Bianca Mazzinghi, giornalista e docente Wset ha scritto un libro per conoscere meglio il mercato e il carattere dei cinesi. “L’Italia può crescere a patto di faticare, viaggiare, studiare ed accantonare i pregiudizi”.
Ci sono giornalisti che lo diventano per una innata curiosità. Se a questo unite l’animo errante il gioco è fatto. Bianca Mazzinghi appartiene a questa categoria che poi non è tanto diffusa. Bianca la coinvolgiamo talvolta nelle nostre iniziative e per qualche articolo perché è significativa la sua conoscenza del mondo. Ora è anche docente Wset e tutto questo ha arricchito il suo bagaglio. L’altro giorno ci arriva una email in cui si annuncia l’uscita di un suo libro. È un libro dedicato alla Cina. E al vino. E visti i tempi, un libro che diventa di stringente attualità. Anche perché la Cina vuoi o non vuoi diventerà un mercato importante per il vino italiano. Ed allora il libro di Bianca Mazzinghi diventa una bussola utile a molti. Ed quindi cerchiamo di saperne di più.
Come nasce il libro?
“Come scrivo nell’introduzione nasce per due motivi: la prima, l’informazione sul vino – ma non solo – che arriva in Italia dalla Cina è gestita od orientata praticamente al 100% da compagnie private; “va tutto benissimo”, e poi benissimo non va. E i produttori non ci capiscono niente. La seconda perché vedevo molte incomprensioni tra i due mondi, che sfociavano spesso in rifiuto di cercare di capire le ragioni dell’altro. Nel libro parlo molto delle differenze culturali, ma nessuna differenza culturale giustifica forme di mancanza di rispetto nei confronti di un’altra persona. Se stai in Cina e vuoi lavorare con la Cina perché ti torna comodo, devi rispettare le persone. Puoi criticare/analizzare le politiche, o quello che porta a far sì che una persona si comporti in un determinato modo, ma era molto fastidioso vedere sempre ‘occidentali’ urlare tutta la propria rabbia contro un tassista o un operaio per strada, o anche colleghi, umiliandoli senza alcuna volontà di capire un paese ma soltanto cercando di approfittare di quello che la Cina può offrire. Il libro nasce da questo, poi è diventato altro”.
Ti rendi conto dell’attualità del libro? È una bussola in questo momento…
“Sì, mi rendo conto, ma mi ha messo anche un po’ in difficoltà. Il 27 gennaio annuncio su Instagram tutta felice l’uscita del libro e poco dopo siamo tutti in emergenza. Anche adesso sto cercando modi di comunicare l’uscita, ma non voglio approfittare della situazione in modo scorretto. Ci sono molti passaggi del libro che mi vengono in mente e che potrebbero essere collegati a episodi di attualità, ma come faccio?”.
Bussola per il settore che ora guarda alla Cina?
“Sì, questo sì. Penso che sia un testo utile per un imprenditore che guarda alla Cina, sul modo di rapportarsi, sulle difficoltà e sulle possibilità. In appendice ci sono approfondimenti sulle regioni vinicole e dati su export / import. Ma non è un libro tecnico sul vino, parlo delle regioni ma brevemente, non mi metto ad analizzare come matura il cabernet nelle diverse zone del Ningxia o perché il merlot è spesso tanto vegetale insomma. Queste cose ormai chi vuole le sa o le trova; volevo fare qualcosa di diverso, forse di più vivo”.
(Bianca Mazzinghi)
A chi si rivolge il libro?
“Non ho pensato a un pubblico mentre lo scrivevo. L’ho scritto di getto, e infatti è difficile da categorizzare. A persone che vogliono rapportarsi alla Cina (produttori vinicoli ma non solo) e persone comuni che hanno interesse a capire qualcosa in più sulla Cina direi. Penso dia diversi spunti per poi approfondire ma ho voluto mantenerlo fresco. Io leggo tanto ma mi annoio anche facilmente, e non amo gli autori che si dilungano su pochi contenuti; uno dei miei pensieri in tutto quello che faccio è mai annoiare”.
Come si fa a essere efficaci in Cina?
“Presenza, costanza, perseveranza, fatica, rispetto. Continuo a portare avanti dei progettini in Cina e spesso molte persone pensano di poter gestire da soli trattative od operatività. Si buttano nel vortice e il vortice le snerva piano piano. Per essere veramente efficaci io suggerirei di affidarsi a un partner o a un dipendente cinese. Dieci anni fa era più difficile, ma adesso ci sono tanti ragazzi cinesi cresciuti in Italia che possono aiutare e capire entrambi i punti di vista. Anche molti stranieri sono in gamba (necessario per me che chi lavora con la Cina, abiti in Cina e parli cinese), ma solitamente dopo un po’ si stancano. Partono da Pechino, poi chiedono il trasferimento a Shanghai, poi Hong Kong, e poi magari Thailandia … io ho fatto un anno e mezzo sempre in giro, non so neanche in quante città, è massacrante. Non sono del tutto aggiornata sugli Asia manager di tutte le cantine italiane al momento, ma il primo a percorrere la strada di affidarsi a un consulente cinese prima e a un China manager cinese adesso so chi è stato: Angelo Gaja”.
Come e cosa bevono oggi i cinesi?
