di Maria Giulia Franco
Minestra di tenerumi, sarde a beccafico, cous cous, caponata, pasta alla norma, pasta con le sarde, involtini di carne, cassate e cannoli, fritture varie, un trionfo di gola e delizie per il palato.
Simboli di una gastronomia siciliana esportata in tutto il mondo e ora declinata nella sua specificità grazie allo studio “Forme della cucina siciliana”, curato da Alice Giannitrapani, Davide Puca. Ogni pietanza raccontata, ricostruita e rivisitata si considera un caso iconico di rappresentazione identitaria per la gastrosfera siciliana. Descritta dall’analisi di molteplici ricette, preparazioni e modalità di cottura che in ogni capitolo del libro vengono raccontate mediante un’attenta analisi semiotica. La tradizione culinaria della Sicilia racchiude uno dei più vasti e complessi repertori di immaginari e rappresentazioni che incarnano messaggi di sicilianità, il cui rimando si rifa’ a molteplici valori, abiti interpretativi e fenomeni di regionalizzazione. L’obiettivo del libro infatti è quello di riflettere sulle origini e sul ruolo che ogni singola ricetta ha nella sedimentazione identitaria del valore di “sicilianità”. Ne viene dunque indagata anche l’origine a volte mitica che come nel caso analizzato dal professor Gianfranco Marrone delle sarde a beccafico, vanta di una peculiarità e reinvenzione inaspettata, quasi ludica, che sfocia in un rimando non soltanto finzionale (la preparazione delle sarde deriva da un’antica ricetta nobiliare, il cui ingrediente principale era il beccafico, un tipico uccelletto simile alla capinera) ma anche valoriale e sociale; pietanza aperta alle molteplici rivisitazioni dipendenti dalle differenze regionali che influiscono sulla varietà degli ingredienti e sui tempi o le modalità di cottura. Il piatto rimane comunque fedele nel mantenere uno stretto legame con la tradizione siciliana, mediante sia la presenza della sarda, uno degli ingredienti più tipici (immancabile riferimento alla pasta con le sarde), sia per il protagonismo della forma a involtino, tanto presente quanto trasformato in molteplici modi, che fa trionfare “un gioco incessante tra l’interno e l’esterno”. L’involtino infatti è una delle tante invenzioni presenti in molteplici culture gastronomiche che attiva un vasto sistema comunicativo, fatto di tradizioni e rivisitazioni; ecco infatti uno dei tanti casi in cui la forma ad involtino, mantenendo lo stesso principio ma con un nome talvolta diverso nei vari piatti (polpetta, cannellone o fagottino), dimostra la portata valoriale che ha una singola forma culinaria, divenuta responsabile di unire molteplici culture, luoghi e immaginari; esempio sono gli involtini primavera cinesi, i caponèt piemontesi o i golubcy orientali.
(ph Giovanni Franco)
Così il linguaggio gastronomico viene riconosciuto come uno dei principali codici, la cui potenza espressiva è capace di unire ricchissimi immaginari, trattati e ritrattati mediante diverse enciclopedie che toccano universi discorsivi a volte discordanti e lontani, come gli antichi ricettari, le rivisitazioni culinarie o il linguaggio mediatico riscontrabile nell’ influenza dei food blogger o dei tutorial. Tra i must del variegato ricettario siciliano spicca da sempre la pasta alla norma, ovvero spaghetti o penne con pomodoro, aglio, basilico, tocchetti di melanzane fritte e ricotta salata infornata e grattugiata come se piovesse. Questa pietanza “si staglia nella cucina siciliana come una norma culinaria a tutti gli effetti – scrive uno degli autori della ricerca, Davide Pica – grazie al plebiscito che ne ha decretato, ogni volta e per principio, il suo essere la migliore possibile delle paste con le melanzane”. La gastronomia siciliana è anche famosa per la sua rosticceria che vanta un ricchissimo insieme di varianti: arancine/i, calzoni, rollò, pizzette, protagonisti di un intero insieme fatto di relazioni e differenze tra i vari luoghi d’origine, che mantengono però tutti un tratto comune: la base dolciastra fatta di brioche e il condimento rigorosamente salato. Si vedono così schierati ed esposti nelle molteplici vetrine di bar, rosticcerie, e panifici in ordine differente in base alla tipologia, alle modalità di cottura (fritto o al forno) e al tipo di ingredienti utilizzati. Il vario sistema culinario della rosticceria, attiva e rimanda così a un ulteriore universo identitario, che si riconduce quasi a un must esperienziale tipicizzato, fatto di ordini temporali e spaziali ben precisi, che la qualificano come pasto unico, da consumare rapidamente in qualsiasi possibile fase della giornata.
(Ph Giovanni Franco)
Ed ecco come la tradizionale gastrosfera siciliana diviene, mediante molteplici forme ed espressioni, un sistema sempre più aperto a continue rivisitazioni e rimediazioni, la cui coerenza e logica si ritrovano in relazioni collegate a un orizzonte di significati sociali e culturali.
Forme della Cucina Siciliana
A cura di Alice Giannitrapani e Davide Puca
404 pagine
Editore Meltemi
28 euro