di Stefania Petrotta
Tu dici Pizzo & Pizzo ed ecco sopraggiungere l’acquolina in bocca.
Un luogo che a Palermo è rinomato da più di 40 anni, un luogo che è più di una salumeria, più di una bottega, più di un ristorante, più di un’enoteca di ottimo livello perché racchiude tutto questo insieme. Incontriamo Gaetano, terza generazione della famiglia Pizzo, nel loro elegante locale in centro. La gioia di intervistarlo tra prosciutti crudi appesi e profumi di formaggi la potete ben immaginare. Classe 1981, Gaetano ha una formazione eclettica: diploma in pianoforte, maturità scientifica, si iscrive a scienze forestali, ma molla dopo tre anni perché “sono commerciante da sempre. Pensate che adoravo, da bambino, andare in giro con mio nonno che faceva l’ambulante”. Ripercorriamo, dunque, insieme a lui la storia di questo storico riferimento per la qualità enogastronomica, un’azienda familiare a tutti gli effetti, che nasce tale, ma che oggi conta ben 22 dipendenti, compreso il mitico Paolino con loro da 25 anni e primo banconista. E ancora oggi, nonostante la crescita, l’azienda mantiene l’impronta iniziale e i punti cardine in papà Gianni, mamma Tania e nei fratelli Gaetano e Rosy. Tutto nasce nel 1974 in via Perez dalla rivendita di olio del nonno, produttore oleario egli stesso nella zona di Belmonte Mezzagno. Il nonno, venditore ambulante da sempre, comprende da subito la potenzialità dell’attività e piano piano introduce altri prodotti. Poca roba all’inizio: salame, prosciutto cotto, mortadella, primosale e caciocavallo. In breve la rivendita di olio diventa la classica bottega di borgata.
Ma è nel 1980, con l’ingresso negli affari del figlio Gianni, che le cose iniziano a progredire. Gianni ha infatti delle sue idee che vuole portare avanti con determinazione. “Mio padre – racconta Gaetano – è stato una specie di rivoluzionario nel suo campo che ha capito prima degli altri l’importanza di puntare sui piccoli produttori artigianali. Ed è così che, mentre il nonno saggiamente gli cedeva il timone, papà ha iniziato il suo percorso di ricerca. La domenica, giorno di chiusura della salumeria, papà e mamma prendevano l’aereo e andavano in giro per l’Italia, ogni settimana in una località diversa a conoscere, provare, stringere accordi, per ritornare con l’ultimo aereo della sera. Papà è stato un visionario, ma dobbiamo dire che mamma l’ha sempre supportato”. L’attività cresce, non senza grandi difficoltà perché ciò che oggi appare scontato, come parlare di buon cibo e buon vino, di qualità, di dop e affini, di prodotti come il lardo di Colonnata o il salame Felino, in quegli anni non era così diffuso. Occorreva, non solo far conoscere i prodotti “nuovi”, ma spiegarli e, soprattutto, far comprendere che non si trattava di prodotti cari ma di prodotti costosi e che quei costi erano dovuti a materia prima di livello e a tecniche di produzione particolari. Non c’era internet a supporto e tutti i traguardi raggiunti si devono alla caparbietà dei coniugi Pizzo e al passaparola dei clienti che, sempre più numerosi, iniziavano ad arrivare anche dalle altre zone della città.
