Parlami d’amore ragù, il viaggio storico – gastronomico di Rocco Moliterni tra memoria e identità raccontanto in un libro edito da Mondadori.
Può mai parlare d’amore il ragù? E perché mai i calamari hanno ormai le tasche piene? Come in un’inchiesta a ritroso le ipotesi e gli indizi sul tavolo sono molti. La cucina italiana, si sa, è ricca di inganni o meglio di sorprese. Lo sa bene Rocco Moliterni – giornalista e responsabile della rubrica Il Bello & il Buono della Stampa– autore di questo libro dal sapore spiccatamente risorgimentale e che dal Risorgimento parte per ricordarci, sul filo dell’ironia e dei ricordi, che l’Unità d’Italia è stata in realtà una bella frittata e che – dopo un secolo e mezzo dall’epopea risorgimentale – una cucina italiana non esiste ancora e, forse, non è mai esistita.
Esiste piuttosto una cucina degli italiani, così diversi nel loro modo di percepire la propria identità e i colori della vita di ogni giorno. Stando ai sondaggi per il 150° anniversario dell’Unità nazionale, due italiani su tre sono orgogliosi di essere tali, quando si tratta di spiegare perché, tutto si fa più complicato. Non abbiamo però per fortuna alcun dubbio, dal nord al sud che il rosso nel tricolore della nostra bandiera sia quello del pomodoro.
Forse questo libro che parla di ricette di una volta, di odori e di sapori che non ricordiamo più, può aiutare a chiarirci le idee. In un mondo che va sempre di fretta e dove la cucina è molto di moda, c’è finalmente una voce che va fuori dal coro e che riesce a parlare di cibo senza prendersi troppo sul serio con leggerezza e semplicità, soprattutto, attraverso uno sguardo autentico e originale.
Parlami d’amore ragù è un viaggio tra la storia patria, i ricordi e le memorie care dell’infanzia. Così se non conosciamo quali piatti hanno fatto l’Italia negli ultimi 150 anni, potrebbe interessarci sapere che l’allegra finanziera (piatto povero della cucina contadina piemontese) piaceva molto a Cavour, il più gourmet dei personaggi storici ritratti da Moliterni o che la celebre tarantella ‘O Guarracino potrebbe diventare un manifesto di Slow Fish. E cosa dire poi di Mazzini? A un certo punto della sua vita si è trovato a fare import-export di prodotti italiani a Londra, mettendo davvero in pratica quella che da sempre è la nostra arte di arrangiarsi.
E allora cos’altro è il ragù, verrebbe da chiedersi, oltre ad essere il titolo di questo libro? Un rito prima di tutto che bisogna provare a fare almeno una volta nella vita. Un rito che parla di noi, di sentimenti e di affetti familiari. Un rito che ha trovato posto anche nel teatro di Eduardo De Filippo, che questo ragù amatissimo lo ha letteralmente messo in scena nella bella commedia Sabato, domenica e lunedì, cucinandolo però con un piccolo accorgimento: per fare arrivare l’odore fino all’ultimo spettatore aveva fatto mettere dietro le pentole dei ventilatori che soffiavano verso la platea.
Allora non rimane altro che leggere senza più chiederci perché – come ha scritto Leonardo Sciascia – gli italiani così ossessivamente si interrogano, si ritraggono, si autoritraggono nella consapevolezza che non è colpa dello specchio se i loro nasi sono storti. Rispondere a questa domanda è, infatti, praticamente impossibile.
Ne riparliamo tra altri 150 anni con l’augurio di non trovarci ancora divisi tra chi inneggia senza un perché alla buona cucina e ai musei a cielo aperto e chi invece, come Rocco Moliterni, si impegna con intelligenza ed equilibrio a demolire gli stereotipi di una Italia troppo spesso giudicata ingiustamente immatura e provinciale.
Prezzo del libro: 16 euro
Rosa Russo