“Dipende da diversi fattori, come la città e il livello di conoscenza del vino. Ci sono gli intenditori appassionati e la gente che punta sui brand (Lafite, Yellow Tail e Penfolds i più forti). Gli ultimi dati della dogana che riporto nel libro (15/01/2020), prima del virus, davano l’Australia al 34,9% dell’import, Francia al 29%, Cile 14%, Italia 6,4%. Nel 2016 la Francia era al 44%, Australia al 24%, Cile 9,5%, Italia 5,2%. Ora anche l’Australia sta soffrendo molto l’impatto del virus e sono un po’ tutti preoccupati sulla ripresa. Ho letto che Penfolds sta facendo sconti di addirittura il 40%. Però vedo anche che faranno la fiera del vino di Chengdu a maggio (21-23), quindi non l’hanno cancellata, ma provano a ripartire. Come tipologia di vino ho visto il mercato aprirsi un po’ negli ultimi sei, sette anni. Ci sono i grandi brand che hanno forza per promuoversi, o regioni come Borgogna e Bordeaux a dominare, ma inizio a vedere su wechat anche foto di produttori di nicchia. Una cosa importante però: in Cina il settore si forma abbastanza uniformemente, nel senso che la conoscenza del settore non è il risultato di un processo storico di centinaia di anni né un percorso estremamente diverso per ogni persona come avviene da noi, dove ogni individuo fa il suo percorso e compone la sua formazione. In Cina ci sono oltre 150 scuole Wset (scusate sembra che tiri acqua al mio mulino, non è questo l’obiettivo, ma questa è la realtà), e ne nascono nuove ogni mese, (ricevo la newsletter da Londra sulle nuove aperture e ce n’è sempre un paio cinesi), e le persone più seguite (key opinion leader) hanno una formazione molto più simile tra di loro di quanto sia da noi; io ho iniziato a studiare Wset perché, vivendo in Cina e lavorando nel settore in Cina, sono stata praticamente obbligata; lo sottolineo perché per un imprenditore penso sia importante pensare a come si formano i consumatori. Tornando sulla nicchia, io penso appunto che sia automatico che i grandi intenditori ‘aperti’ o appassionati prima o poi si stufino dei ‘vinoni’ e vadano alla ricerca di qualcosa di diverso. Sta accadendo pian piano anche in Cina e mi fa molto piacere”.
Tornerai in Cina?
“Continuo a seguire la comunicazione su WeChat di alcune cantine, con il supporto di persone in Cina, ma non tornerò stabilmente in Cina. Ormai ho deciso che il mio lavoro sono la scuola e i corsi Wset (Bwineschool.com) ed eventualmente qualche lavoro giornalistico approfondito, ma vediamo. Di Cina leggo quotidianamente e m’informo, ma non tornerò a viverci”.
Ci smonti qualche luogo comune?
“Sulla Cina si dice tutto e il contrario di tutto, la Cina è tutto e il contrario di tutto. Alcuni dei miei amici più intelligenti (nel senso in cui io intendo questa parola) sono cinesi; tante persone che ho incontrato erano molto credulone invece, diciamo così, anche perché il sistema non incentiva lo sviluppo di una critica personale. La Cina è sia la campagna italiana degli anni ’50 sia un meeting hi-tech nella Silicon valley. Il primo luogo comune che mi viene in mente forse è pensare al sistema non democratico cinese come qualcosa che opprime quotidianamente le persone. Da noi si è indotti spesso a pensare che ci siano la democrazia da un lato e i regimi autoritari dall’altro in cui niente è concesso e che sono tutti simili, Corea del Nord come Cina come Iran ecc… ma questa è la semplificazione più semplicistica di tutte le semplificazioni. Riporto nel libro un episodio: dopo l’attacco di Parigi del 2015 andai in giro per Shanghai a chiedere quali fossero le preoccupazioni principali delle persone, nessuno mi ha risposto diritti o oppressione, tutti problemi quotidiani, come tempo per assistere gli anziani, hukou (certificazione di residenza), ecc… Poi certo, nel libro parlo anche di cosa questo comporta”.
Cosa apprendere e imparare dalla Cina?
“Personalmente ho imparato tantissimo. La prima cosa da imparare e ricordarsi è che lo sforzo e la fatica sono la base di ogni giorno, e che niente è mai scontato. Quindi rimboccarsi ogni giorno le maniche. A livello paese, la formazione e la preparazione dei leader, che apre un grande capitolo complesso, ma insomma non sarebbe male far gestire il paese da persone preparate, che rispettiamo e di cui ci fidiamo. E da noi vorrebbe dire lavorare per migliorare l’educazione e l’informazione, ma, appunto, capitolo complesso. E poi un po’ di approccio fatalista alla vita, a volte in Cina troppo estremo, perché non puoi sempre lasciarti cadere tutto addosso qualsiasi cosa succeda, ma insomma neanche fare un dramma di tutto o non partire mai per il timore di sbagliare. Ogni tanto anche noi dovremmo buttarci un po’ di più. ‘“I pesci nuotano così liberamente, seguendo la corrente tra i varchi. Guarda la felicità dei pesci!” (scrive il filosofo Zhuang Zi); ci sono varie interpretazioni ma una può essere comportarsi come i pesci in un grande fiume, in caso di improvvise correnti od ostacoli il pesce si lascerà andare e si adatterà ai cambiamenti che non ha potuto prima prevedere. Troverà istintivamente il modo di reagire e andare avanti, ed essere felice. Ecco, questo già era un po’ dentro di me, dopo la Cina ancora di più”.
F.C.
“In Cina – Vino, società e costumi”
Bianca Mazzinghi
Euro 13
Infinito Edizioni