(Giacomo Caravello)
di Stefania Petrotta
A cinque mesi dall’apertura, siamo andati a trovare lo chef Giacomo Caravello nel suo Balìce di Milazzo, in provincia di Messina.
L’opportunità si è presentata con una delle cene di Incontemporanea, ciclo di incontri degustativi tra la cucina di Caravello e il mondo del vino. Insieme a lui, come sempre, il mâitre di sala Salvo La Cava e il sommelier Tommaso Trio. Serata piacevole, grandi vini e piatti interessanti in un ambiente dal respiro contemporaneo. Linee semplici, ma eleganti, atmosfera calda, con il suo sviluppo in tre zone senza soluzioni di continuità, le luci soffuse, ma puntuali e le piante che lo abbelliscono, sembra quasi di essere in un loft. Angolo cocktail con poltrone comode, drink list e una piccola proposta food in accompagnamento, e, nella sala attigua, cucina a vista con chef table da quattro posti dove si viene serviti direttamente dai cuochi, in una concezione che prende ispirazione dai concept danesi. Insomma, un ambiente che colpisce sin da quando se ne varca la soglia.
“Il mio ristorante – si osserva intorno soddisfatto Caravello – mi rispecchia ma, soprattutto, è precisamente come lo volevo e come lo avevo immaginato”. La sua espressione soddisfatta è tale che non lascia dubbi: non può essere dovuta solo al locale in sé. “Proprio così – conferma – Sono molto soddisfatto per il lavoro fatto in così poco tempo, ma soprattutto per aver raggiunto in breve quello che era il nostro obiettivo primario, e cioè farci conoscere e far capire che tipo di ristorante siamo, cosa difficile da comunicare prima dell’apertura. E poi ovviamente perché nel giro di poco tempo abbiamo già una clientela affezionata”. Una clientela che arriva un po’ dappertutto. Nonostante Milazzo non abbia un’utenza enorme e abbia un’ampia proposta ristorativa per lo più non gourmet, i milazzesi frequentano Balìce. Anche da Messina ci si sposta, pur non essendo Caravello ancora molto conosciuto, grazie al passaparola, così come tutti i paesi della provincia. Ma i clienti iniziano ad arrivare anche dalle altre province, Catania, Siracusa, Caltanissetta e perfino da Palermo, specie nel fine settimana ed, evidentemente, quella che arriva da più lontano è una clientela che ama la cucina gourmet.
“La nostra è una clientela giovane per lo più, variegata, e noi facciamo di tutto per metterla a proprio agio un po’ perché anche tutto il nostro staff è giovane e un po’ perché non ci piace che il cliente sia intimorito dal contesto. Per questo la musica di sottofondo è rock, l’ambiente è contemporaneo, non usiamo tovagliato, usiamo solo acqua depurata e osmotizzata in linea con i nostri principi di sostenibilità, il personale in sala è discreto, non c’è un’eccessiva presenza al tavolo. Al contempo c’è una grande attenzione ai piatti e un ottimo servizio. Per questo definisco il mio ristorante “contemporaneo”, proprio per l’impegno di proporre un’alta ristorazione con approccio easy”. Anche la cucina rispecchia questa filosofia facendo coesistere due pensieri che sono evidenti nei due menù degustazione: il primo classico, con piatti legati alla tradizione del mare, non necessariamente siciliana, in cui c’è una ricerca della migliore materia prima e il prodotto viene trattato con rispetto e conoscenza. “Questo perché crediamo che a volte si abbia voglia di piatti semplici, come può essere uno spaghetto ai ricci o un buon crudo di pesce e io stesso, andando in giro, ho notato che spesso è la proposta più difficile da trovare, a meno che non si opti per una trattoria”. Il secondo menù è più rappresentativo dell’idea di cucina di Caravello: pochi ingredienti, pulita, minimale, grande presenza di note acide nei piatti e molto pesce povero.
(Ravioli di patate, fiori sicano e lumaca di terra)
Quando proviamo a farlo parlare ancora di sé, veniamo sorpresi da un piccolo sfogo. “Non mi piace che si parli solo dello chef – confida – e non credo che questo trend degli ultimi anni porti giovamento al settore a lungo termine. Basti guardarsi intorno: ci sono gli istituti alberghieri che brulicano di aspiranti chef mentre nella realtà le più grosse carenze sono in sala. Il cameriere viene visto ancora come un mestiere da fare part time per arrotondare. Invece il personale di sala è importante perché una cena non è solo quello che mangi, ma anche la musica che ascolti in sottofondo, il tipo di seduta su cui stai, le luci, perfino tutti gli arredi che ti stanno intorno. Quando si va al ristorante non si paga solo la materia prima ma tutta l’esperienza. Perché altrimenti non ci sarebbe differenza tra un piatto fatto a casa mia e uno al ristorante. La colpa però non è della cliente, che ormai è molto più formato di una volta. La colpa è di chi lavora nel settore, chef e ristoratori, perché, se c’è poca formazione riguardo alla sala, è perché loro per primi non investono in questo senso. E, permettetemi di dirlo, anche dei giornalisti, perché dovrebbero toccare più spesso questo argomento e portarlo all’attenzione, farne parlare. In Sicilia ci sono circa 400 ristoranti di riferimento, ma la ristorazione non è fatta solo da questi, la cultura ristorativa non può viaggiare su 400 locali. Ci sono troppe grosse carenze, dalla cucina alla sala, alcuni non usano abbattitori, o viene proposta la caponata a gennaio. Bisogna parlare un po’ meno dello chef e di più del comparto ristorativo. Che poi è quello che fa la differenza tra noi e la Francia. Perché dobbiamo arrivare sempre dopo di loro?”
Ci sembra che Giacomo abbia le idee molto chiare e quindi non restiamo stupiti dalla risposta che ci da quando gli chiediamo dei suoi progetti per il futuro “Stare con i piedi per terra e continuare a lavorare bene” risponde con un sorriso.
Balìce
via Ettore Celi, 15 – Milazzo (ME)
t. 090 7384720
Chiuso: lunedì (nei mesi invernali anche la domenica sera)
Ferie: a metà gennaio per due settimane
Carte di credito: tutte
Parcheggio: no