fare il pizzaiolo ed esserlo”, afferma Dario. L’essenzialità di cui parla Dario è quella che si rifà alla ‘napoletanità’ della pizza per quanto riguarda la quantità di ingredienti e la cottura, alla sicilianità per il ritorno ai grani antichi delle farine e infine all’attenzione dei particolari per mantenere rigore, pulizia e, soprattutto, buon senso. Ecco perché ama definire la sua pizza “fusion”. Poche regole da rispettare per un buon risultato. Il resto nasce poi dall’esperienza e dalla sensibilità del pizzaiolo.
Ma entriamo nel dettaglio con un paio di domande dirette per scoprire le qualità della pizza che si può gustare da Tondo.
Perché la tua pizza è fusion?
“È un incrocio tra Campania e Sicilia. Il tempio della pizza per me è Napoli. La direzione giusta che ha orientato la mia passione l’ho avuta a 23 anni quando per la prima volta sono entrato da Michele, pizzeria di Napoli dal 1870. Da Michele non mangi una pizza, ma respiri e vivi un’esperienza. Puoi scegliere solo margherita o marinara. Poi ti siedi e in pochi secondi hai la pizza davanti ai tuoi occhi. Leggera, croccante, profumata. Non ha bisogno d’altro, e nemmeno tu. Oltre Napoli, c’è la mia terra. Ho cercato di apprendere i segreti della pizza di Michele, poi però ho cominciato a girare la Sicilia per conoscere varianti di pizza e prodotti da forno. Diversamente dal dualismo margherita – marinara, le variabili di un semplice sfincione per noi sono illimitate. Così, apprese anche alcune regole di base della panificazione e della manualità, ho raggiunto il mio ideale di pizza. Oggi lavoro qui un impasto con il 70% di farine provenienti da grani antichi siciliani, il resto è Manitoba, e arrivo ad una lievitazione che si spinge fino alle 48 ore, con utilizzo di lievito madre o con piccole dosi di lievito di birra. Preciso che il lievito madre, se ben fatto, incide positivamente sulla fragranza della pizza, ma non è conditio sine qua non per un buon risultato. Se si usano piccole dosi di lievito di birra, si rispettano i tempi di lievitazione, la pizza resta buona e non cambiano le sue proprietà organolettiche”.
E i condimenti? Quali usare?
“Premesso che amo la semplicità nella pizza, pochi ingredienti ma buoni, sono dell’idea che si debbano preferire i prodotti del territorio, a Km 0, salvo alcune eccezioni. Ci sono prodotti che per me restano insostituibili, come la mozzarella di bufala campana. Poi amo recuperare alcune varianti siciliane di pizza e sfincione a cui aggiungere un tocco personale. Per esempio, qui propongo la rianata con un pesto di prezzemolo e menta, lo sfincione bagherese con la cipolla di Giarratana oppure utilizzo la bottarga al posto dell’acciuga. E per la ricotta, preferisco quella di Gangi”.
Esistono regole precise per arrivare ad una pizza perfetta?
“Poche. L’abc sulla panificazione, la manualità. Poi contano l’impiego di prodotti di qualità ben lavorati per arrivare al buon impasto e il rispetto dei tempi. Ma prima di tutto la passione. Date queste basi, ci sono solo poche regole che ho fatto proprie. La prima riguarda la cottura. Uso un forno a legna. Non va bene secondo alcuni? Sciocchezze. Se hai lavorato ad un buon impasto e hai atteso a lungo la lievitazione, non resta che stenderlo, portarlo con le mani nella pala, di legno e ben pulita, e infornare. A 450° di temperatura, bastano 60/80 secondi di cottura. In questo breve lasso di tempo, c’è tutta la napoletanità della pizza. Solo pochi secondi ed è pronta. Quel bruciacchiato leggero che trovi a tratti nel bordo o nel cornicione, come direbbero a Napoli, è segno di bontà. Tra gli alveoli lasciati dall’aria nella cottura, l’amarognolo del bordo contrasta con la dolcezza dell’impasto e il sapore è perfetto. E poi la regola principe: la cura per l’igiene”.
E il consumatore? Come può riconoscere una buona pizza?
“Vale la regola del triangolo. Una pizza tagliata a triangolo e presa con le mani dal bordo non deve mai stare dritta. Il cuore della pizza deve sembrare una crepe. Il bordo invece deve essere più alto e piano di alveoli o vuoti all’interno. Non resta che invitarvi a provare la pizza di Dario da Tondo. Fragrante, sfiziosa, leggera e di qualità per un’esperienza golosa che se avesse il sound di una canzone potrebbe essere, per Dario, il brano di Ivano Fossati C’è tempo” .
Francesca Landolina
Tondo
Via P.pe di Granatelli, angolo p.zza Ignazio Florio (Palermo)
Tel 091328254