Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Cibo e dintorni

Cosa mangiano a Natale alcuni grandi Chef? Tante risposte, ma nessuno rinuncia alla pasta

22 Dicembre 2024
Tavola di Natale Tavola di Natale

La famiglia Cerea, Giancarlo Perbellini, Diego Rossi, Fabrizio Borraccino, Ugo e Piero Alciati e Davide Palluda ci raccontano il loro menu del 25 dicembre

Ricordi, emozioni e piatti che raccontano storie di famiglia. Una tavola imbandita che mescola tradizioni e infanzia: ecco il Natale. 

Ma com’è questa festa per chi, ogni giorno, vive tra i fornelli? C’è chi si rifugia nel calore della propria casa e chi non rinuncia a lavorare circondato dalla “famiglia” della brigata. Una cosa li accomuna però tutti: il legame indissolubile con i piatti del cuore.

Tra le famiglie che hanno fatto la storia della cucina italiana c’è quella dei Cerea, proprietari del celebre ristorante Da Vittorio, che vanta tre Stelle Michelin ed è un simbolo dell’alta ristorazione internazionale. Per Enrico, Roberto e Francesco Cerea, il Natale è un momento in cui la famiglia si riunisce al completo, creando un’atmosfera di festa che rispecchia il calore e l’accoglienza che caratterizzano il loro stile. Tra figli, nipoti e generi, il menu diventa un viaggio tra gusti diversi: tagliolini al tartufo, foie gras, cocktail di scampi e salumi pregiati regalati dagli amici norcini. Ma c’è un piatto che mette tutti d’accordo: la tacchinella ripiena, accompagnata dall’immancabile polenta bergamasca. Per i Cerea non è Natale senza questo piatto. “È una tradizione che ci tramandiamo dal 1966, da quando è stato aperto il nostro primo ristorante a Bergamo e che prepariamo sempre con la stessa ricetta”, raccontano. Anche se il ristorante resta aperto, la sera del 25 è riservata alla cena di famiglia e allo scambio dei regali.

Non mancano i ricordi anche per Giancarlo Perbellini, patron di Casa Perbellini 12 Apostoli a Verona, che porta in tavola sapori di casa e suggestioni internazionali. Questo è il primo Natale da chef tristellato e non si può che continuare a festeggiare il traguardo raggiunto. “Il brodo è il fil rouge del pranzo di Natale”, racconta. E proprio da qui nasce uno dei suoi piatti simbolo: la pasta reale, una ricetta tramandata dal nonno. “Sono piccoli gnocchetti di farina, uovo e parmigiano serviti in brodo di cappone, un piatto che mio nonno preparava sempre per le grandi occasioni e che non può mancare neanche oggi”. Il menu delle feste di Perbellini spazia poi dall’astice alla thermidor reinterpretato in chiave moderna, a un flan di cardi, altro piatto caro alla famiglia. E per chiudere in bellezza, non può mancare una fetta di pandoro, un tributo a Verona, città in cui il celebre dolce è nato. “Casa Perbellini 12 Apostoli è a soli venti metri dal luogo in cui Melegatti ha creato il pandoro e dove mio bisnonno ha lavorato. È un legame speciale che celebriamo ogni anno”. Anche al ristorante, lo spirito del Natale si fa sentire forte. “Il pranzo di Natale per uno chef con il ristorante aperto è una celebrazione che condividiamo con la nostra brigata. Quest’anno, i ragazzi hanno deciso che prepareremo antipasti di salmone affumicato e una lasagna partenopea, creata da un giovane membro del nostro team di Caserta,” racconta. 

Per Chef Fabrizio Borraccino, il Natale ha il sapore dell’Umbria. Anche se impegnato nella cucina del ristorante Zelo del Four Seasons Hotel di Milano, i piatti della sua infanzia non mancano mai: le crespelle ‘mbusse, una crepe con pecorino grattugiato, pepe, santoreggia, arrotolata e poi irrorata con il brodo caldo bollente, rigorosamente fatto di gallina, verdure, erbe aromatiche e un tocco segreto: la cannella. Non manca poi la lasagna al forno. “Anche se lavoro, la mia brigata diventa una seconda famiglia e festeggiamo insieme in cucina”.

C’è invece chi si gode il ruolo di ospite: Diego Rossi, chef di Trippa a Milano, lascia che sia la famiglia a preparare tutto. Immancabili i tortellini in brodo, la pearà col bollito e il panettone. “Non lavoro mai a Natale. Mi riposo e do una mano quando serve, ma è il giorno in cui mi piace stare dai miei”, confessa.

La tradizione culinaria piemontese è rappresentata da Ugo e Piero Alciati, di Guido Ristorante, situato nella storica tenuta di Fontanafredda, nel cuore delle Langhe: il loro menu prevede baccalà con patate, agnolotti in brodo di cappone, finanziera piemontese e cappone ripieno con salsa tartufata sono le portate che ogni anno uniscono la famiglia. Gli agnolotti, in particolare, sono il piatto del cuore, quello che non manca mai. “Anche al ristorante, il nostro menu di Natale ricorda i sapori di casa, perché il Natale è un brindisi con i clienti più affezionati”.

Per Davide Palluda, patron del ristorante “All’Enoteca” di Canale, nelle Langhe, il Natale è sacro. Il ristorante chiude dal 24 dicembre all’Epifania e quei giorni sono dedicati alla famiglia. Quest’anno, il tema della tavola sarà la selvaggina: cervo, capriolo, cinghiale, lepre e fagiano, accompagnati dai ravioli fatti a mano con la figlia. “La pasta ripiena è un rito, una magia che si ripete ogni anno”, racconta. A concludere il pranzo, la crema al mascarpone della madre, servita con panettone e frutta sciroppata, un dolce che porta con sé i ricordi dell’infanzia.

Paolo Barrale, chef di Aria Restaurant di Napoli, vive il Natale con piatti che uniscono la sua doppia residenza, quella campana e quella siciliana. Quest’anno, infatti, il ristorante rimarrà chiuso per le Feste e lo Chef trascorrerà il periodo in Sicilia, dove a tavola si mescolano sapori di entrambe le terre. “Sarà un Natale a metà tra le due regioni, d’altronde sono diverse le ricette in comune. Non mancheranno la cassata e i roccocò, ma anche la minestra maritata, un piatto corroborante con diversi tagli di carne e verdure. E poi, ovviamente, pasta al forno, agnolotti e tortellini, che pur non essendo propriamente territoriali, parlano di Natale”. Un altro elemento immancabile nelle sue feste è il panettone artigianale: “Uno dei miei panettoni non può mancare: mia mamma lo cerca sempre. Quest’anno ne ho preparati cinque, quattro dolci e uno salato. Si parte con il pan rustico con salumi tipici della Campania e l’ultimo nato, quello al cioccolato, con canditi di pompelmo rosa e profumato al pepe di Timut”.

Tra tacchinella ripiena, crespelle, tortellini e ravioli, ogni chef celebra il Natale con piatti che non sono solo ricette, ma racconti d’amore. E il Natale conserva un significato unico. È il momento in cui la cucina si trasforma in un linguaggio universale, capace di unire memoria e creatività.