L’EVENTO
La manifestazione il 6 dicembre 2010 nella Sala Gialla di Palazzo dei Normanni a Palermo
I premiati 2011
Da sinistra verso destra: Arianna Occhipinti, Lorenzo Piccione, Rosario Floridia, Agostino Ninone Sebastiano, Ottavio Guccione, Sebastiano Monaco (Antica Pasticceria Corsino), Carmela Faro (Donna Carmela Resort), Nunzio Campisi (Antica Filanda), Francesco Cassarino (Caravanserraglio), Nino Graziano;
Laura, Caterina, Marilena e Adriana Codogno (Antica Pasticceria Don Gino);
Comune di Malfa a Salina
Rosario Floridia
Miglior produttore di formaggio
Ha vinto il premio come miglior produttore di formaggio, ma di sicuro potrebbe vincerne un altro: quello della modestia. Quando gli si chiede, infatti, del perché sia il suo formaggio così buono lui si ripara dietro l’eccellenza delle vacche di razza modicana («che producono poco latte, ma ottimo, ricco di proteine», dice) e la bontà del pascolo. E la sua bravura? Imparata tutta dal padre. Una vita dedicata alla produzione di formaggio, quella di Rosario Floridia, nato 71 anni fa in una famiglia che ha sempre svolto questo mestiere. E anche lui non ha mai avuto alcun dubbio, la sua passione è allevare, mungere e fare il Ragusano. L’unico dei sette fratelli a continuare questa tradizione che forse proseguirà, a sua volta, con uno dei suoi figli. L’azienda si trova in contrada Scorsone a Ispica, sessanta vacche e una produzione che per lo più viene venduta direttamente in azienda e nei migliori ristoranti ed esercizi commerciali.
Antica Pasticceria Corsino
Migliore Pasticceria
Una storia nata più di un secolo fa. È la fine dell’Ottocento (1889) quando Giuseppe Corsino fondò la Pasticceria Corsino (adesso Antica Pasticceria Corsino) in piazza Pretura a Palazzolo Acreide. Un laboratorio dove si manipolavano gli ingredienti altrui: la gente portava uova, farina, zucchero e Giuseppe li trasformava in dolci, facendosi pagare solo la manodopera. Col tempo la pasticceria, grazie a Salvatore, figlio di Giuseppe, ha assunto i connotati della modernità, ma senza dimenticare le origini e le tradizioni: sui banconi si trovano sempre “cotognata”, “pignoccata”, “ciascuni”, “ossa dei motti” (questi ultimi specialità esclusiva). Una pasticceria che negli anni ha fatto scuola e che ha adottato una propria identità tramandata. Il segreto sta nella selezione delle materie prime, dalle mandorle siracusane al pistacchio di Bronte, al sesamo per fare la “cubait”. Un’identità portata avanti oggi da Sebastiano Monaco e dalla moglie Itria Gallitto, erede Corsino dal lato materno, e che vedrà la continuazione del mestiere con Vincenzo, figlio di Sebastiano, con Marcella e Sara impegnate nel settore amministrativo dell’azienda e Carla che studia. Nella pasticceria lavorano 22 collaboratori che producono anche i dolci secchi e la rosticceria.
Antica Pasticceria Don Gino
Miglior Bar
Eugenio, detto Gino, fondò il bar nel 1949 dandovi il proprio nome. Un piccolo chioschetto accanto a Villa Palagonia a Bagheria, ancora oggi esistente e recentemente ristrutturato. All’inizio si vendevano solo bibite e poi qualche iris fritta. Poi si inizio la produzione di gelato, ma solo al gusto di fragola e limone. La svolta quando Eugenio decise di inviare l’unico figlio maschio, Salvatore, a Palermo per studiare al seguito di grandi pasticceri. Nascerà così un laboratorio con la produzione di pasticceria e, in seguito, la tavola calda. Oggi la sede principale è in via Dante, 400 metri quadrati con gastronomia, gelateria, tavola calda, pasticceria: aperta nel 1994, è stata ristrutturata lo scorso marzo. Ancora oggi a seguire l’azienda è Salvatore, aiutato dai figli: Adriana continua l’arte pasticcera, Marilena in amministrazione così come Caterina che si occupa anche del confezionamento dei prodotti. Laura ha aperto due ristoranti, il più piccolo, Nicolaj studia. La specialità? La torta-gelato inventata da Salvatore e dedicata alla figlia Adriana dalla quale prende il nome: pan di spagna al cioccolato, crema al cioccolato, panna al caffè e colata di nutella.