Arriviamo agli anni Duemila: la curiosità della gente nei confronti del buon cibo va crescendo, sono gli anni in cui si afferma Slow Food, in cui la gente si avvicina scientemente al mondo del vino. Il nome di Pizzo adesso in città è rinomato. Clienti della zona non ce ne sono praticamente più, il locale invece è pieno di clienti che vengono apposta dal centro. Ecco dunque che Gianni capisce che è il momento di spostarsi. Certo, lasciare i locali, che tra l’altro erano di proprietà, significava fare un salto nel vuoto, ma intanto Gaetano e Rosy si erano diplomati e avevano mostrato di possedere anche loro una spiccata propensione al commercio. Così nel 2003 nasce il Divincibo, in via XII gennaio, forse il primo wine bar a Palermo con vendita di salumi e formaggi. Nella proposta anche taglieri, un primo, un secondo freddo, insomma pochi piatti giusto per ampliare l’offerta a fronte di una domanda che si andava sempre più articolando. E da qui la storia più recente, dapprima con l’apertura del locale accanto adibito alla sola salumeria e, nel frattempo, il Divincibo si trasformava in ristorante a tutti gli effetti, diremmo in maniera naturale anche perché le richieste per i catering agli eventi andavano moltiplicandosi. Ed è così che Rosy mostra la sua propensione per la cucina. La chef che oggi ha 36 anni, è l’anima del ristorante, un’autodidatta che è riuscita, con l’impegno e con lo studio, a realizzare in 17 metri quadri di cucina dei piatti di altissimo livello. “La crescita del locale si deve molto a lei – confessa Gaetano – I menu seguono la stagione. Col freddo vengono proposti salumi, formaggi, funghi, tartufi. Con l’arrivo dell’estate, invece, ci spostiamo totalmente sul pesce. Una sola cosa resta costante: la qualità. Non esiste un prodotto congelato o surgelato nei nostri piatti. Se il prodotto non è disponibile fresco, semplicemente non lo usiamo. Il vecchio detto non sbaglia mai: la qualità paga sempre. Magari non subito, ma lo fa”.
Nel 2019 apre il nuovo locale, sempre nei locali attigui. Nel cambio generazionale i giovani vedono come si evolve il mercato, quindi sviluppano la salumeria in modo da poter proporre il light lunch. D’altronde, trovandosi nel centro commerciale della città, bisogna poter offrire una proposta veloce e non cara. Ogni giorno, dunque, vengono preparati due primi e due secondi, ognuno al prezzo di 10 euro. Il prezzo è contenuto, ma la qualità è la stessa del ristorante dove, recentemente, c’è anche la possibilità di gustare dei cocktail insieme ai cibi. Due locali diversi con due stili diversi, anche esteticamente, perché la differenza sia netta ed evidente. Tutto ciò da lunedì al sabato, perché la domenica è il giorno della famiglia e quindi si chiude. Così come le ferie si prendono insieme: una settimana di ferie ad agosto, a volte due. “Chiude l’azienda – spiega Gaetano – e andiamo tutti in ferie. Noi siamo una famiglia e andiamo tutti in villeggiatura, non è pensabile che qualcuno lavori mentre gli altri riposano. Se invece ci dobbiamo allontanare per lavoro, allora partiamo alternati”. Ma oggi, gli chiediamo, come si scoprono nuovi prodotti? “Io anche quando parto per piacere, non nego che faccio sempre viaggi enogastronomici. Mi segno degli itinerari in cui inserisco realtà che mi interessano. Oppure partecipiamo a piccole fiere, quelle grandi non ci interessano perché è difficile che i prodotti di nicchia siano rappresentati. E infine c’è anche il passaparola del produttore. Tito ha il più alto maso dell’Alto Adige, fa uno speck strepitoso, tramite lui abbiamo trovato un produttore che fa delle formaggette di latte di vacca ai fiori di campo, alle erbe alpine. Funziona così. Rimane una nostra peculiarità quella di avere piccoli produttori artigianali che difficilmente si trovino altrove. Spesso li scopriamo noi e poi vengono chiamati anche da altri. Siamo sempre alla ricerca di prodotti sconosciuti, ma non nascondo che, quando diventano noti, li abbandoniamo. Questo perché chi viene da noi cerca la novità particolare”.
Il 99% dei prodotti in scaffale sono italiani. Certo, si trovano anche Patanegra, salmoni, caviale, ma in linea di massima si dichiarano nazionalisti. E questo vale anche per la cantina che ospita 1.200 etichette tutte italiane, con un angolo dedicato a champagne e vini esteri che non supera le 200 etichette. Anche in questo caso, amano scovare piccole cantine per proporle ai propri clienti. Azzardiamo chiedere se ci sono progetti in vista. “Un paio – ammette – ma i tempi, come immaginerete, non sono pronti”. E quindi ci tocca attendere, certi che, come sempre, sarà un’idea vincente.
Pizzo & Pizzo
via XII gennaio, 1 – Palermo
Tel. 091 6014544
Chiuso: domenica
Ferie: una settimana ad agosto
Carte di credito: tutte
Parcheggio: no