Un viaggio nel cuore della Puglia, alla scoperta dei suoi territori, degli uliveti e dei frantoi: i luoghi in cui nasce l’olio extravergine d’oliva. Oltre dieci tappe – da Castel del Monte fino all’alto Salento, passando per la Terra di Bari e la Valle d’Itria – hanno portato noi di Cronache di Gusto a visitare un patrimonio inestimabile, fatto di alberi millenari e secolari e a conoscere alcuni tra i più importanti olivicoltori pugliesi che, con passione e impegno, producono ogni anno circa il 50% dell’olio Evo nazionale. Una percentuale straordinaria, frutto di una storia antica che si intreccia oggigiorno con nuove sfide, opportunità e tecnologie, ma anche con rischi, uno su tutti quello della Xylella.
In questo cammino, realizzato in occasione del press tour EnoEvoPuglia 2025, organizzato dalla Fondazione Italiana Sommelier Puglia, un gruppo di giornalisti specializzati e content creator è stato invitato a raccontare le zone della regione più vocate alla produzione di olio e vino di qualità, immergendosi in una dimensione ricca di storia e di storie personali, familiari e aziendali. “Quest’anno – ha detto Giuseppe Cupertino, presidente della Fondazione Italiana Sommelier Puglia – il focus principale del tour è stato posto sull’olio extravergine d’oliva. Abbiamo percorso la costa adriatica, raccontando ogni territorio attraverso i suoi ulivi, le sue cultivar e il suo legame con la cultura enogastronomica e turistica, con l’obiettivo di comunicare l’olio alle nuove generazioni di consumatori”.
In questo percorso ci siamo imbattuti in imprenditori, olivicoltori, frantoiani e agronomi, donne e uomini, che ci hanno aperto le porte di casa , raccontandosi e riflettendo insieme a noi sul futuro dell’olivicoltura pugliese, scegliendo le “parole chiave” su cui basare i prossimi passi. La prima tappa del tour ci ha portati ad Andria, a conoscere la Tenuta Zagaria appartenente dall’azienda dei Conti Spagnoletti Zeuli, una realtà dalle radici antichissime, risalenti a prima del ‘600. Un luogo immerso nel territorio di Castel del Monte che si estende per circa 400 ettari. Ad accoglierci è Vincenzo Giordano, responsabile della tenuta. “La grande sfida dell’olivicoltura – ha detto – è quella di conquistare il mercato dei prodotti salutistici. L’olio Evo si distingue per i suoi straordinari benefici: un prodotto ricco di polifenoli, antiossidanti, vitamine, omega-3 e omega-6, che sta guadagnando un’attenzione crescente nei mercati asiatici. Non a caso, oltre all’olio, sempre più richiesta è anche l’acqua di vegetazione, particolarmente apprezzata per la produzione di cosmetici. Un aspetto, quello nutraceutico, che non può prescindere dal legame con il territorio. Per questo che se dovessi scegliere una parola da cui partire, scelgo una metafora e dico, “Champagne”. Siamo nella Champagne dell’olivicoltura: abbiamo la fortuna di lavorare con la Coratina, tra le varietà più rinomate e richieste al mondo”.
Identità, salute, valorizzazione del territorio, elementi che incontriamo anche nella seconda tappa del viaggio, quella a Canosa di Puglia presso l’azienda di Sabino Leone. Ad accoglierci qui è Nino, 31 anni, che insieme alla sorella Maddalena, prosegue con passione e creatività il lavoro di papà Sabino, dedicandosi non solo alla produzione di monovarietali di qualità ma anche percorrendo strade innovative, legate anche a nuovi modi di vivere l’uliveto. Una scelta che, nel corso degli ultimi anni, ha portato in azienda eventi ed esperienze, come per il festival di musica elettronica Tremito Sound Phenomena Festival, ideate per i più giovani. “Per me – spiega – l’olivicoltura rappresenta il futuro: un mondo ancora poco esplorato, ma in rapida crescita, che sta attirando sempre più attenzione. È bello vedere come le persone stiano iniziando a interessarsi all’olio extravergine d’oliva. Questo lavoro è tutto per me: è il cuore pulsante di questo territorio, è la sua anima più autentica”.
Terza tappa del primo giorno di viaggio è Tenuta Bocca di Lupo, nella campagna di Minervino Murge. Avamposto dei Marchesi Antinori in Puglia, l’azienda è stata pioniera della riscoperta e della valorizzazione di antichi varietali autoctoni pugliesi (come il Nero di Troia e l’Aglianico). Un luogo immerso nella bellezza nella quale, oltre al vino, si produce anche olio extravergine d’oliva. Qui incontriamo Antonio Caputo, agronomo e responsabile della tenuta, che dice: “Questo luogo è speciale: il suolo bianco e calcareo è ricco di intensità e riesce a trasferire qualcosa di straordinario a tutto ciò che qui nasce e viene coltivato. Rischi e opportunità per la nostra Puglia? Il primo rischio riguarda il territorio: va assolutamente salvaguardato e rispettato, riducendo al minimo l’impatto ambientale L’opportunità più grande è far conoscere questo luogo, svelarne le caratteristiche e la sua essenza attraverso i sapori autentici dei suoi vini, dei suoi oli e ortaggi, esaltandone la semplicità. É per questo che la parola chiave che scelgo è ‘biodiversità’”.