Donna Carmela Resort
Miglior albergo
Non si può definirlo un albergo, né un agriturismo. In famiglia la chiamano la boutique-hotel o botanic hotel. Sta di fatto che in poco più di un anno e mezzo il Donna Carmela Resort della famiglia Faro, a Riposto, ha avuto un successo straordinario. Aperto nel maggio del 2009 è nato dall’idea e dal lavoro di Carmela, 58 anni, moglie di Venerando Faro, 66 anni. La loro è un’azienda florovivaistica nata 40 anni fa, partita dal basso con un micro appezzamento di terreno. Poi divenuta sempre più grande. In tutti questi anni Carmela ha sempre appoggiato lavorativamente il marito fino a quando, alcuni anni fa, la famiglia prese la decisione di aprire anche una struttura ricettiva originale. Si è sfruttato una delle case coloniche presenti nelle proprietà. Un luogo dove il cliente viene trattato come se fosse a casa propria, dove le stanze sono arredate ognuna in maniera diversa. Con Carmela che segue tutta la gestione, dalle decisioni generali ai più piccoli dettagli, anche se, prima d’ora, non aveva mai avuto alcuna esperienza in questo settore: il padre era un commerciante di vini, lei aveva aiutato il marito nella coltivazione delle piante. Con loro i due figli, Michele 36 anni (che segue ha anche la cantina Pietradolce sull’Etna) e Mario, 34 anni.
Lorenzo Piccione
Miglior produttore di olio
Che ci fa un nobile, designer e musicista tra i premiati per l’eccellenza gastronomica? Lorenzo Piccione di Piano Grillo, 49 anni, nato a Milano, ha studiato Lettere e si è diplomato al Conservatorio. Nulla a che vedere con l’olio. Eppure 15 anni fa si è ritrovato di fronte al dilemma: vendere il feudo appartenuto alla sua famiglia, i baroni di Grassura di Acireale, o renderlo produttivo trasformandolo in azienda agricola? Scelta la seconda opzione il barone Lorenzo inizia ad associare al suo lavoro principale di designer (ha realizzato diversi progetti per l’Agenzia Alessi, una delle più importanti aziende di arredo per la casa, simbolo d’eccellenza del made in Italy per il design innovativo) quello di produttore di olio che adesso esporta in tutto il mondo: New York, Shangai, Tokyo. All’azienda ha dato subito un’impronta moderna e dinamica: frantoi a ciclo continuo, potatura tutti gli anni, non si usano frese. Nasce così un prodotto all’avanguardia da un punto di vista organolettico. Per hobby ha continuato a suonare il pianoforte e l’organo. E il mestiere di designer? È riuscito anche ad associarlo all’olio: al Momà Guggenheim di New York è esposto “Taste Houile”: un oggetto venduto in 60 mila pezzi in tutto il mondo che è stato pensato proprio per l’assaggio dell’olio extravergine di oliva e per presentare in maniera originale l’olio nelle tavole importanti.
Caravanserraglio
Migliore Pizzeria
Caravanserraglio è il nome più antico che si conosca di una locanda. È quella dove Gesù, Giuseppe e Maria si rifugiarono per sfuggire al re Erode. Ed è anche il nome scelto per questa pizzeria realizzata all’ingresso di Ragusa, in un’antica masseria, e aperta nel 2005. Il segreto per fare un’ottima pizza? Giovanna Battaglia, 50 anni, e Francesco Cassarino, 54, non hanno alcun problema a svelarlo, tanto, dicono, l’importante è metterlo in pratica. Si inizia con una lievitazione di 40-50 ore che rendono il panetto da 220 grammi altamente digeribile e soffice. Poi ingredienti di qualità e i salumi affettati sul momento per evitare che si ossidino. Infine, il forno a legna con tre tipi di legna ad ardere: il carrubo che da fragranza e croccantezza alla pizza, l’ulivo che mantiene la temperatura costante oltre i 300 gradi, e gli agrumi (arancio e limone) che danno i profumi. A seguire tutto il processo, così come a gestire la cucina, è Francesco con alle spalle anni di esperienza in ristoranti italiani ed esteri. Due i figli: Giuseppe, studente universitario, e Stefano che sta provando a continuare l’attività.
