Una laurea in Scienze agrarie conseguita nel 2000 presso la facoltà di Milano e una tesi sperimentale in collaborazione con il professor Attilio Scienza, sulla zonazione della Doc Bolgheri.
Nel marzo del 2003 poi, Stefano Ferrante (nella foto), appena trentenne, entra nel team di Franco Giacosa, il direttore enologico del gruppo Zonin e curala Tenuta Rocca di Montemassi, in Maremma partecipando attivamente alla trasformazione e costruzione della fattoria. Oggi, a 38 anni, da Franco Giacosa ha raccolto eredità e incarico di direttore generale. Un’ eredità pesante e naturale, si penserebbe: “Non pesante e nemmeno tanto naturale. Ho intuito, ma solo oggi, che la scelta l’aveva maturata da tempo, senza mai, però, lasciarla trapelare. Ed è stata una sorpresa. Vivevo da nove anni in Maremma. Ho avuto una bambina e mi stavo organizzando per trovarle un asilo convinto che ormai la Maremma fosse la mia patria adottiva e stabile. Una sorpresa molto grande, una sfida bellissima, un’occasione tanto fantastica quanto gravata di responsabilità. Ma dinnanzi ad una opportunità del genere è il ticket naturale che occorre pagare per godere il fascino di cui questa sfida è ammantata”.
Dunque una linea di continuità sulle tracce delineate da Franco Giacosa…
Ritengo più che naturale non buttare al vento il lavoro di un progetto durato nove anni e sviluppatosi in costante linea ascensionale sino a raggiungere livelli inimmaginabili e quindi è altrettanto impensabile che si possa attuare un programma di stravolgimento anche se con la stessa schiettezza riconosco che ognuno di noi ha un suo sentire, una sua personalità e questi sentimenti non soffocheranno certo le “voci che dal di dentro” suggeriscono piccoli interventi.
Di quanti decibel sono dotate queste “voci di dentro”…
La mia anima non ha fonometri. Mi risulta difficile quantificarle. Ma credo di non attentare a quiete notturne con molesti schiamazzi, se li valuto attorno ad un venti-trenta per cento, ma di media, che tradotto vuol dire un po’ di più su alcuni vini e meno su altri.
Queste lievi brezze di rinnovamento soffieranno anche sui vini siciliani del “Principe di Butera?
La storia di questa azienda siciliana la conosco molto. E’ un’azienda scattata subito con le marce alte; non poteva non essere così. Giacosa conosceva bene la Sicilia e i suoi vitigni. A questo stato di grazia poi si è aggiunta la passione della famiglia Zonin. Guadagnarmi oggi delle marce ancor più veloci non è comunque una possibilità che io intendo precludermi.
Forze nuove anche in cantina. Ma soprattutto sempre più forze giovani in casa Zonin. Si può parlare di un cambio generazionale ?
Si può parlare di un “cambio coerente” con la politica dell’azienda. Che ha notevolmente abbassato l’età media dei dirigenti che occupano le cariche strategiche del gruppo. Queste prescindono comunque dal potere decisionale che ancora spetta al dottor Gianni Zonin anche se quest’ultimo agisce sempre di più, nell’orientare la politica aziendale, facendosi guidare da una visione sempre più moderna e innovativa.
Siamo in settembre, c’è una vendemmia in corso. Quali sono in Sicilia le previsioni e quali le certezze?
Una qualità “notevole” per gli Chardonnay di Sicilia. Già vendemmiati e in fermentazione. In corso di vendemmia ci sono Merlot e Sirah, molto promettente anche l’Insolia, mentre per i vitigni della tradizione, e il Nero d’Avola in particolare, si annuncia un’annata tra le migliori anche se dobbiamo registrare un leggero calo di produzione.
In quale dei suoi vini individua una personalità che le assomiglia?
In quelli maremmani. Ma solo perché li ho allevati, li ho svezzati ed adesso li sento come delle creature, dei figli il cui legame non è solo affettivo ma quasi consanguineo. C’è ancora un vino in cui mi riconosco. E’ un Sauvignon del trentino e non posso e non voglio definirlo con degli aggettivi. Per ovvi motivi…
Quale dogma, quale insegnamento, insegnatole da Franco Giacosa, ha segnato il suo modo di pensare, nel fare un vino?
Ricordati che per fare un buon vino, mi sottolineava spesso Giacosa, a volte non devi aggiungere niente di tuo. Spesso devi solo sottrarre. Sottrarre e nient’altro…
S.G.