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Dove mangio

Scarto “zero” per creare grandi piatti: missione compiuta ai Tre Cristi da Franco Aliberti

26 Novembre 2019
Chef Chef


(Franco Aliberti)

di Stefania Petrotta

È innegabile che la cucina abbia già da qualche tempo preso un percorso pregno di consapevolezza riguardo all’ambiente, una cucina sempre più incentrata sulla sostenibilità, sul rispetto della materia prima, sulla produzione minima di scarti di preparazione e sulla semplicità. 

Così com’è innegabile che questo percorso, seguito da chef noti fino ad arrivare, oggi per fortuna, anche in molte case, spesso trovi i suoi migliori viaggiatori – perché di viaggio si tratta – nei protagonisti più giovani del mondo della ristorazione. Che la consapevolezza parta dalle menti più “vergini” e poco contaminate fa ben sperare che la strada sarà in futuro sempre più trafficata. A Milano impossibile non parlare di Franco Aliberti e del “Tre Cristi” di cui è chef. Un percorso che Aliberti ha iniziato tanti anni fa, anche grazie ad una moglie che nella vita è una scienziata ambientale, ma che ha sempre perseguito con determinazione e costanza in tutti i luoghi in cui ha lavorato. Nato a Scafati in provincia di Salerno nel 1985, inizia il suo percorso lavorativo a Salsomaggiore nel 2001 e da lì lavora con chef del calibro di Alain Ducasse, Gualtiero Marchesi, Massimiliano Alajmo e Massimo Bottura, solo per citarne alcuni, passando anche dal ristorante di San Patrignano per un progetto di proposta educativa della comunità, una delle esperienze per lui più segnanti.


(La cucina dei Tre Cristi)

Da subito si rende conto della responsabilità che investe chiunque prepari del cibo per altri, in particolare gli chef che hanno maggiore visibilità e da lì inizia a sviluppare il proprio pensiero che culmina nell’apertura del suo ristorante a Riccione, dove finalmente può esprimersi secondo la propria inclinazione. Oggi lo troviamo al “Tre Cristi” di Milano, dov’è arrivato a novembre del 2018, insieme alla sua cucina sostenibile in cui tutti i prodotti sono a basso impatto ambientale. “Parlare di scarto “zero” – racconta – oggi è più facile. Nel 2014 a Riccione spiegarlo era molto più complicato. Poi per fortuna c’è stato l’Expo e da allora è tutto più semplice. Sono convinto che continuando di questo passo l’umanità si estinguerà. Possiamo porvi rimedio? Forse è già tardi o forse no, in ogni caso ognuno di noi è tenuto a provarci. Io vado a prendere le mie verdure a Cernobio dal mio amico Davide Carema. E quello che mi propone, cucino. Ho un menù serale che cambio circa una volta ogni due mesi e un business lunch i cui piatti variano ogni due settimane e sono preparati sfruttando gli scarti del menù principale. In tutti i miei piatti la tradizione contadina è forte, ma non nel senso delle ricette quanto di quello del sentire, del valore che ha la terra per chi la lavora, del fatto che quella legata alla terra è una cultura in cui non si butta via nulla e tutto viene in qualche modo recuperato”. E lo notiamo anche in tutto ciò che ci circonda: dai centro tavola creati su misura utilizzando calchi applicati a prodotti ortofrutticoli, ai giocattoli di latta su cui ci offre il pralinato alla mandorla salata con cui chiudiamo il pranzo. Ma perché proprio Milano? “Milano è una città molto stimolante – spiega – offre tante possibilità. La mia ultima esperienza è stata nella bassa Valtellina dove vivevo in una casa pastorale. Era una vita strettamente legata alla terra, bellissima, ma il messaggio che volevo portare aveva bisogno di una piazza più dinamica. Ecco perché Milano. E poi Milano è attenta alle problematiche riguardanti la sostenibilità, ci sono tanti progetti in corso che partono dall’elettrico fino ad arrivare al recupero delle periferie”.