Ottavio Guccione
Miglior Fornaio
Galeotta fu la pallamano. Ottavio Guccione, 36 anni palermitano, era un ottimo giocatore in questa disciplina sportiva: militava nel Mazara del Vallo in serie A1. E la passione per lo sport lo ha portato a diventare un ottimo fornaio. Sembra un paradosso, ma è così: «Avevo molto tempo libero quando giocavo: gli allenamenti erano la sera. Conobbi una ragazza di Campobello di Mazara che poi sarebbe diventata mia moglie e iniziai a frequentare il suo forno e a “rubare” il mestiere al mio futuro suocero». Proveniva da una famiglia che aveva sempre lavorato nell’edilizia (e lui stesso è un geometra), ma invece di impastare cemento si ritrovò a impastare farina. Una volta andato in pensione il suocero, infatti, rileva il forno e, in società con il cognato, Claudio Perniciaro, dieci anni fa inizia l’avventura col pane. La specialità è il pane nero di Castelvetrano (presidio Slow Food), realizzato con frumento di Tumminia: ogni giorno sforna 500 chili di pane e va bene anche la produzione di biscotti. «È un lavoro faticoso – afferma – inizio a lavorare a mezzanotte e termino alle due del pomeriggio successivo, ma la passione è molto forte».
Comune di Malfa (Salina – Me)
Miglior Comune per l’offerta gastronomica sul territorio
Circa 950 abitanti, 8 chilometri quadrati di territorio, 6 cantine e altrettanti ristoranti. Sono i piccoli numeri di Malfa (uno dei tre comuni sull’Isola di Salina, insieme con Santa Maria di Salina e Leni), che però fanno il paesino grande nella sua offerta gastronomica: insomma è tutta qualità. Un territorio esteso per lo più tra vigneti e verde agricolo e proprio da questa produzione agricola tra profitto la ristorazione che offre fra i suoi prodotti tipici la Malvasia doc e i capperi (presidio Slow Food). «L’amministrazione comunale – spiega il sindaco, Salvatore Longhitano – cerca di favorire questa attitudine, specialmente con la promozione: abbiamo realizzato convegni, accogliamo annualmente Slow Food, organizziamo la Settimana gastronomica e diverse sagre, tra cui quella dedicata al cappero che è la più importante, e quella del totano». In questo comune, che ha festeggiato il centenario dell’autonomia comunale l’anno scorso, capperi e pesci sulla tavola sono all’ordine del giorno, ma non vanno trascurati neanche i dolci. Una tradizione gastronomica che i ristoranti hanno saputo sfruttare adeguatamente.
Arianna Occhipinti
Miglior produttore di vino
Se a 28 anni si vincono premi e si viene riconosciuti come i migliori in qualcosa, significa che il talento e la passione sono innati. Una bravura genuina quella di Arianna Occhipinti, così come genuini e naturali sono i suoi vini: «Il consumatore – spiega – si è stancato dell’eccesso di chimica nella produzione enologica. Così, i miei vini, che non seguono le mode, né il mercato, sono sempre più apprezzati proprio perché sono legati al territorio, non costruiti e biologici per scelta e non per tornaconto».
La storia tra le vigne di Arianna nasce nel 2003, anche se ancora prima era presente il la voglia di produrre vino. Non a caso a Milano ha studiato Viticoltura ed enologia. «Vivendo fuori dalla Sicilia mi sono innamorata della Sicilia – dice – e non vedevo l’ora di tornare. Per questo ho cercato di laurearmi il prima possibile». Intanto, nel 2003 dall’unico ettaro di terreno vitato a Vittoria di proprietà della sua famiglie estrae 2 mila bottiglie di Nero d’Avola e altrettante di Frappato. I vini entrano in commercio l’anno dopo e vengono immediatamente notati e inseriti nel catalogo italiano “Triple A” di Agricoltori-Artigiani-Artisti. I numeri, adesso, sono ben più ampi: la superficie vitata si è decuplicata, le bottiglie sono 50 mila all’anno e i paesi nei quali Occhipinti esporta sono 18 in Europa, America, Asia e Oceania. Adesso produce un Frappato in purezza, un Nero d’Avola in purezza, l’Sp68 (blend tra Nero d’Avola e Frappato) e l’Sp68 bianco (blend tra Albanello e Zibibbo).