Il secondo giorno di viaggio ci porta a Molfetta a conoscere una delle realtà più giovani, ma al contempo più interessanti, dell’extravergine pugliese ovvero il Frantoio Ciccolella. Nata appena dieci anni fa, ma solo da cinque proprietaria di un frantoio di ultimissima generazione, punto di riferimento per l’intera regione, l’azienda è guidata da Giuseppe Ciccolella e dalla sua famiglia. Un passato nella coltivazione dei fiori che ha certamente contribuito a determinare il rispetto per il prodotto e la cura dei dettagli che sono la cifra del frantoio. “Vedo un futuro promettente – dice Giuseppe – perché oggi si parla molto di olio e, fortunatamente, le persone hanno iniziato a studiarlo, a comprenderne le qualità e a riconoscere come produrlo e degustarlo al meglio. L’olivicoltura pugliese offre numerose opportunità, ma ci sono anche delle sfide: la Xylella rappresenta una minaccia, così come il rischio che il mercato non recepisca pienamente l’importanza di un’offerta di qualità. Tuttavia, credo che questo ostacolo possa essere superato con il giusto impegno e la giusta comunicazione. La parola chiave per il futuro? Non è una ma due: valori e territorio”.
Da una realtà emergente, passiamo a un’altra che ha fatto la storia dell’olivicoltura pugliese: l’azienda De Carlo, maestri oleari dal 1600. Ci troviamo a Bitritto, in provincia di Bari, ed è qui che incontriamo Marina, oggi alla guida dell’azienda insieme al fratello Francesco. “Crediamo che l’olivicoltura pugliese – racconta – debba puntare sempre di più sulle cultivar autoctone, valorizzando le varietà del territorio per distinguere l’autentico olio pugliese da quello prodotto in altre regioni. Oggi, la parola chiave per chi produce olio è ‘comunicazione’”. È fondamentale far conoscere e diffondere le proprietà dell’olio extravergine di oliva, in particolare le sue qualità nutraceutiche. Per questo, dobbiamo impegnarci sempre di più a informare e sensibilizzare il consumatore, avvicinandolo alla consapevolezza di quanto possa essere prezioso per la salute”.
Ultima tappa del secondo giorno di viaggio è nella Valle d’Itria, più precisamente nella celebre città di Alberobello, presso l’azienda Intini . Ad accoglierci è Pietro Intini, patron di questa realtà ma anche presidente nazionale di Fioi, Federazione Italiana Olivicoltori Indipendenti. “Il futuro dell’olivicoltura – dice – è una grande scommessa, e in Puglia lo è ancora di più, perché le problematiche continuano ad aumentare. Tutti ormai conoscono il problema della Xylella, che distrutto più di 20 milioni di alberi. Di conseguenza, il nostro futuro sarà quello di convivere con la Xylella, temerla, ma anche trovare il modo di puntare su nuove varietà. Sono un forte sostenitore della biodiversità italiana e, nello specifico, di quella pugliese e per questo ritengo che il focus debba essere sempre sulla territorialità. Le grandi multinazionali e i principali centri di ricerca stanno spingendo in modo deciso verso un’olivicoltura superintensiva, caratterizzata da un numero molto elevato di piante per ettaro. Questo approccio, a mio avviso, ha sicuramente dei vantaggi dal punto di vista dell’abbattimento dei costi e, forse, anche di un miglioramento qualitativo, grazie all’efficienza della meccanizzazione. Tuttavia, presenta rischi significativi, soprattutto per l’impatto ambientale. In un contesto di cambiamenti climatici e crescente difficoltà nel reperire risorse idriche, bisogna valutare attentamente le implicazioni di questo modello. Non tutti i territori sono adatti all’olivicoltura superintensiva. Il nostro, quello della Valle d’Itria, , per esempio, non può puntare su quel tipo di produzione. Per questo da oltre trent’anni, puntiamo sulla valorizzare l’olivicoltura tradizionale che esalti le peculiarità del nostro territorio. La parola da cui ripartire? ‘Creatività’. Ciò che rende davvero speciale questo mestiere è la curiosità inesauribile che ci spinge a cercare, a sperimentare, a immaginare sempre qualcosa di nuovo: la possibilità di innovare restando fedeli a ciò che siamo”.
