Cibo e sentimenti, quel binomio del film FolleMente di Paolo Genovese

Curiosare tra gli spunti culinari del film FolleMente ha permesso, a chi scrive, la possibilità di cogliere nelle immagini e nelle suggestioni della pellicola il piacere di un gusto che va oltre la vista e che diventa percezione ossia uno stato attivo della mente che consente di attribuire significato alle sensazioni coinvolgendo il cervello, l’organo più misterioso e complesso del nostro corpo.

Paolo Genovese, già apprezzato per la regia di Perfetti sconosciuti, torna nelle sale con FolleMente; una commedia di grande successo, romantica, divertente e imprevedibile, densa di ironia e di dialoghi brillanti, interpretati da un cast straordinario. 

La pellicola racconta la storia del primo appuntamento di Lara e Piero, interpretati da Pilar Fogliati e Edoardo Leo. I due protagonisti, a cena a casa di lei, si ritrovano a vivere in una grande confusione mentale; bersagliati da voci interiori che si affollano nella mente di ciascuno e interagiscono in bilico tra aspettative, punti di vita divergenti e decisioni da prendere affinché tutto vada per il verso giusto e non sia il solito incontro noioso e inconcludente. 

Piero e Lara infatti non sono soli nell’appartamento poiché i loro pensieri sono abitati da personalità diverse che spesso li condizionano nelle scelte e nei comportamenti. Ciascuna identità ha il volto e la voce di un attore: nella mente del primo ci sono Marco Giallini ossia il Professore, Rocco Papaleo il cinismo e la pigrizia di Valium, Claudio Santamaria la passionalità di Eros e Maurizio Lastrico la tenerezza di Romeo, mentre nella testa di lei, la razionalità di Alfa interpretata da Claudia Pandolfi, la spontaneità di Trilli da Emanuela Fanelli, il romanticismo di Giulietta da Vittoria Puccini e l’imprevedibilità di Scheggia da Maria Chiara Giannetta. 

Gli interpreti delle otto personalità conducono lo spettatore nei pensieri dei due protagonisti per scoprire i misteriosi meccanismi che, nel cervello, sono alla base del nostro agire, riflettere e scegliere. La sceneggiatura ricorda il film di animazione Inside Out della Pixar ma in questo caso si tratta di una versione per adulti dove i profili caratteriali prendono il posto delle emozioni.

Il ritmo della narrazione, che nella prima parte della proiezione è scandito dall’incessante scambio di battute tra le diverse personalità, diviene ruvido quando la coppia, impegnata ad ascoltare le rispettive voci interiori e a comportarsi di conseguenza, entra in contraddizione, fino ad infiammarsi nell’incontro scontro tra i due emisferi femminile e maschile che sembra rovinare l’atmosfera del momento. All’improvviso, però, le voci interiori sembrano acquietarsi e il ritmo del racconto diviene fluido, Lara e Piero non pensano più a niente, riscoprendo sé stessi in armonia con i tratti distintivi della propria personalità. 

Nello spazio di un lavatoio riadattato ad appartamento e pieno di vecchi mobili, la coppia si muove attorno al tavolo della cena dove, in un primo tempo, l’occasione culinaria sembra fare soltanto da sfondo al caos interiore dei due protagonisti.

La bottiglia di vino rosso, stappata da Lara, introduce il momento dell’aperitivo trascorso su un divano consunto, dal quale la coppia si allontana per sedersi a tavola ovvero “sdraiarsi a tavola” per citare l’imbarazzante battuta di Lara in una difficile quadratura del cerchio dei piaceri, dove la relazione fra cibo e sesso è antica quanto il mondo. Perché, come scrive Marino Niola nel suo libro Non tutto fa brodo, “in entrambi i casi si tratta di appetiti vitali, di piacere da consumare che si specchiano l’uno nell’altro. Fame e voglia, sfizio e vizio. Sono le convergenze parallele del desiderio. Quelle che trasformano l’esaltazione dello spirito in piacere della carne”. 

Durante la cena, in una mise en place semplice su un piano materico naturale, le placemats rettangolari con una nota floreale appena accennata delimitano lo spazio in cui i protagonisti mangiano distrattamente lasagne e bevono vino. Tutto infatti è essenziale ma scelto con estrema cura per spostare l’attenzione dall’impatto delle cose ai pensieri in continua interazione che agitano la testa dei protagonisti.

Con il procedere del racconto, Lara e Piero riusciranno a prendersi qualche pausa consapevole da questo frastuono interiore, ritrovando sé stessi insieme, e a proprio agio. In questo silenzio mentale, assaporare il gelato diventa una dolce ricompensa dopo un momento di intensa passione, e cucinare insieme la pasta aglio, olio e peperoncino una romantica esperienza condivisa. 

Nella testa dei protagonisti il cibo si fa spazio tra il chiacchiericcio dei pensieri, evocando emozioni spensierate in una dimensione di grande complicità e sentimento. Le pietanze non si limitano a soddisfare il palato, ma si arricchiscono di un gusto emotivo unico e irripetibile.

Sul finale del film, il cibo esce dallo sfondo e diventa coprotagonista. Tra i fumi dei fornelli, gli odori e i sapori, i protagonisti condividono il piatto di spaghetti e, mentre li arrotolano con la forchetta, le personalità maschili e femminili, fino a quel momento disposte su due fronti opposti, si mescolano dando vita ad una atmosfera rilassata e avvolgente. Lara e Piero ai fornelli, concentrando la propria attenzione sul qui ed ora, smettono di giudicarsi e di giudicare per dare spazio alla tenerezza e alla comprensione, in uno stato di calma interiore e di cura verso l’altro. 

La scena della coppia che mangia gli spaghetti direttamente dalla padella, mi rimanda all’iconico piatto di spaghetti con polpette di Lilli e il Vagabondo; uno dei più teneri e romantici capolavori della Disney. Lilli e Biagio, due cagnolini con due diversi approcci alla vita, cascano nell’amore vero con un bacio del tutto inaspettato, provocato da uno spaghetto mangiato dallo stesso piatto nell’incanto della notte. Chissà se anche per Lara e Piero sarà vero amore?