Agostino Ninone Sebastiano
Miglior macellaio
Dal produttore al consumatore. Mai slogan fu più azzeccato per descrivere l’attività di Agostino Ninone Sebastiano, 47 anni, originario di Castell’Umberto (Messina) che a Mirto (sempre nel Messinese) ha messo su una macelleria dove tutto quello che viene venduto viene prodotto nell’azienda di famiglia. «Siamo stati sempre allevatori – afferma Sebastiano – ovini, bovini e, ovviamente, suini neri dei Nebrodi. Producevamo carne e piccole quantità di latte. Poi le difficoltà del mercato della carne ci hanno condotto verso l’apertura di una piccola macelleria. Poi abbiamo associato anche un salumificio. Tutto con allevamenti propri e biologici». A farla da padrone è il maialino nero che Sebastiano alleva allo stato brado: ben mille capi in tutto ai quali si associano anche 300 ovini e 70 bovini che pascolano tutti nei terreni di Mirto e Randazzo. Dalla piccola macelleria che era adesso l’azienda fornisce i migliori ristoranti siciliani e del Meridione, il suino nero è presidio Slow Food e di recente il punto vendita è stato trasferito in una struttura antica rinnovata. Ad aiutarlo c’è la moglie Luisa e i due figli di 13 e 10 anni, anche se piccoli, mostrano già molta passione per questo lavoro: «Vorrebbero fare tutto loro», afferma Sebastiano. In azienda lavorano anche il fratello e le due sorelle di Agostino. I prodotti migliori? Il prosciutto e l’involtino realizzato con cinque presidi Slow Food: carne, prosciutto, olio d’oliva Minuta, provola dei Nebrodi e Ragusano: di questi solo l’ultimo non è prodotto in azienda.
Antica Filanda
Miglior ristorante
Spiegare la parentela dei titolari dell’Antica Filanda di Capri Leone (Messina) è come leggere un albero genealogico dell’Antico Testamento: Nunzio Campisi e la moglie Pinuccia Di Nardo, il fratello Salvatore e la moglie Nuccia Priscari, la sorella Antonina con il marito Nino Parafioriti al quale di recente è subentrato il figlio, Nunzio, il fratello di Nino, Basilio Parafioriti e la moglie Giuseppina Drago. Questa lunga teoria di nomi per far capire che l’Antica Filanda è un locale a conduzione familiare dove proprio l’unità della famiglia è una delle caratteristiche importanti. Avevano iniziato a Galati Mamertino, a 800 metri d’altezza, nel 1990 in un edificio dove un tempo si allevava il baco da seta: da qui il nome di Antica Filanda. Poi il trasferimento a Capri Leone nel 2002 dove oltre al ristorante, 110 posti in tutto, è sorto l’albergo con 16 piccole camere. Hanno iniziato quando tutti erano giovanissimi: il più grande, Nino Parafioriti, aveva 30 anni. Adesso, hanno tutti vent’anni in più, ma la voglia di lavorare bene non è mai andata via. E Nunzio Campisi spiega così il segreto del successo: «Siamo tutti autodidatti. Non avevamo esperienze precedenti nel settore e non abbiamo copiato da nessuno: così abbiamo praticato una nostra strada personale, cercando di valorizzare quanto di meglio offriva il territorio, ma allo stesso tempo unendolo alle tendenze nel resto del mondo. Da noi è possibile trovare funghi e soprattutto menù di terra con maialino nero dei Nebrodi, capretto, agnello e formaggi che però erano stranamente snobbati dalle nostre parti, dove invece si valorizza molto il pesce».
Nino Graziano
Migliore “ambasciatore” siciliano del gusto nel mondo
Lasciare la Sicilia andando alla conquista della Russia, della capitale Mosca in particolare. È la grande sfida che Nino Graziano, chef da due stelle Michelin, ha iniziato cinque anni fa aprendo il ristorante Semifreddo Mulinazzo. Da allora tanti successi, uno proprio quest’anno con la conquista del titolo di Miglior ristorante di Mosca e 94° in assoluto nella classifica della rivista specializzata britannica Restaurant Magazine.
In realtà la storia di Graziano va ben più indietro negli anni. Da quando aveva il memorabile Mulinazzo (in territorio di Villafrati sulla statale Palermo-Agrigento) e realizzava pranzi e cene in occasioni speciali (per esempio la Conferenza dell’Onu a Palermo) acqua sotto i ponti ne è passata tanto. Adesso a Mosca ha superato tutte le barriere, lingua compresa, e la sua voglia di internazionalizzazione non si ferma: di recente ha anche aperto un locale a Caracas, in Venezuela. Di primati, comunque, ne ha diversi è il primo ristoratore siciliano ad aver ricevuto due stelle Michelin, è il primo siciliano ad aver aperto un ristorante italiano a Mosca di altissimo livello (tra i clienti la famiglia Putin).
Il successo per lui, però, è anche successo per la Sicilia. Ovunque vada porta con sé, infatti, la cucina dell’Isola.
Salvo Butera