Il terzo giorno del viaggio di EnoEvo Puglia inizia presso la Masseria Monteleone, a Pezze di Greco tra Bari e Brindisi. Un luogo immerso nella natura, un’azienda agricola biologica che produce frutta, verdura, olio extra vergine di oliva e vino. Patron dell’azienda è Giuliano Monteneve, che nel corso degli ultimi anni ha recuperato la parte agricola che era stata abbandonata e ha avviato un progetto di ospitalità. “Per me – racconta – il richiamo della terra è stato forte, grazie ai miei nonni, che erano agricoltori. Sono stati loro a trasmettermi la passione per questo mestiere e per il territorio in cui sono cresciuto. Oggi, uno dei rischi principali per l’agricoltura è la possibilità che le nuove generazioni non siano interessate a proseguire il lavoro dei loro avi. Le opportunità, però, esistono. Noi cerchiamo di coniugare agricoltura e narrazione, rendendo questo mondo accessibile anche a chi non ha la fortuna di vivere in un contesto rurale. La parola chiave che guida tutto il nostro lavoro è ‘sostenibilità’. Un concetto che per noi si traduce nell’uso consapevole delle risorse, evitando sprechi e valorizzando ciò che già abbiamo. Per esempio, abbiamo riutilizzato vecchi attrezzi agricoli per arredare le camere, dando loro nuova vita. Inoltre, recuperiamo colture antiche per diversificare e arricchire le esperienze enogastronomiche”.
Proseguendo lungo la Valle d’Itria giungiamo a Montalbano di Fasano, presso Tenute Allegretti. Realtà dalla lunga tradizione che oggi vive una nuova vita grazie al lavoro delle nuove generazioni. Ad accoglierci è Marco Rizzi, 39 anni, al quale si deve la creazione del brand, un omaggio ai nonni e in modo particolare a nonna Francesca, Donna Franca. “Abbiamo abbinato la tradizione – dice – alla parte scientifica, scegliendo quella che secondo noi è oggi una tra le migliori tecnologie disponibili sul mercato: il proto-reattore. Così estraiamo mediamente il 30% in più di polifenoli rispetto alla lavorazione tradizionale. Il futuro dell’olivicoltura in Puglia è profondamente legata al rispetto del territorio. Affrontiamo sfide importanti, come la diffusione della Xylella, che si propaga a macchia di leopardo. Per questo la coltivazione attenta e buone pratiche agronomiche sono fondamentali per preservare questa terra e i nostri ulivi. Penso che questa sia una chiave di lettura importante per il futuro dell’olivicoltura, che sia tradizionale, intensiva o superintensiva. Non ho certezze assolute: sto sperimentando, testando sul campo, perché credo nel valore dell’esperienza diretta. La parola da cui ripartire secondo me è ‘diversificare’. L’obiettivo di ogni buon produttore non deve essere quello di avere l’olio migliore del mondo ma di creare un olio unico e riconoscibile”.
Ultima tappa del viaggio ci porta nell’Alto Salento, a nord di Lecce, nella zona che più di tutte ha vissuto a partire dal 2013 il dramma della Xylella. Qui abbiamo incontrato Donato Taurino, dell’azienda Taurino – Squinzano, realtà nata sessant’anni fa che, con coraggio e determinazione. sta risorgendo dopo anni difficili. “Dal 2019 abbiamo avviato un percorso di trasformazione e sviluppo, iniziando a impiantare nuovi uliveti. Oggi abbiamo introdotto cultivar come Favolosa e Leccino, segnando una ripartenza caratterizzata da ottimismo e fiducia. I primi impianti sono già entrati in produzione, generando risultati che ci fanno ben sperare per il futuro. La situazione attuale sta creando una selezione naturale tra chi è olivicoltore per mestiere e chi, invece, non ha le competenze o le risorse per investire nel lungo periodo. Questa selezione porterà inevitabilmente a una produzione di maggiore qualità, perché chi è del mestiere ha saputo affrontare le difficoltà iniziali e ha investito sia mentalmente che economicamente in nuovi impianti. È per questo che per me, la parola da cui ripartire è “amore”. Questa azienda è stata realizzata dai miei genitori con tanti sacrifici e, nel mio piccolo, ho contribuito anch’io, alternando lo studio al lavoro in campagna. Ancora oggi affronto ogni giornata con la consapevolezza che ci saranno nuove sfide, ma anche con la passione di chi ama profondamente il proprio lavoro”.
Champagne, biodiversità, valori, territori, salute, comunicazione, creatività, sostenibilità, diversificazione e amore. Concluso il viaggio, 72 ore di cammino e oltre 1.500 chilometri percorsi, ecco le parole chiave scelte degli olivicoltori pugliesi per affrontare il futuro, tra nuove sfide e opportunità di un luogo unico al mondo che ha nell’olio extravergine d’oliva uno dei suoi tesori più importanti.