Una chiacchierata con il giovane sommelier dell’hotel Signum, a Salina, Vincenzo Minieri (nella foto). Da agente immobiliare ad esperto del nettare di Bacco.
Come e quando si è appassionato al vino?
E’ nato tutto per caso, anni fa, quando lavoravo presso un’agenzia immobiliare. All’uscita, passavo presso un’enoteca a San Sepolcro, in provincia di Arezzo. Era una piccola enoteca, e colui che la gestiva sapeva raccontarmi i vini che bevevo, che erano essenzialmente vini toscani. Da qui decido di frequentare il primo livello per il corso di Sommelier AIS a Bari e, successivamente inizio a viaggiare per bere e conoscere i vini.
Da anni lavora a Palermo…
E’ stata una tappa dei miei viaggi. Qui ho conosciuto Picone ed ho iniziato così a lavorare tra Enoteche e ristoranti. Poi, tramite un’amica, sono arrivato a Salina, conosco Luca Caruso ed inizio a lavorare nel suo hotel, il prestigioso Signum.
Come gestisce la cantina del ristorante?
Gestire una cantina non è una cosa semplice, bisogna trovare il giusto compromesso tra la richiesta della clientela ed un buon prodotto. Cerco di variare nella scelta, e soprattutto di assaggiare sempre prodotti nuovi. Questo è un mondo in continua evoluzione, e non bisogna mai fermarsi se vuoi crescere. Per tutti questi motivi in cantina si troveranno sia prodotti nazionali, ma anche internazionali, prodotti di nicchia e non.
Quali vini predilige?
Bevo un po’ di tutto. Se parliamo della Sicilia, le mie preferenze vanno ai vini dell’Etna, da Tenuta delle Terre Nere a Graci, e in particolare ad un Rosato de I Vigneri, per la Campania, sono un amante del Fiano in tutte le sue manifestazioni, ed in particolare mi sono quasi commosso bevendone uno delle Vigne della Congregazione. Pur essendo di Foggia, sono molto legato alla Campania, poiché la mia famiglia ha origini napoletane.
Dato che mi ha citato il Territorio dell’Etna, pensa si tratti solo di una moda passeggera o di una scoperta di un grande territorio?
Per me l’Etna è un grande territorio, anche se oggi è diventata moda fare una produzione lì, poiché è diventata quasi una questione di stile.
Qual è la sua posizione sui vini biologici e sulla Barriques?
Sinceramente penso che il futuro sia dei vini biologici, se biologico però significa rispetto della natura e dei territori. Per quanto riguarda invece la Barrique, penso che prima di utilizzarle, un po’ tutti dovrebbero scegliere con cura e dedizione i legni che accoglieranno i vini
Qual è il miglior promemoria per la clientela?
Sicuramente un buon racconto del vino. Se una persona è appassionata gli piace sentirselo raccontare. Da un po’ di anni a questa parte mi piace anche regalare alle persone delle mie raccolte di pensieri e immagini di luoghi che ho visitato e che mi piace suggerire.
Sulla base della sua lunga esperienza, cosa consiglierebbe oltre a bere agli appassionati di vini che vogliono saperne sempre più?
Assaggiare e provare sempre nuovi vini e vivere i territori. E poi leggere tanto come sto facendo io, anzi, cercare di trovare il vino nella lettura. Non soltanto leggere vini legati al vino, ma trovare nelle culture il vino. D’altronde il vino è cultura, arte, e come tale, deve emozionare. Dunque, consiglio sempre di assaggiare consapevolmente il vino, di provare a sentire ciò che ci comunica in toto, poiché esso è pura espressione del territorio e come tale va interpretata.
Maria Antonietta Pioppo