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Cibo e dintorni

Toscana e Sicilia si incontrano all’Osteria Il Moro di Trapani con chef Gaetano Trovato

26 Marzo 2025
Da sinistra Gaetano Trovato e Nicola Bandi Da sinistra Gaetano Trovato e Nicola Bandi

Nel centro di Trapani tra chiese e palazzi nobiliari, riparato dal vento che s’incunea nelle improvvise aperture che rivelano il mare a pochi passi, si consuma il connubio di due cucine distanti e parallele: quella toscana e quella siciliana.

L’occasione è offerta dallo chef Gaetano Trovato – due stelle Michelin, dello storico ristorante Arnolfo di Colle Val D’Elsa, in Toscana – che un giorno, passando da Trapani si è incuriosito davanti all’Osteria Il Moro dei fratelli Bandi e così dopo qualche tempo ha aderito al loro invito di sperimentare la sua cucina in città. 

Certamente il richiamo della sua terra, Scicli – che lo chef Trovato ha lasciato all’età di cinque anni per trasferirsi a Firenze con la famiglia – ha agevolato la sollecitazione, attratto dall’idea di portare un’esperienza nuova a Trapani e lasciare ai giovani che lo hanno affiancato in cucina pillole di sapienza culinaria, grande carisma ed empatia.    

“Sono orgoglioso – dice lo chef Trovato – di essere siciliano. Ho scoperto la Sicilia un po’ da grande e vedo tanti ragazzi che hanno voglia di imparare in cucina. L’ultima volta che sono passato da qui ho assaggiato la cucina di Nicola (Bandi, ndr) e così è nato questo connubio. Ho tanti amici e colleghi in Sicilia, qui il dna ti richiama continuamente”. 

Nicola Bandi, chef dell’Osteria Il Moro, è un autodidatta. Si è lasciato ispirare dalla tradizione di famiglia, cresciuto con le ricette di nonna e mamma, ha seguito il suo istinto partendo dalla panificazione e dopo un primo impiego in una pizzeria, via via ha affinato le sue capacità sul campo. “Ho fatto tutto da me – dice – e sono orgoglioso per questo. Certo, poter lavorare al fianco dello chef Trovato è stata una grandissima esperienza”.

 “Con lui – riprende Trovato in una sorta di gioco a due che dalla cucina si sposta informalmente sui gradini di una chiesa poco distante dal ristorante – abbiamo voluto sviluppare un doppio concetto: dal un lato quello di esaltare il pesce pescato qui e dall’altro proporre le carni della Toscana. Devo dire che è stato un gioco molto interessante”. Interessante è stato scoprire per esempio un mosaico di branzino beurre blanc alle alghe (una provocazione che nasce dopo dieci anni in cui lo chef ha lavorato in Giappone tra Tokio, Kyoto e Fukuoka) o una seppia zafferano e broccoli dello chef Trovato, accanto al carciofo alla carbonella con una ciambella di topinabur e un croccante al nero di seppia con fonduta di ragusano semi stagionato proposta del trapanese Nicola Bandi.

Ma il gioco delle contaminazioni è diventato ancora più intenso con l’ingresso dei primi piatti in un ideale confronto tra frascatole all’astice e tortello piccione di Laura Peri, fagiolo zolfino e cime di rapa. Il primo, dello chef Bandi,  realizzato con una base di cous cous essiccato cotto in brodo di astice, crema di mandorle e limone fermentato – piatto recuperato dalla tradizione trapanese rivisitata e ammodernata e capace di esprimere i sapori autentici; il piccone del Valdarno di “un’amica allevatrice” informa Trovato, cotto in padella e poi tre minuti in forno proposto in una variazione con fagiolo zolfino, cultivar toscana e cime di rapa: un’esaltazione pura della carne morbida e rosata del piccione che, svela lo chef, troverà presto una variante con la quaglia. Proseguendo, le contaminazioni appaiono e scompaiono con il dentice tra Sicilia e Oriente (di Bandi) e il maiale di cinta Senese Igp mela verde e cavolo verza (di Trovato).

“L’ottanta per cento dei miei prodotti è della Toscana – riprende Trovato – il restante venti è italiano, con molti ortaggi. Pistacchi, mandorle e frutta secca sono siciliani e consentono abbinamenti sempre molto interessanti”. 

I vini biologici della cantina Feudo del Balio, scommessa di due amici e avvocati trapanesi, Giuseppe Rando e Giuseppe Perniciaro, hanno accompagnato le contaminazioni in cucina. Il nome Feudo del Balio, in omaggio al balius, alto funzionario, giudice o governatore, richiama la loro professione. Compagni di università, si sono ritrovati a Trapani davanti alla scuola dei figli. E così i due avvocati hanno investito nel settore, tre ettari prima, quasi in città (dove in una torre di avvistamento del XVI secolo, oggi in restauro, sorgerà la prima cantina “urbana”) e poi quindici ettari nelle campagne tra Paceco e Dattilo dove, sotto la guida dall’enologo Stefano Chioccioli, hanno realizzato le prime produzioni. “La prima vendemmia è del 2022, il 2023 è stata saltata per scelta – dicono – perché non sarebbe stata coerente con la nostra idea di qualità e nel 2024 abbiamo prodotto 15.000 bottiglie tra il Doc Sicilia Grillo Le Runze, il Nero d’Avola Torremurata e il Syrah Crete Alte, con le nuove entrate, Doc Etna Bianco Superiore e Doc Etna Rosso, arrivate con l’ingresso del terzo socio, Mario Papotto, anche lui avvocato ma catanese”.  

Alla domanda se questo territorio è pronto ad ospitare e far comprendere il valore di queste lavorazioni i fratelli Bandi (Enzo, sommelier Ais professionista) dicono: “Questo ristorante è stata una vera scommessa, all’inizio non entrava nessuno ma dopo otto anni vediamo i risultati concreti grazie a una clientela locale sempre più affezionata ma anche della provincia e del Palermitano”. Chef Trovato vede lontano ed è fiducioso oltre che ottimista: “Credo molto in questa città, c’è un bel movimento e un grande fermento da Pasqua fino all’autunno. Bisogna perseverare per raggiungere i risultati”. 

Ma la ricetta principe in cui lo chef crede e regala in giro per il mondo, ha a che vedere con il “dare”: il dare ai giovani. Non per nulla ha ottenuto il riconoscimento dell’ambito Mentor Chef Award assegnato da Blancpain “per aver saputo tramandare le capacità culinarie alle giovani generazioni, formando ed ispirando molti giovani cuochi che sono ora affermati chef nel panorama nazionale e internazionale”. 

“È vero, si deve trasmettere il proprio sapere con umiltà ed empatia – gli fa eco chef Bandi – In cucina tutti devono sapere tutto”. “Ma nei progetti bisogna crederci fino in fondo – ribatte chef Trovato – e si deve prima dare se si vogliono raccogliere i frutti: la gente si sposta per venire qui ma deve essere coccolata, il ristorante deve essere un motivo di incontro”. E quale migliore occasione allora davanti ad una rivisitazione dei piatti della tradizione siciliana locale tradotti in chiave contemporanea, alleggeriti e resi attuali con le nuove tecniche. Piatti poveri con prodotti a chilometro zero, pesce azzurro ad alto valore organolettico. Il segreto è saperli valorizzare. “Si deve puntare su materie prime povere come sarde, piselli, fave: quelle che usavano i contadini per sfamarsi, che hanno il sapore mediterraneo. Questo servirà anche per aiutare i piccoli produttori del territorio a crescere”.