(Carpaccio di Zucca – Tre Cristi)

E se restassero dei dubbi, arriva il primo piatto a fugarli: il carpaccio di zucca. Sfoglie di zucca cruda marinata in olio, aceto, aglio, sale, zucchero, salsa di soia, senape e wasabi, adagiate su crema di zucca e cosparse di buccia di zucca in polvere e semi caramellati e salati. Insomma, non si butta davvero via nulla e il piatto è squisito.


(Il cibo non mente – Tre Cristi)

Il pensiero dello chef, nel senso letterale del termine, si palesa nel suo piatto icona “Il cibo non mente”. Il supporto è un’opera di Laura Zeni presentato all’ultimo Salone del Mobile e rappresenta il profilo di Aliberti. Un piatto realizzato in un materiale innovativo, il krion, simile tattilmente alla pietra, ma che può essere riciclabile praticamente all’infinito e mantiene il calore per lungo tempo. È su di esso e intorno ad esso che lo chef ha realizzato il suo piatto icona, spaghetti conditi con conserva di pomodoro. Non la classica passata, ma una conserva in cui gli ingredienti preferiti di Aliberti, pomodoro e basilico, trovano la loro massima espressione. Ma è ciò che rappresenta la vera chiave di volta. Il cibo come pensiero, non a caso gli spaghetti occupano il posto dell’amigdala, la zona del cervello che gestisce le emozioni, e da lì arriva alla bocca dove incontra un pezzo di focaccia intinto nel sugo, citazione di uno dei comfort food per eccellenza, quel gesto ancestrale che è la scarpetta: emozione allo stato puro.


(Gnocchetti di tobinambur – Tre Cristi)

Seguono gli gnocchetti di topinambur che ci riportano alla lavorazione di un unico ingrediente. Il tubero viene cotto fino a quando non si sfalda, ricompattato e formato rigorosamente senza aggiunta di farina, ripassato nell’acqua di cottura in cui viene immerso per creare la membrana che lo avvolge. Servito in brodo di topinambur, viene condito con burro di nocciola e nocciole tostate che donano rotondità al palato. Il nostro piatto preferito.    


(Ceci – Tre Cristi)

Ancora un solo ingrediente per l‘interessantissimo Ceci: i ceci vengono fatti fermentare attraverso l’utilizzo di una spora che agisce in 36 ore e li fa agglomerare in guisa di torrone che, a sua volta, viene coppato e ripassato in padella con salsa di soia. Viene servito con crema di ceci e brodo di ceci al rosmarino.    


(Biancostato – Tre Cristi)

Fa invece il verso al fast food, distanziandosene nettamente, il Biancostato. L’ultima parte del costato del manzo a Milano si fa bollito. Qui viene cauterizzato intero su brace e poi cotto in forno per 12 ore a bassa temperatura. Sfilacciato, ricompattato e bagnato col proprio fondo di cottura, farcisce un pan brioche unitamente a bietola e cipolla rossa caramellata. Primo morso estatico, forse alla lunga può risultare un po’ troppo grasso.               


(Predessert – Tre Cristi)

Ottimo il pre dessert, spuma di ricotta, bietole sciroppate, granita al ginepro e liquirizia


(Autunno – Tre Cristi)

e il dessert Autunno: cremoso al cioccolato bianco aromatizzato all’alloro con bon bon di cioccolato ripieno di gelato al topinambur e pane croccante alle noci. 

Ben strutturata la carta dei vini con circa 200 etichette studiate e scelte dalla sommelier, nonché responsabile di sala, Monica Angeli. Impeccabile il servizio in sala di Patrizio Toni, senza dubbio il valore aggiunto al nostro pranzo.

Tre Cristi
via Galileo Galilei, 5 – Milano
t. 02 29062923
Chiuso: sabato a pranzo e la domenica
Ferie: 1-25 agosto, 22 dicembre-8 gennaio
Carte di credito: tutte tranne Diners
Parcheggio: no